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Mosca: un regime senza sguardo

by Michele Mezza
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Nella foto, a destra di Gorbaciov, l’autore Michele Mezza

 

Esattamente 30 anni fa, il 9 maggio del 1993, realizzavo il mio ultimo servizio per il GR con un lungo filo diretto dalla Piazza Rossa, dove Boris Eltsin stava celebrando il primo trionfo della Russia senza bandiera rossa. Gorbaciov era mesto e umiliato, ormai fuori anche dai radar dell’occidente, e ricordava quando nella maestosa giornata della vittoria del 1945 lui, giovane pioniere sovietico, si trovò sul percorso del Generale Zuckov, il vincitore di Berlino, che sul suo cavallo bianco sfilava dinanzi a Stalin affermando il glorioso destino dell’Urss.

In realtà quel destino già allora non era glorioso e, come riconosceva proprio Gorbaciov, era già segnato dalla sconfitta che sarebbe arrivata nel 1991. Ma rimaneva ancora – a differenza della Russia di Putin, stato corsaro e speculatore, dove l’arricchimento di cricca rimane l’unica legge – un’aura sociale che rendeva quel paese interprete di un sogno. Come scrisse Keynes al termine di un suo viaggio nell’Urss post-rivoluzionaria del 1925, “se fossi russo detesterei le azioni dei nuovi tiranni non meno di quelle dei precedenti, ma sentirei almeno di avere lo sguardo al futuro”. Allora, mentre oggi solo ciechi.