Home In evidenza Papa Leone nel solco di Francesco

Papa Leone nel solco di Francesco

“Le cose nuove si comprendono meglio dalla periferia”

by Giovanni Squame
0 comments

Foto by Chiesa di Verona

 

La pace è l’assillo permanente di Papa Leone XIV, fin dall’inizio del suo pontificato. Una continuità di pronunciamenti che mostra tutta la preoccupazione per un mondo irrequieto, che tende ad abbandonare nella soluzione dei conflitti tra gli Stati la via diplomatica per il ricorso alle armi. Il Papa, consapevole dell’estremo pericolo di questo mondo inquieto, non si risparmia nei suoi interventi pubblici di richiamare tutti a percorrere cammini di pace, di dialogo, di attenzione reciproca, assumendo la radicalità evangelica come guida dei suoi pronunciamenti della sua azione pastorale, del suo magistero.

Ha iniziato il suo pontificato con un forte appello al mondo per la pace, disarmata e disarmante, che deve allignare in tutti i cuori, nelle famiglie, nelle nazioni; ha esortato a costruire ponti per essere un solo grande popolo di pace. In piena continuità con Francesco che aveva “sconvolto” la vita spirituale dei cristiani, della stessa predicazione e dell’attività pastorale della Chiesa con i continui ed insistenti richiami alla pace. Ha alimentato la vita spirituale dei cristiani con il dono della preghiera e dell’impegno sociale. Ha assunto più esplicitamente nella predicazione e nell’attività pastorale gli ultimi del mondo, le periferie, rigenerando una Chiesa che in tante realtà locali, soprattutto nell’occidente opulento, ha il volto sbiadito della cura prevalente dello spirito (l’anima) dei singoli. Una Chiesa che trascura il senso di “comunità” dei credenti. Francesco ha esaltato la radicalità dell’esperienza evangelica e il senso comunitario del cristianesimo, rivitalizzando una fede dormiente.

Leone XIV ne sta seguendo le orme, forte anche dell’esperienza pastorale fatta in Perù, venti anni, da missionario in luoghi di povertà e sofferenza non certo paragonabili all’opulenza delle grandi metropoli dell’occidente. I pronunciamenti del Papa rigenerano una Chiesa in qualche modo assuefatta e burocratizzata aiutandola ad avere una visione del mondo dal di dentro delle periferie, dei luoghi di emarginazione, dei luoghi della sofferenza. La aiuta, così “ingolfata” di ricchezza terrena e quindi poco attenta alle sofferenze del mondo, a essere una mamma tenera che comprende, aiuta, cura, prega con fede sincera.

Con Francesco e Papa Leone XIV dalle periferie del mondo può ripartire una Chiesa che si libera del pesante e ingombrante fardello di apparati più simili ad uno stato civile, che ne limitano la comprensione dei fenomeni della povertà, non solo spirituale, dell’emarginazione, della solitudine. Francesco e ora Prevost hanno decisamente posizionato la Chiesa sul fronte delle periferie, delle povertà e della sofferenza. Non più una casta privilegiata, ma un esercito di servitori dei poveri, dei deboli degli emarginati. Non una spiritualità solo intima e personale, ma un senso ampio e compiuto di comunità.

Molto dell’esperienza pastorale di Leone XIV si è costruita nelle periferie del Perù, non in grandi metropoli, e questa lunga esperienza la sta mostrando nell’esercizio della sua attività pastorale. E Papa Francesco anch’esso aveva svolto la sua attività pastorale nel Sud America nella complessità argentina. Due papati per rigenerare una Chiesa assuefatta, indolente a costruire tra i fedeli una vera comunità di amore e carità e un rapporto con Dio autentico, e non divinità che si prega per “ottenere”, più che per trarre ispirazione e forza nella fede. Una spallata al pregare e alla frequenza dei sacramenti abitudinari e rituali. Si avverte una nuova scoperta della radicalità evangelica che nella sua pratica quotidiana potrebbe persino dare luogo a conflitti con il potere civile, e con le stesse strutture ecclesiastiche, che in tante situazioni si sono adeguate ai fasti terreni.

Le cose nuove si comprendono meglio dalla periferia”, un forte richiamo all’essenza del cristianesimo e alla stessa radicalità del Vangelo. Anche, quindi, una forte caratterizzazione nell’interpretare la funzione papale di pastore. Non ha esitato, il papa, a posizionare la Chiesa là dove c’è povertà e sofferenza. Ha incoraggiato (“è giusto, corretto, doveroso”) la lotta per la terra, la casa, il lavoro: “sono diritti sacri” ha tuonato, risvegliando le coscienze.

Chi aveva sperato in una fase di restaurazione ha dovuto ricredersi: Leone XIV ha unito continuità con Francesco ed esperienze pastorali in aree povere. Una svolta per la Chiesa, per il risveglio di una fede vivace, autentica che si alimenta della radicalità evangelica e delle novità del Concilio Vaticano II. La Chiesa non è uno stato civile. Gesù l’ha fondata, affidandola a Pietro, per la diffusione della buona novella. Un compito ora trasferito soprattutto alle Chiese locali che devono diffondere ed alimentare una fede non rituale. A Napoli il Cardinale Battaglia, generazione Francesco, sta compiendo ogni sforzo perché nelle parrocchie, in cui tra l’altro la frequenza è sempre più ridotta, la radicalità evangelica prevalga sul peso delle abitudini.

 

Leave a Comment