Ormai i temi dell’ambiente e della riqualificazione urbana sono al centro dell’attenzione dell’uomo di questo tempo. L’ecologia non è più per un’élite di anti-manifatturieri e, si diceva, antioperai ma un dato costante del dibattito politico e delle scelte istituzionali. I cambiamenti climatici così repentini provocano inattesi disastri ambientali, al punto che non è più tempo di discettare ma di agire. Agire sul piano mondiale, ma anche sul piano locale integrando e completando la programmazione e i provvedimenti nazionali con politiche territoriali locali adeguate.
Napoli deve la sua notorietà nel mondo grazie alla sua tradizionale immagine del mare e del Vesuvio, della pizza con il pomodoro e la mozzarella, nonché delle sue tradizionali canzoni portate in giro nel mondo dai napoletani emigrati e nostalgici della loro terra. Oggi l’ondata inarrestabile di turismo è dettata da nuovi parametri di una città che offre ai visitatori il suo centro antico (patrimonio Unesco), la sua storia (2500 anni), i suoi musei, la sua ricchezza archeologica, l’ospitalità della sua gente sempre aperta, solare, disponibile.
Napoli può diventare anche la città più “ambientalista” d’Italia, quella capace di affrontare meglio e rendere meno devastanti i gravi e sempre più frequenti fenomeni atmosferici. Il contrasto può essere più efficace con oculate scelte di pianificazione urbanistica. Il piano vigente ha previso due grandi parchi pubblici: uno ad est, area dei depositi petroliferi da delocalizzare, e l’altro ad ovest, a Bagnoli Coroglio sui suoli già Italsider. A Bagnoli insiste un pontile di circa 195 metri quadrati che si estende sul mare ed è denominato “colmata”, costruito con gli scarti residuali della lavorazione dell’acciaio, quindi inquinata ed inquinante. Ne era prevista la rimozione con legge dello Stato. Un polemico dibattito in città sull’argomento si è concluso con la sua parziale rimozione e la messa in sicurezza. A Bagnoli il parco è di 130 ettari e la spiaggia è di 6000 metri quadrati ma ora con la Coppa America questi numeri e queste dimensioni sono messi in discussione.
L’altro parco deve sorgere ad est della città, è di 170 ha, sui suoli dei depositi petroliferi della Q8, destinati ad essere delocalizzati. Allo stato non è noto l’eventuale nuovo sito, né risultano iniziative delle amministrazioni né locali, né regionale. Con il parco ad est saranno recuperate e rivalorizzate le acque del mitico fiume Sebeto le cui sorgenti sono allocate tra il Comune di Casoria, Casalnuovo, Volla e Napoli alle falde del Monte Somma, rilievo montuoso di poco più di 1000 metri del Parco Nazionale del Vesuvio.
Il piano della riconfigurazione urbanistica delle aree petrolifere è un imponente sistema di infrastrutture e servizi pubblici, una vera e propria riurbanizzazione dell’area con due opere di rilievo: il grande parco già citato che collega la piana agricola, purtroppo ormai abbastanza ridotta, al mare. Il parco dovrà ospitare attrezzature sociali e l’acqua sarà il cuore della riconfigurazione paesistica di tutta l’area orientale. Un lungo viale alberato dalla stazione centrale delle FFSS raggiunge il quartiere di Ponticelli collegando più agevolmente centro e periferia. Il piano considera la periferia non un fardello ma un punto di forza per Napoli.
In questo quadro di riqualificazione urbana, viabilità e qualità del traporto pubblico giocano un ruolo decisivo. La riorganizzazione del tessuto di strade semplifica i collegamenti tra centro e periferia.
Oltre ai citati previsti parchi di est ed ovest, a Napoli c’è il bel bosco di Capodimonte di 350 ettari, di proprietà dello Stato, all’interno del quale è ubicato il museo di Capodimonte. Il parco è frequentatissimo perché ricco di verde e ben mantenuto; poi ci sono la Villa Comunale, la riserva naturale degli Astroni, il parco del Poggio, il parco Virgiliano, la Villa Floridiana, il parco dei Camaldoli sull’omonima collina, la Mostra d’oltremare, l’orto botanico, Villa Pignatelli, il parco dei quartieri spagnoli, il parco Eduardo de Filippo a Ponticelli, il parco con laghetto di San Giovanni a Teduccio. La storia dei parchi di Napoli più intrigante sta in quello di Bagnoli e quello di Napoli est. Alla realizzazione dei due parchi c’è sempre stata l’opposizione di chi ha sempre considerato le aree di Bagnoli e quelle di Napoli est come disponibili per lucrose colate di cemento. Infatti quelle scelte sono state bollate come “ideologiche” da una certa parte della borghesia napoletana preoccupata di tutelare prevalentemente i propri interessi di categoria, anziché farsi carico uno sforzo di pensiero generoso nell’interesse di tutta la città, quella dei ricchi, quella del proletariato e quella dei poveri in un’area metropolitana molto complessa, aggredita da problemi la cui soluzione avrebbe bisogno di grande unità di intenti tra tutti i ceti produttivi.
Napoli, quindi, città che potenzialmente può dare un contributo notevole alla lotta contro i cambiamenti climatici, sia con il verde dei parchi esistenti, assicurandone costantemente manutenzione e cure antiparassitarie, sia con la realizzazione dei nuovi luoghi del verde. Questo potenziale equilibrio sembra essere messo in discussione dall’arrivo a Napoli della “Coppa America” che avrà la sua logistica proprio lungo la spiaggia di Bagnoli. Gli abitanti del luogo, riuniti in comitato, stanno dando vita ad una serie di iniziative per conoscere cosa ne sarà dei piani originari dell’area. Non intendono rinunciare né al parco né alla spiaggia (intera) libera. Stanno facendo esercizi di democrazia partecipata, e in presenza di una democrazia stanca è encomiabile un sentimento forte di fiducia, e di consolidamento di una coscienza ambientalista senza la quale il contrasto di massa ai cambiamenti climatici, attraverso comportamenti collettivi, ma anche personali, coerenti diventa faticoso ed incerto nell’esito. Napoli, dunque, città ecologica? Si, una città di mare non può isolare il protagonista della sua bellezza naturale e attrattore di turismo.
Poi è stato scoperto il centro antico, ricco di storia, tra i più estesi al mondo. Conservato così come pervenuto dalla storia ma incentrato sulla consapevolezza dei suoi abitanti e in cui si intrecciano in modo intelligente e si governano amministrativamente gli elementi importanti di una città ecologica proprio perché città di mare.
Gli sconvolgimenti del clima sono così repentini da mostrare tutto il ritardo dell’uomo sull’argomento. Le città molto urbanizzate devono cambiare, trasformare se stesse, senza stravolgere storia, archeologia, umanità nei rapporti sociali. Napoli con lungimiranza si è dotata degli strumenti ed i piani per farlo. Ed esige una classe dirigente ed amministrazioni che sappiano unire alla fredda tecnologia, l’amore “caldo” della passione civile che consente di “vedere” la propria città “dopo”. Napoli, in particolare, dovrà vincere la sfida del cambiamento climatico e darsi un profilo “ecologico”. Non ha altre alternative.
