La Pompei che io amo definire “Prima”, cioè quella Archeologica, nacque a metà del Settecento, a far data dall’Ottobre del 1748 quando il Re di Napoli Don Carlos di Borbone, poi Carlo III di Spagna, ordinò di dare inizio agli scavi archeologici sulle alture della località Valle.
La Seconda Pompei, quella Religiosa e mariana, nacque nella seconda metà dell’Ottocento, nell’Ottobre del 1872, quando l’avvocato Bartolo Longo scese alla Stazione di Pompei scavi delle Regie Ferrovie, prima borboniche, ma ormai sabaude.
La Terza Pompei nacque invece nella prima metà del Novecento. E si prepara a celebrare il proprio primo centenario il giorno 29 di Aprile del 2028. E’ la Pompei immanente, che ha le sue radici nelle acque del Sarno e nel fuoco del Vesuvio, che testimoniano l’antichità, fortemente risalente, delle sue origini.
Essa nacque tra l’VIII e il VII secolo avanti Cristo. Fu una “Pumpeya” campana-sannita che, divenuta osca, si chiamò Pumpaya, mantenendo praticamente incorrotto il proprio nome quando diventò la Pompeii romana.
Infine, Il nome Pompei venne formalmente assegnato nel 1928, con uno specifico Decreto Ministeriale di “rifondazione” amministrativa del Comune, nel cui territorio “ricaddero” le altre due Pompei. Tale Decreto prendeva atto del fatto che la località Valle, del Comune di Scafati, era stata chiamata Valle di Pompei già dalla fine del Settecento, in quanto gli scavi in corso stavano rivelando al mondo la Pompeii colonia romana, distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C.
A sottolineare le origini osche di Pompei, invece, è stato un paio di anni fa l’attuale Direttore Generale del parco Archeologico di Pompei Gabriel Zuchtriegel che ha chiamato “Pùmpaya” – con caratteri osci adattati all’alfabeto latino – l’olio di oliva prodotto nel territorio del Parco. E’ stato un atto di coraggio culturale conferire un termine mutuato dalla lingua Osca all’olio del Parco Archeologico della “romana” Pompei. E’ valso anche a sottolineare il fatto che Pompeii e il proprio ager pompeianus hanno attraversato un arco temporale ampio circa 28 secoli, interrotto a tratti dal Vesuvio, dalla sua fondazione protourbana fino alla sua rifondazione urbana dello scorso secolo.
Ma di Pompei e del suo territorio mai si era perduta totalmente la memoria, almeno fino al 1631, quando una eruzione di potenza straordinaria, inferiore soltanto a quella pliniana, ricoprì definitivamente di lapillo e cenere per circa due metri la campagna e le piccole colline di Valle di Pompei, da cui emergevano, visibili, i resti delle “creste” dei monumenti più alti. Tutto sepolto, quindi, definitivamente, fino a…
Lo stesso Direttore del Parco Zuchtriegel ha di recente parlato e scritto della esistenza di una importante “Pompei sotterranea”, anzi di …un’intera città sotterranea sotto Pompei… Quindi, nel ventre del pianoro lavico dell’insediamento urbano, prima oscosannita e poi romano, si cela un’altra Pompei: una Pompei sotterranea che è emersa e si è reimmersa negli strati delle eruzioni vesuviane, prima ma anche dopo l’eruzione pliniana. Non a caso le ricerche e le indagini archeologiche odierne, dirette da Zuchtriegel, non si compiono soltanto nell’area demaniale, ma sul territorio comunale, esterno ad essa e quasi in aperta campagna. E’ la dimostrazione palpabile che si va alla ricerca della Pompei sotterranea anche fuori da Pompeii, intesa come area demaniale già in gran parte scavata per un quarto di millennio.
Ma fuori da Pompeii, siamo nell’Ager Pompeianus della cosiddetta Terza Pompei, di cui è parte viva la Pompei nuova. E qui faccio presente al lettore che ben tre importanti siti archeologici urbani sono ubicati in pieno centro Città, a breve distanza dal Palazzo comunale di Pompei. Tali siti sono stati scoperti in epoca passata, ma non trapassata. Anzi, relativamente recenti.
Essi sono:
- Il Tempio di Dioniso sulla collinetta di S. Abbondio, scoperto durante la Seconda Guerra mondiale.
- L’Area sacra del Santuario del Fondo Iozzino, scoperto nel 1960, riscavato nel 2017 e lasciato alla sua mesta solitudine, sulla “Asciutta”, piccola altura in pieno centro città.
- La grande Fullonica – forse alimentata dall’Amnis Sarnus di Strabone e di Plinio – le cui strutture archeologiche sono oggi “contenute” nel piano interrato delle Case Operaie di Bartolo Longo. Scoperta nel 1887, durante lo scavo delle fondazioni delle case, dimostrò – con le evidenze emerse dallo scavo – di essere un sito archeologico sopravvissuto all’eruzione pliniana per alcuni secoli.
Questi siti – ignoti ai turisti – potrebbero costituire “i giacimenti culturali” che la Città nuova potrebbe sfruttare al meglio per offrire risposta adeguata alla domanda di Turismo che si muove con spontaneità verso la Terza Pompei, quella viva, nello specifico della Città di Pompei.
Ebbene, Pompei tutta ha il dovere di dimostrare davvero di essere non soltanto Tripartita, ma anche Una e Trina, come amabilmente invece sostiene il Prelato Caputo. In effetti, due dei tre siti archeologici di cui stiamo parlando sono nella disponibilità del Parco Archeologico di Pompei guidato da Gabriel Zuchtriegel, e uno è del Santuario della Madonna di Pompei. La Città nuova ne è esclusa. E’ giusto così? Non sarebbe meglio ipotizzare una o più convenzioni tra le tre Parti per la valorizzazione dei tre Siti archeologici urbani, testimoniando così la unicità sostanziale della Pompei Una e Trina?
Il mio appello si estende, dunque, anche al Sindaco Lo Sapio, che guida la Terza Pompei. Quella dei vivi. Quella che ha le proprie radici liquide nell’acqua del Dio/Fiume Sarno. Quella che è principio e fine. Quella immanente.