Superata la fase ferragostana, il dibattito politico che accompagnerà durante la prima fase della campagna elettorale per le prossime elezioni regionali sarà dedicato ad individuare il nome del candidato sia nelle file del centrosinistra che del centrodestra. E già circolano documenti ed appelli, in particolare dal partito democratico, o da suoi ex militanti e dirigenti. Con autorevoli commentatori che chiedono ai partiti e al PD in particolare di capire con quali programmi, con quale candidato Presidente, con quale coalizione si intende presentarsi agli elettori.
Intanto verrebbe da chiedersi se i partiti esistono ancora e se oggi corrispondono all’ispirazione costituzionale, quale peso politico esercitano di fronte ad alcune personalità di forte caratura e spessore qual è, a caso, in Campania, il Presidente uscente, incandidabile per un terzo mandato. Un partito è un’organizzazione prevista, come ricordato dalla nostra costituzione, per consentire ai cittadini di partecipare alla vita politica e alle scelte che ne derivano.
E fino alla fine del Novecento, anche se con difficoltà, un minimo di organizzazione territoriale consentiva ai suoi iscritti una seppur ridotta partecipazione alla elaborazione programmatica e alle indicazioni sui criteri di scelta dei candidati, a cui si accoppiavano proposte di nomi e possibilità di indicazioni da parte della base del partito. Ora tutto questo più non c’è e con generosità di pensiero si riparla di partiti che devono scegliere. La verità è che le scelte avvengono nelle stanze del potere ristretto dei capi e, se in linea, di chi ha preceduto nella Presidenza della Regione in scadenza elettorale.
Si chiede a questi, quindi, di accelerare il passo e di associare la stesura di un programma, ricordando che nelle pubbliche amministrazioni vige, tra gli altri, il concetto di continuità amministrativa che induce a tener conto delle cose già fatte o in corso di realizzazione. Di cui quindi parlare anche in campagna elettorale, insieme ai propositi del fare successivo. Trasparenza e partecipazione sono ancora principi sacrosanti ma non tutti ne tengono opportuno conto. Un bagno di democrazia sarebbe salutare per ravvivare anche negli elettori il senso e la necessità di partecipare al voto.
Nella indifferenza elettorale navigano bene gli opportunisti, gli affaristi, i lacchè, i clienti, senza valori etici. E la politica se vuole recuperare interesse ha invece proprio bisogno di tradursi di nuovo in un grande affare pubblico come quando la libertà è stata riconquistata dopo gli anni bui del fascismo e della guerra. Occorre preservare ed alimentare il ricordo del sacrificio fatto per restituirci il diritto alla partecipazione ed al voto. Quindi politica e scelte trasparenti e partecipate, lasciando i salottini riservati ad un aperitivo e a semplici scambi di opinioni.
Le prime avvisaglie circa un presunto accordo di un ipotetico campo largo, formule vuote, non sembrano in linea con quanto fin qui descritto. Si intende perseguire la strada occulta degli accordicchi di potere? Strada sbagliata che certo si concluderà con determinate scelte ma in continuità con l’assenza di partecipazione e trasparenza. Poi ci si dolerà con scontate analisi del calo delle percentuali di partecipazione al voto. E si vorrà imbastire una “ricetta” universale salvifica per le successive tornate. Vedremo dunque come si completeranno in Campania partiti, manovratori occulti, quelli “che contano”, coloro che con documenti-appelli sembrano voler richiedere trasparenza e invocano programmi prima dei candidati. Rimarranno fedeli a questo afflato democratico?