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Lasciare le Lofoten è come salutare un sogno a occhi aperti. Non c’è fretta, però, perché il viaggio verso Nord è già di per sé una meta: un lungo percorso tra fiordi, questo perfetto connubio di terra e mare, di acqua che si insinua tra montagne e vallate creando bracci profondi che si allungano per chilometri nell’entroterra. Nella lingua locale, “fjord” significa proprio questo: un approdo, un invito all’ingresso. Sulla mappa sembrano fenditure blu, ma è solo arrivando qui che si comprende davvero la loro grandiosa geometria.
Ho percorso il Trollfjord, il più celebre e quasi leggendario tra i fiordi norvegesi. Entrarci in barca è come infilarsi in un passaggio segreto: lo imbocchi dopo un tratto di mare aperto e all’improvviso le montagne si stringono, lasciando un varco di appena cento metri. Sembra impossibile che la nave riesca a passare, eppure il capitano la guida con una precisione millimetrica.
Un volo di aquile dalla coda bianca volteggia sopra di noi, rasentando l’acqua con la maestosa leggerezza dei rapaci: possenti, eleganti, uniche, con un’apertura alare di quasi due metri. All’interno, il fiordo si apre come un ventaglio: l’acqua diventa uno specchio denso, le rocce nude si ergono in creste aguzze, cascate sottili precipitano nell’acqua. Sembra davvero un luogo abitato da troll, come raccontano le leggende. Non mostra solo la bellezza aspra del Nord, ma la sua forza primordiale, quella che ti fa sentire piccolo, quasi intruso.
La strada verso Nord è, soprattutto, un viaggio nel paesaggio. Ponti arditi collegano isole come perle di una collana, gallerie scavano la roccia, e a ogni curva il panorama cambia: laghi che riflettono un cielo cangiante, montagne velate da nuvole basse, tratti di costa dove il mare sembra accarezzare l’asfalto. Il sole, come un occhio immobile, indugia all’orizzonte: non tramonta davvero, non sale mai del tutto, ma scivola lentamente lungo il cielo. Villaggi minuscoli appaiono e scompaiono lungo il percorso: casette rosse adagiate vicino all’acqua, porticcioli con barche ormeggiate, rastrelliere vuote che ricordano l’inverno della pesca.
Lungo la strada, una sosta al Polar Park: non uno zoo, ma la Norvegia selvaggia e ancestrale. Alci, linci, volpi artiche e soprattutto lupi e orsi in spazi che assomigliano più a habitat naturali che a recinti. Lo sguardo di un orso ti attraversa come un brivido primordiale, ma il momento più sorprendente è stato incontrare una vecchia lince. Adagiata su una roccia, con l’aria di chi non deve dimostrare nulla, mi osservava con occhi gialli e profondi: una calma aristocratica da vero Gattopardo. In quel silenzio, diventava chiaro chi fosse l’ospite e chi il visitatore temporaneo. Alla fine del giro nel parco, mi siedo in una piccola caffetteria interna davanti a un piatto fumante: una zuppa di pesce preparata con ingredienti locali, densa e aromatica, ricca di frutti di mare e salmone a pezzetti. Ogni cucchiaiata è un abbraccio caldo, intenso e avvolgente.
Dopo tanti chilometri, Tromsø appare come una rivelazione: città viva e quasi cosmopolita, incastonata tra montagne e mare. Case colorate, caffè animati, il ponte che collega le sponde del fiordo: segni di un nuovo capitolo del viaggio, dalla quiete sospesa delle Lofoten alla vitalità artica della “Parigi del Nord”. Sullo sfondo svetta la moderna Cattedrale Artica: triangolo di luce e ghiaccio che emerge dalle montagne, scultorea, come un iceberg o una tenda Sami. Bellissima e abbagliante, d’estate diventa teatro di concerti: suoni di organo e musica corale amplificati dall’acustica perfetta, mentre la luce non cala mai davvero.
La sera, provo un piatto che racchiude tutta l’ambiguità del Nord: carne di balena. Fette spesse, scurissime, dal profumo intenso. Per un attimo mi sento un marinaio perso tra le pagine di Moby Dick, tra mare e leggende di caccia ai mostri marini. Il primo morso è sorprendente: la consistenza ricorda il manzo, il sapore è deciso, selvatico, con un retrogusto di mare che resta impresso. Un’esperienza che restituisce la forza di una tradizione nata quando il mare era l’unica dispensa possibile.
Con il profilo della città che lentamente scompare alle spalle, il viaggio prende una nuova dimensione. Mi attendono un villaggio Sami, la tundra sconfinata e finalmente Capo Nord.