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Rapporto Invalsi 2025, fragilità e competenze digitali

oltre il libro c’è altro

by Piera De Prosperis
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Come ogni anno, il Rapporto Invalsi 2025 dell’Istituto presieduto da Roberto Ricci ci sottopone i dati della valutazione scolastica a conclusione dell’anno 2024/2025, ponendoci di fronte alle nostre responsabilità di genitori e di docenti ma direi più in generale di italiani consapevoli. Notizie all’apparenza positive che, però, si intersecano con dati che, come la polvere sotto il tappeto, vengono dissimulati o poco evidenziati.

Cominciamo dal dato sulla dispersione scolastica. Ora è al 9,8% (rispetto al 14,5 di sette anni fa) cioè sono diminuiti i giovani tra i 18 e i 24 anni che non conseguono un diploma di scuola secondaria superiore. Ma esiste un dato che si è cominciato a misurare dal 2019 e che è quello della dispersione implicita. Il livello reale di competenze in italiano e matematica, come risulta dalle prove Invalsi somministrate ai maturandi, è del tutto insoddisfacente. Cioè, i ragazzi si diplomano ma non comprendono un testo di italiano o un compito di matematica. Solo poco più del cinquanta per cento di chi affronta la Maturità raggiunge livelli sufficienti in italiano, e in matematica meno della metà. In alcune regioni come Lazio, Campania, Calabria, soltanto due su cinque (40 per cento); in Sicilia e Sardegna, uno su tre (30 per cento): risultati addirittura peggiori che nel periodo Covid. I maschi più bravi in matematica, le femmine in italiano. Le scuole del Sud hanno una percentuale di alunni cosiddetti fragili (coloro che ottengono risultati insufficienti nelle prove nazionali) quattro volte maggiore rispetto al nord, mentre gli studenti eccellenti del Sud sono meno di un terzo di quelli del Nord. Questa situazione di fragilità implicita li distingue dalla dispersione esplicita ma ovviamente l’ampiezza del numero di coloro che non hanno competenze adeguate rappresenta un vulnus profondo nella realtà scolastica del Sud. Scarsi investimenti, realtà degradate, docenti demotivati e mal retribuiti, storia vecchia.

Quindi, come dice il Censis nel suo ultimo rapporto (dicembre 2024), siamo un paese di ignoranti?

Sicuramente sì se ragioniamo nei termini della scuola tradizionale e del modo di intendere la formazione da parte di noi vecchi docenti. Tuttavia mi si obietta che misurare la dispersione implicita con test a risposta chiusa o multipla con una sola soluzione corretta non è efficace, non si riescono a valutare la creatività, il pensiero laterale o divergente, la disposizione a trovare soluzioni innovative a problemi complessi.

Certamente anche gli alunni fragili continueranno gli studi e si inseriranno in un modo o nell’altro nel mondo del lavoro e questa loro lacuna di comprensione del testo a poco a poco si riassorbirà a vantaggio di altre competenze acquisite sul campo (si spera!). Nel rapporto Invalsi, del resto, appare la prima rilevazione nazionale delle competenze digitali, condotta su un campione rappresentativo di studenti quindicenni. I risultati:

–  Alfabetizzazione su dati e informazioni: 89% al livello adeguato;
– Comunicazione e collaborazione: 91% al livello adeguato;
– Creazione di contenuti digitali: 84% al livello adeguato;
– Sicurezza digitale: 85% al livello adeguato.

Un segnale che testimonia la crescente consapevolezza e padronanza nell’uso delle tecnologie digitali, in contesti di apprendimento, relazione e produzione.

Tiriamo le somme: se posti davanti ad un testo di italiano (migliori sono le competenze nell’affrontare un testo in inglese) i ragazzi non capiscono il messaggio, forse non sanno proprio il significato delle parole. Posti davanti ad un problema di matematica, non solo non capiscono la richiesta ma non sanno impostare la soluzione. Però sono maghi del computer e forse saranno disinvolti nel rapporto con l’AI che provvede a spiegare il testo, farne il riassunto, risolvere il problema. Non dovremmo quindi intestardirci nel volere a tutti i costi che sappiano leggere e comprendere un testo di qualunque genere (narrativo, giornalistico, ecc.)? O sappiano affrontare senza aiutini problemi di matematica? La scuola non può recedere dal suo compito istituzionale che è quello di istruire e formare cittadini consapevoli e non trasmettere conoscenze tout court. La scuola deve preparare i giovani ad affrontare la complessità del mondo che ci circonda e che sta diventando sempre più indecifrabile. Per cui, se è vero che i risultati Invalsi sono una radiografia dei nostri ragazzi nella loro globalità, la scuola deve, però, saper valorizzare le differenze e le potenzialità di ognuno, non perdendo di vista certamente le competenze base ma insegnandole ed inserendole in un più ampio panorama educativo che non può fare a meno di altri mezzi e strumenti. Oltre il libro c’è altro, ci suggerisce qualcosa l’Informatica Umanistica (Digital Humanities). Poi somministriamo pure le prove Invalsi.

 

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