Il suo nome è forse sconosciuto ai più, ma Sossio Giametta era uno studioso appassionato e lungimirante, un elegante signore napoletano che a novant’anni citava a memoria Nietzsche in tedesco, con una passione struggente. Si è spento qualche giorno fa a Bruxelles all’età di novantaquattro anni, era nato nel 1929 a Frattamaggiore, alle porte di Napoli.
Ma cosa ha rappresentato Sossio Giametta per la filosofia italiana e per la cultura universale? È stato filosofo, saggista, scrittore e giornalista, il suo nome è legato alla traduzione di classici e soprattutto dell’opera del pensatore tedesco Friedrich Nietzsche, di cui è considerato tra i massimi conoscitori mondiali. A Nietzsche ha anche dedicato una dozzina di saggi e monografie e un’antologia di scritti “La stella danzante”. Di Sossio Giametta si è detto che fosse riuscito a capirlo più di quanto lo stesso Nietzsche non capì sé stesso scivolando nella follia sul finire dei suoi anni. Un filosofo controcorrente e scrittore raffinatissimo, che ha dato un enorme contributo alla comprensione del pensatore tedesco e non solo, era un esperto di Schopenhauer, Spinoza e Gentile.
La predisposizione filosofica di Giametta si è svelata tardivamente: lavorava in banca a Milano, fu colpito da una crisi psico-fisica, da cui guarì, come ha raccontato, con l’aiuto della filosofia di Spinoza, che traduceva solo per sua passione personale e non per pubblicare. Lo scrive in una specie di dialogo platonico intitolato Senecione. Forze e debolezze della filosofia: «Spinoza mi fornì i ponti per riacchiappare e riunificare quello che mi sfuggiva e si separava, e in tal modo mi restituì alla sanità. Così, cara Sara, nacque per me la filosofia: come terapia». E così ha sempre poi inteso e praticato la filosofia perché «il lavoro della vita è una continua autoriparazione». Non solo per il singolo uomo ma anche per i soggetti maggiori: «la società, il popolo, l’umanità. Se la filosofia non è una terapia, per me non è buona filosofia».
Definiva «essenzialismo» il suo pensiero a metà strada, non solo geograficamente, tra Giordano Bruno e Benedetto Croce. Del primo diceva, anche in contrasto con le tradizionali e manualistiche storie della filosofia, che era il vero padre del pensiero moderno e del secondo che «è stato il mio primo maestro».
Sossio Giametta ha vissuto a lungo a Bruxelles, e si è spostato tra Milano, Napoli e il Salento. Ma tutta la sua esistenza di straordinario intellettuale è stata dedicata alla filosofia, facendo ciò che hanno sempre fatto «i suoi maggiori», Bruno e Croce: lavorare su sé stesso e pensare al di fuori degli schemi, delle scuole e, anche, dell’università. In questo senso Sossio Giametta appartiene di diritto a quella lunga schiera di pensatori italiani extra-accademici per i quali la filosofia non è stata una professione ma una vocazione e, in definitiva, la vita.