Ritorna Storie dell’Arte, il progetto degli Amici di Brera in collaborazione con il Comune di Milano, il Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e la Pinacoteca di Brera. Dopo i cicli dedicati al Quattrocento e al Cinquecento, ecco il Seicento: una domenica al mese al Teatro Studio Melato con la direzione scientifica di Marco Carminati.
“Racchiudere in tre lezioni un’età così ricca e splendida come quella dell’arte del XVII secolo non è un’operazione facile” dice Marco Carminati. “Tuttavia concentrandoci sulle più eccezionali fabbriche architettoniche dell’epoca (pensiamo al Castello di Versailles), mettendo in luce la figura di Caravaggio in rapporto con tutti gli altri maestri del Seicento europeo e, infine, entrando nei segreti del successo del grande Bernini, potremo assaporare la magnificenza di quest’epoca ricca di ingegni, di novità e di grandi contrasti”.
Il programma.
Il Seicento. Le finezze dei pennelli. Domenica 19 ottobre con Maria Cristina Terzaghi: L’intrigante “caso” del Caravaggio.
“Vivace e poliedrico, il XVII secolo è stato teatro di una stagione artistica straordinaria. Dopo un incipit ancora legato alle tecniche pittoriche e all’immaginario visivo della Riforma, la pittura del Seicento si libera dall’eredità dei grandi Maestri del Cinquecento, reinventandola e trasformandola in un linguaggio estremamente personale e innovativo. All’origine di questa libertà c’è senza dubbio un rapporto nuovo con il reale e il protagonista assoluto di questa rivoluzione è Michelangelo Merisi detto Caravaggio. Seguiremo il percorso e la carriera di questo genio, in rapporto agli altri giganti del Seicento italiano ma soprattutto europeo: Rubens, Velázquez e Rembrandt”.
Il Seicento. Le “maraviglie” architettoniche. Domenica 30 novembre con Marco Carminati: Cattedrali, regge, giardini e giochi d’acqua.
“L’entusiasmante viaggio nelle meraviglie dell’architettura del Seicento deve necessariamente iniziare da Roma, dove meglio si espresse il vento della novità incarnato nei due sommi protagonisti attivi nell’Urbe, il napoletano Gian Lorenzo Bernini e il ticinese Francesco Borromini. Le loro chiese in particolare – dalle forme movimentate, sinuose e bizzarre, ormai lontane dai rigori e dagli equilibri rinascimentali – divennero modello per tutto l’Orbe cattolico nel XVII secolo e per buona parte del secolo successivo. Allo stesso modo, la colossale reggia di Versailles, voluta dal Luigi XIV di Francia come potente simbolo dell’Assolutismo, si impose come edificio di riferimento per esprimere il potere e l’autorità dei monarchi. Splendidi giardini circondarono a perdita d’occhio le dimore reali, arricchiti da canali, cascate e giochi d’acqua, che trasformarono l’elemento liquido in vere e proprie sculture gorgoglianti di vita”.
Il Seicento. Il marmo che vola. Domenica 14 dicembre con Andrea Bacchi: Gian Lorenzo Bernini e la scultura barocca.
“In un’epoca in cui Roma era più che mai la capitale universale delle arti, e dopo che l’annoso dibattito cinquecentesco sul ‘paragone’ si era sostanzialmente chiuso con il sancito primato della pittura sulla scultura, grazie a Caravaggio, Carracci, Rubens, Reni e Poussin, fu quasi paradossalmente uno scultore, Gian Lorenzo Bernini, a divenire il primo arbitro della politica artistica di tanti pontefici, plasmando il volto dell’Urbe – prima di tutto quello della basilica di San Pietro – come nessuno mai prima o dopo di lui. Presto alla direzione di grandi cantieri e imprese collettive, Bernini formò o influenzò quasi tutti gli scultori del suo tempo, da Giuliano Finelli ad Antonio Raggi, e nelle vesti di architetto orchestrò un inedito connubio tra pittura e scultura nel “bel composto” delle sue cappelle, prima fra tutte la Cornaro. Autore dell’Apollo e Dafne Borghese, del Baldacchino e della Cattedra in San Pietro, Bernini incarna nell’immaginario collettivo italiano l’idea stessa di Barocco”.
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