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Zingaretti nel paese delle meraviglie

by Luigi Gravagnuolo
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Le società tradizionali erano fondate su mattoni di acciaio, le famiglie. Primi nuclei o cellule delle comunità allargate, le famiglie tradizionali erano fondate a loro volta su regole, condivise o accettate da tutti i loro componenti, anche dai più critici e recalcitranti. Che fosse una famiglia patriarcale o una con gerarchia paritaria tra i due genitori o magari con l’egemonia dei figli maggiori, ad esempio quando i due ‘procreatori’ erano invecchiati, o che fosse basata sulla condivisione paritaria delle scelte, nella famiglia si apprendevano le regole fondamentali della vita sociale e le si rispettava. Le strutture organizzate della società – scuole, parrocchie, forze dell’ordine, organi di giustizia – subentravano in un secondo momento e completavano la formazione dei singoli alla socialità, a loro volta educando, istruendo, punendo e premiando.

Con la nascita degli Stati di vaste dimensioni, tra le famiglie e i governi si sono formati man mano i corpi intermedi: partiti, sindacati, associazioni professionali o culturali, le ecclesie afferenti alle varie confessioni, etc. Per secoli l’individuo ha avuto modo di aderire ad essi e, attraverso di essi, di fare arrivare le sue istanze ai livelli superiori. Il singolo era protetto dai corpi intermedi ai quali aderiva e restava vincolato ideologicamente alla loro disciplina interna, a volte giuridicamente.

Non è più così. Non c’è bisogno di ricorrere a Bauman per capire che niente si tiene più, tutto si sta squagliando. A cominciare dalle famiglie, oggi prime cellule della disgregazione sociale e del primato dell’individualismo.

È una realtà disarmante, disorientante, finanche angosciante per chi – la stragrande maggioranza delle generazioni post-belliche – si è formato ed è vissuto concependo se stesso come membro di una comunità organizzata, fosse anche la sola sua famiglia. Dentro il recinto dei nuclei familiari, dei confini comunali o nazionali ci si confrontava e scontrava. Ma non prometeicamente, come singoli, bensì come membri di aggregazioni vs altre aggregazioni, ciascuna dotata di proprie strutture e con propri ideali.

Non è più così. Oggi anche i conflitti sociali si caratterizzano come competizioni tra individui, ciascuno a pro dei suoi interessi, delle sue convenienze o anche, perché no, delle sue soggettive idee, non mediate però in alcun contesto sociale. Siamo allo sfrenato delirio del libero arbitrio. Anche le verità della scienza sono vissute come intralcio ai capricci dei singoli. “Uno vale uno”, in fondo il M5S aveva colto la contemporaneità.

Quando va bene, e al solo scopo di avvantaggiarsene per le proprie mire, il singolo si inserisce in piccoli nuclei di mutua convenienza, sottoponendosi ad una leadership personale.

Nei giorni scorsi il buon Nicola Zingaretti, segretario del simulacro di un partito tuttora resistente all’usura dei tempi, ha gettato la spugna. Attenzione, di un partito resistente, non resiliente. Si tiene insieme per istinto di conservazione, quasi per inerzia. Non si illuda Zingaretti, nessun richiamo ai valori, nessun shock comunicativo può riesumare ciò che è già in irreversibile agonia.

“Mi vergogno che nel Pd, partito di cui sono segretario, da 20 giorni si parli solo di poltrone e primarie…” E di cos’altro ti aspettavi che si parlasse, Zingaretti? E nei mesi, negli anni precedenti di cosa si parlava?

Suvvia segretario Zingaretti, non atteggiarti ad Alice nel paese delle meraviglie. La realtà è questa. Non solo quella del Pd, ma di tutti i partiti e più in generale dei corpi intermedi. Nei sindacati, nella magistratura, nelle forze dell’ordine e nelle forze armate, nella chiesa, non c’è struttura sociale organizzata che regga. Magari i corpi militarizzati, grazie al rigore della disciplina, reggono meglio, o per meno all’esterno così appaiono, ma il tarlo sta corrodendo anche loro.

Tornando alla politica ed ai partiti, oggi un leader o è capace di mediare tra i mille interessi individuali e di correnti, che si scontrano dentro il partito nella speranza che comunque esso possa essere di aiuto per conseguire le proprie mire, o è in grado di esercitare una direzione carismatica facendo della propria corrente-clan l’unica legittimata al governo del partito. O è meglio che lasci perdere, la politica dell’oggi non fa per lui.