Negli ultimi giorni il contrasto ai confini dellâUcraina si è intensificato, innescando la piĂš grande crisi di sicurezza in Europa dalla Guerra Fredda. Nellâottobre 2021 la Russia ha iniziato a trasferire truppe ed equipaggiamento militare alle frontiere con lâUcraina, raggiungendo un totale di 100.000 soldati. Per gli Stati Uniti la situazione è chiara: Mosca si prepara ad unâinvasione su larga scala, sebbene il Cremlino abbia piĂš volte negato ogni intenzione di voler passare allâattacco.
Le conseguenze sono visibili anche sullâeconomia di nazioni apparentemente non coinvolte. Si consideri lâaumento del prezzo del gas naturale e di altre materie prime, ragion per cui la diplomazia mondiale si è mobilitata per scongiurare la crisi. Notevole lâattivismo della Francia, presidente di turno del Consiglio dellâUnione Europea, per rimettere gli europei in gioco dopo essere stati emarginati dagli incontri tra Usa e Russia a Ginevra, che hanno discusso di una crisi in Europa senza coinvolgere i diretti interessati.
Il Cremlino continua a giustificare il riorientamento verso il confine occidentale come una mossa difensiva, volta a garantire la giusta distanza di sicurezza da quello che il presidente Vladimir Putin definisce un âaccerchiamentoâ. Negli ultimi anni la NATO ha infatti esteso il suo supporto militare allâUcraina, minacciando il suo ruolo da stato-cuscinetto a protezione di Mosca.
Ma lâossessione di Putin per lâUcraina ha radici molto piĂš profonde, legate ad antiche ambizioni imperiali e alla convinzione che russi e ucraini siano parte di una âsola unitĂ â. Nel suo saggio intitolato âSullâunitĂ storica dei russi e degli ucrainiâ, il presidente russo sostiene che i due popoli traggano il loro lignaggio dal Rus di Kiev, un’entitĂ monarchica medievale degli Slavi orientali che si estendeva sullâattuale territorio dellâUcraina e della Russia, avvalorando unâinterpretazione parziale di ciò che è stato il reale processo di costruzione della loro identitĂ etnica. Fino allâindipendenza del 1991, lâUcraina è stata poi pietra angolare dellâURSS, rivestendo un ruolo fondamentale come granaio e arsenale dellâUnione. Per lungo tempo la Russia ha sperato di attirare il Paese nel suo mercato unico, lâUnione economica eurasiatica, mentre Kiev cercava di allinearsi piĂš strettamente con le istituzioni occidentali, UE e NATO.
Ă stata questa tendenza a portare al culmine le tensioni, iniziate giĂ con la Rivoluzione arancione del 2004 che, congiuntamente alla Rivoluzione delle Rose in Georgia e la Rivoluzione dei Tulipani in Kirghizistan, è stata percepita dal Cremlino come un tentativo degli USA di interferire nei processi di democratizzazione e di incalzare lâancoraggio allâOccidente. Il timore di perdere definitivamente la sua influenza sullâUcraina è stato poi confermato dalle proteste di Kiev nel novembre 2013, note come Euromaidan, contro la decisione del presidente ucraino Viktor Yanukovich di rifiutare un accordo per una maggiore integrazione economica con lâUE. Putin ha inquadrato il tumulto come un âcolpo di stato fascistaâ che ha messo in pericolo la maggioranza etnica russa in Crimea, ed ha ordinato unâinvasione segreta della penisola, approfittando per consolidare il suo controllo su un punto dâappoggio critico sul Mar Nero. La stessa narrativa è stata utilizzata per giustificare il sostegno militare offerto ai separatisti del Donbass.
Putin ha piĂš volte dichiarato che non permetterĂ mai allâUcraina di diventare antirussa e, nonostante lâaccordo di pace firmato a Minsk nel 2015, promuovere lâinstabilitĂ politica continua ad essere il mezzo utilizzato dal Cremlino per influenzare la politica internazionale di Kiev e mantenerla nella sua sfera di influenza.
Alle questioni politiche si affiancano poi gli interessi economici. La Russia esporta il 67% del suo gas in Europa e per anni ha fatto affidamento sullâUcraina come intermediario energetico per raggiungere i clienti dellâEuropa centrale e orientale, pagando tasse di transito da milioni di dollari a Kiev. Se la Russia deciderĂ di invadere l’Ucraina, sarĂ soggetta a drastiche sanzioni economiche, come lo sfratto dal sistema Swift, il congelamento dei beni esteri degli oligarchi vicini al potere o l’arresto del progetto Nord Stream 2, il gasdotto che corre sotto il Mar Baltico fino alla Germania destinato a diventare il nuovo rubinetto dâEuropa. Questâultima possibilitĂ non è stata ben accolta da Putin, che ha incalzato il suo alleato Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, a spostare sui confini polacchi migliaia di migranti provenienti dal Medio Oriente, tentando di destabilizzare lâEuropa.
Mosca sta giocando la sua partita utilizzando il proprio gas come strumento di negoziazione ed ha aumentato vertiginosamente i prezzi delle forniture. La crisi ha violentemente ricordato allâEuropa la sua dipendenza dalla Russia per lâapprovvigionamento energetico, avviando una ricerca esasperata di soluzioni alternative, che risultano però essere irrealizzabili: altri interlocutori come la Norvegia, l’Algeria o l’Azerbaijan rimangono su quote di esportazione limitate e lâeventuale sostituzione con il GNL, il gas liquefatto, proveniente dagli USA, prevede la presenza di unâopportuna strumentazione per rigassificarlo e renderlo fruibile sul mercato, di cui attualmente lâEuropa non dispone.
Nel frattempo, i colloqui tra Capi di Stato si susseguono nel tentativo di cercare una strada diplomatica per evitare lâescalation. Il presidente russo nel suo incontro con Emmanuel Macron si è detto disponibile a continuare il dialogo, mentre la recentissima telefonata tenuta con Joe Biden non ha portato ad alcuna svolta significativa. Mentre incombono i timori per una nuova guerra, oltre dieci paesi, tra cui lâItalia, hanno invitato il proprio personale diplomatico e il resto dei connazionali a lasciare lâUcraina.