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LE CITAZIONI: Strugackij. Scenari futuri

Arkadij e Boris Strugackij

by Ernesto Scelza
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Questo pensa il protagonista di un romanzo di fantascienza sovietico, pubblicato nel 1964 e ambientato in un pianeta simile alla Terra. Arkanor è un pianeta lontano, abitato da una società tardo medioevale: è “tartassato da predoni e assassini fascistoidi pronti a sterminare chiunque pensi con il proprio cervello, o peggio si dedichi a filosofia, musica, arte. Dalla Terra sbarcano gli ‘osservatori’: uomini ricchi, potenti, visti dagli abitanti come veri e propri dei”. Ma quando la compagna di uno di loro viene brutalmente uccisa, scatenano un bagno di sangue. “Uno scenario che ricorda drammaticamente il nostro, una denuncia durissima di ogni possibile regime totalitario”.

 

«Gli alloggi del principe si trovavano su una collina, e di giorno si vedeva la città intera, fino al mare. Ma ora era immersa nel buio, si scorgevano solo macchie sparse di fuochi, dove, agli incroci, gli squadristi stavano fermi con le fiaccole e aspettavano il segnale. La città dormiva, o faceva finta di dormire. Interessante, gli abitanti avranno percepito che qualcosa di terribile incombe su di loro questa notte? (…) Duecentomila uomini e donne. Duecentomila fabbri, armaioli, macellai, merciai, gioiellieri, massaie, prostitute, monaci, cambiavalute, soldati, vagabondi, divoratori di libri sopravvissuti, ora si stavano rigirando nei letti soffocanti e puzzolenti di cimici: dormivano, facevano l’amore, contavano mentalmente i loro guadagni, piangevano, stringevano i denti per la rabbia o il risentimento… Duecentomila persone! Agli occhi di un alieno che veniva dalla Terra, avevano qualcosa in comune. Probabilmente perché, quasi tutti, senza eccezioni, non erano ancora uomini nel vero senso della parola, ma pezzi grezzi, semilavorati dai quali solo i secoli sanguinosi della Storia avrebbero scolpito, un giorno, un vero uomo fiero e libero. Erano passivi, avidi e incredibilmente, straordinariamente, egoisti. A livello psicologico, erano quasi tutti schiavi: schiavi della fede, schiavi dei propri simili, schiavi delle piccole passioni, schiavi della cupidigia. E se per volontà del destino uno di loro nasceva o diventava padrone, non sapeva cosa farsene della sua libertà. Aveva fretta di tornare a essere uno schiavo: schiavo della ricchezza, schiavo di eccessi contro natura, schiavo di amici dissoluti, schiavo dei suoi schiavi. La stragrande maggioranza di loro non era colpevole di niente. Erano troppo passivi e troppo ignoranti. La loro schiavitù si fondava sulla passività e sull’ignoranza, e la passività e l’ignoranza avevano più e più volte generato la schiavitù. Se fossero stati tutti uguali, ci sarebbero cadute le braccia e non si sarebbe sperato in niente. Invece erano pur sempre uomini, portatori di una scintilla di ragione. E costantemente, qua e là, tremolavano e divampavano in mezzo a loro fiammelle più grosse di un futuro smisuratamente lontano, ma inevitabile.»

Arkadij e Boris Strugackij, È difficile essere un dio.

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