Ormai siamo agli stracci negli USA. Tra Musk e Trump. E la misura dello scontro è data dall’attacco di Elon, che prima sbeffeggia la legge di bilancio, e poi addirittura tira in ballo file dei rapporti tra Trump ed Epstein sexual predator. Ricatto e rappresaglia in piena regola, con messa on line di una festa con ragazze e modelle, e Brian e Donald che sghignazzano. E non finisce qui a quanto pare.
Ma che succede? Perché? E che paese è questa America che si oltraggia e si fa a pezzi da sola? Certo oggi è un paese ultraconservatore e regredito sotto tanti aspetti. In preda a guerra civile latente tra strati sociali e istituzioni, giudici e politici, lobbies e aree geografiche, città e campagna, vecchi e nuovi immigrati.
Al fondo un debito mostruoso 37mila miliardi di dollari, generato da politiche neoliberali e signoria del dollaro proteso alla conquista dei mercati globali con le buone e le cattive. Ora il punto è come ridurlo per evitare il default e la stagflazione. Ebbene uno strato di tycoon tecnologici e finanziari si è allineato dietro Musk, con risorse brevetti e infrastrutture satellitari, e ha dato l’assalto al cielo. Per rilanciare l’export e comprimere la spesa pubblica. Prima alleandosi col populismo trumpista, poi però ribellandosi a quel tanto di equilibrio generale che pure il populismo sociale vuol conservare. Mantenendo servizi essenziali. E le avvisaglie dello scontro già si erano già viste nell’attacco che anzi tempo aveva sferrato Steve Bannon al suprematismo scientifico di Musk. Una bella lotta tra due fascismi, uno più tradizionale e realista, conservativo, e l’altro più avveniristico e spregiudicato voglioso di trascinare tutta la nazione ad una specie di dittatura tipo Comte e Saint Simon del terzo millennio.
Tutta la spesa sociale secondo Musk andava riorientata sulla nuova tecnica e su un nuovo ceto di custodi scienziati capace di imporre prodotti servizi e strategie da remoto: un super Stato tra continenti con base in America e catene del valore ovunque.
Via quindi protezioni, spesa pubblica e coesione. Via la nazione stessa comunitaria. Una anglo sfera gerarchica e di settore cosmopolita con base in America, questo vuole Musk, una metropolis senza confini e calamita di finanza globale. Inevitabile allora lo scontro con Donald, immobiliarista analogico e imprenditore classico, dall’edilizia alle Tv alle criptovalute ma profeta Maga. E con America comunità paese Great Again, protezionista egemone e tutore di coesione sociale, pur nell’arbitrio del suo potere oligarchico.
Mao Tse Dong avrebbe chiamato tutto questo contraddizioni in seno alla borghesia. Tra una neo borghesia di custodi corporativi tecnici, e una borghesia nuova di venditori affaristi più classica e vicina all’uomo della strada: dal non laureato all’imprenditore o farmer middle west. Due populismi insomma, prima alleati e poi nemici. La cosa strana in tutto questo è che i Dem che hanno fatto disastri geo politici e finanziari, oggi tacciono. Non hanno voce, alfabeto né analisi. Non producono leadership né auto critica. Di là della guerriglia nelle università e nei tribunali. E’ il fallimento totale di un certo tipo di progressismo centrista dei diritti e delle differenze. Espansivo sul piano geopolitico. E dunque costoso. Che ha lasciato il popolo alla mercé del populismo a due teste. Una delle quali, quella di Trump, ora divora l’altra. Mentre il mondo assiste sbigottito allo spettacolo di questa guerra civile tra spiriti animali dove l’America maledice se stessa.