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Gaza libera, ma da chi?

il carceriere è anche Hamas

by Luigi Gravagnuolo
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Foto by TGla7

 

Tutti i giorni, in tutte le ore, sulle tivvù, sui media a stampa tradizionali e su quelli online, sui social, leggiamo le notizie sulla strage di civili in atto a Gaza ad opera dell’IDF per ordine di Netanyahu. Notizie corredate da immagini strazianti di corpi macellati. Come non esserne presi, non indignarsi e tentare di fare tutto il possibile per mettere fine a tanto scempio? Free Palestine si grida in tutto il mondo e ieri con particolare forza nell’imponene manifestazione di Roma. Già, Free Palestine, ma da chi?

La risposta immediata è semplice, da Israele. Quell’Israele che dal 1948 opprime il popolo palestinese, ne occupa le terre, lo schiaccia ed umilia. Quell’Israele che – si sostiene – aveva reso Gaza una prigione a cielo aperto. In fondo, nell’animo dei Free Palestine, la barbarie del 7 ottobre è se non condivisibile, quanto meno comprensibile. Un atto feroce di ribellione, ma pur sempre di ribellione di un popolo oppresso al suo oppressore.

Difficile in questo contesto emotivo ragionare. Soprattutto cercare di capire. Gaza prima del 7 ottobre 2023 era una prigione all’aperto, ma i carcerieri non erano gli Israeliani, erano le Brigate al-Qassam, i miliziani di Hamas. Una banda agguerrita al servizio di una tirannia, armata dai sacerdoti islamisti di Teheran, nemica giurata dell’ANP, l’Assemblea Nazionale Palestinese, come di Israele. Erano loro, quelli di Hamas a impedire ai Palesinesi di uscire dalla striscia e di recarsi In Egitto o altrove. Fino al 7 ottobre Israele aveva lasciato incoscientemente, colpevolmente, che questo gruppo di assassini governasse Gaza senza battere ciglio. Gli conveniva tenere divisi i Palestinesi, tra al-Fatah, Jihād e Hamas. Le mura di quella presunta prigione all’aperto al confine con Israele erano così spesse che da esse quotidianamente migliaia di Palestinesi uscivano per recarsi a lavorare in Israele, alcuni anche per andare a farsi curare negli ospedali di Tel Aviv. Erano mura così presidiate che il 7 ottobre un manipolo di assassini ha potuto valicarle su moto, biciclette, auto d’occasione e finanche velivoli rudimentali e sorprendere i vicini, odiati Ebrei mentre ballavano in una festa a tinte pacifiste, o dormivano nelle loro case: bambini decapitati, le teste di alcuni di loro usate per giocarci a pallone, donne sventrate, stuprate e fatte a pezzi, anziani passati per le armi tra grida di giubilo. Milleduecento i trucidati. Duecentocinquanta i catturati e tenuti in ostaggio. Una ventina di loro, tra i sopravvissuti, sono ancora nelle mani di Hamas.

Lo sapevano i capi di Hamas, lo sapevano bene che la reazione di Israele sarebbe stata spietata, ma a loro la vita dei civili Palestinesi stava e sta a cuore solo in quanto potenziali martiri. Mettevano nel conto il loro martirio, al punto da usarli come scudi umani. Speravano in Hezbollah, negli Houti, negli ayatollah di Teheran, anche nella mobilitazione delle popolazioni arabe, che avrebbe indotto i loro governanti a scendere in guerra contro Israele. Volevano una guerra totale. Nei documenti fondanti la loro identità c’è sancito senza equivoci che Israele deve essere cancellata dalla faccia della terra.

Ci riflettano quanti, giustamente mossi a pietà, addossano ad Israele, solo a Israele, le responsabilità della strage in atto. Facciano uno sforzo di mettersi nei panni di chi sta dall’altra parte, di chi vive in quel piccolo lembo di terra, sotto minaccia permanente. Se non fossero stati armati fino ai denti al modo in cui lo sono e protetti dagli USA, degli Israeliani ad oggi non resterebbero che membra sparse. Nella loro mente ogni palestinese che si aggira per le strade di Israele è sospetto. Potrebbe avere una cintura esplosiva sotto la camicia, o lanciare la sua auto su gente che aspetta il bus. Questo è lo stato d’animo con cui gli Israeliani convivono quotidianamente. Inevitabile che esso generi un odio viscerale verso i vicini, un razzismo violento che alimenta il fondamentalismo antislamico e finanche anticristiano. Alla Free Palestine dal Giordano al Mare rispondono con la Grande Israele dal Giordano al Mare.

Detto ciò, ci sono un diritto internazionale e un diritto di guerra. Questo diritto è stato ed è palesemente violato senza alcuna remora da Netanyahu e compagni. La sproporzione tra l’offesa subita il 7 ottobre e la reazione di Israele è stata e continua ad essere inaudita. Nessuno riesce a fermare la determinazione di Netanyahu. Non ci è riuscito Biden, non ci prova neanche Trump, non ce l’ha fatta la condanna della Corte Penale Internazionale. Difficile che possano farcela le manifestazioni unilaterali pro-Palestina in corso. Potrebbe farcela solo Hamas, rilasciando senza ulteriori condizioni gli ostaggi ancora vivi nelle sue mani e restituendo i corpi degli assassinati. Ma questo non pare interessare più di tanto i nostri Free Palestine.

 

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