Home In evidenza LE CITAZIONI: Arrigoni. Restiamo umani

LE CITAZIONI: Arrigoni. Restiamo umani

Vittorio Arrigoni

by Ernesto Scelza
0 comments

È l’ultima delle ‘dodici storie da Gaza’ pubblicate sul quotidiano ‘il manifesto’ e raccolte nel volume ‘Il mare di Gaza’. È del 19 ottobre 2010, prima che il giovane attivista pacifista Vittorio Arrigoni venisse rapito e ucciso da un gruppo terrorista jihādista nell’aprile dell’anno successivo. La storia della piccola pescatrice è inviata da Gaza, che Vittorio aveva raggiunto durante l’offensiva israeliana ‘Piombo fuso’, dal 27 dicembre 2008 al 18 gennaio 2009, e dove aveva deciso di risiedere per documentare le condizioni di vita della popolazione della ‘Striscia’. Anche questa corrispondenza è conclusa con il suo “Restiamo umani”: un invito che è anche un imperativo morale per tutti e per sempre.

 

«L’incredibile storia della sedicenne che con la sua barca sfida le mitragliatrici della flotta israeliana.

Gaza City – Ha occhi profondi come fondali inesplorati e una spinta subacquea da far supporre abbia piedi palmati; come una creatura marina sparisce sotto la superficie dell’acqua e sembra far svanire anche l’ingombro del velo e dei vestiti pesanti, che la tradizione esige non si debbano levare neanche per nuotare. È Madeleine Kulab, 16 anni, la prima e unica ragazza pescatrice che Gaza ricordi. Il padre Mohamed, rimasto invalido per una paralisi una decina di anni fa, ha dovuto appendere le reti al chiodo e ora la figlia ha preso il suo posto in mare. “Veniamo da una famiglia di pescatori, la passione per il mare e per la pesca si è tramandata di generazione in generazione. Vivevamo di pesca prima di essere scacciati nel ’48 dall’attuale Ashkelon, continuiamo a vivere di pesca qui a Gaza”, racconta il padre. Un vivere più sinonimo di sopravvivenza, visto che l’assedio e il limite navigabile imposto da Israele (non oltre le tre miglia dalla costa) ha notevolmente impoverito i pescatori di Gaza.

Secondo un recente rapporto della Croce Rossa, circa il 90% dei 4000 pescatori della Striscia vive sotto la soglia di povertà, e la loro situazione è in costante deterioramento. I soli aiuti offerti dall’Onu non bastavano più per la famiglia Kulab, così da tre anni Madeleine ogni mattina verso le 6, un’ora prima di recarsi a scuola, spinge la sua minuscola imbarcazione a remi di poco al largo, e lancia le reti. Un rituale che si ripete anche al pomeriggio, dopo la fine delle lezioni: oltre ai libri, nella cartella Madeleine ha un ricambio di vestiti per gettarsi in acqua. Il coraggio di far prevalere la necessità alla tradizione, e la creatività di inventarsi un nuovo mestiere per sopravvivere rappresentano un paradigma all’interno di questa regione e a Madeleine hanno conferito stima fra le sue amiche e notorietà anche fuori dalla prigione di Gaza: “Non c’è nulla di cui dovrei vergognarmi, cerco di portare a casa il necessario con cui sfamare la mia famiglia con dignità. Molte compagne di scuola sono invidiose quando esco in mare, a Gaza non ci sono molti svaghi per i giovani”. Il pescato quotidiano che non supera mai i tre chili, è rappresentato per lo più da sardine e granchi, un ricavo incomparabile ai rischi corsi se si considera che l’ultimo pescatore ucciso dalle mitragliatrici israeliane, il 24 settembre scorso, era solito pescare nello stesso tratto di mare di Madeleine.

Quando la vado a trovare sulla spiaggia, già due emittenti arabe sono intente a riprendere i suoi preparativi per la pesca, ma Madeliene non si è montata la testa, i suoi sogni sono gli stessi di una qualunque altra adolescente: “Non mi allontanerò mai dal mare, il mio elemento, ma voglio diventare una stilista”. Quelle mani oggi così abili a sbrogliare matasse di reti e a liberare crostacei troppo insignificanti per finire in padella, già si esercitano sul telaio e chissà un domani non ricamino su tessuti pregiati i richiami di una vita e di un mare sotto assedio.»

Vittorio Arrigoni, Madeleine, la pescatrice adolescente che rompe l’assedio.

Leave a Comment