Può avvenire a Napoli ciò che è avvenuto a Milano nella politica urbanistica di quella città? Milano non ha sforato le regole, tutto è coperto dalla normativa locale e da quella regionale. Lì la magistratura indaga per accertare eventuale corruzione che, appunto, può esserci anche senza derogare alla normativa locale. Può avvenire a Napoli? L’ambizione e la sete di potere può certo essere motivo di corruzione anche nella nostra città. Con una differenza sostanziale. A Napoli non è possibile l’urbanistica fai da te, con le regole ad hoc. Gli avvenimenti di Milano inducono ancora di più a sostenere ed attuare a Napoli il suo piano regolatore, costruito dall’urbanista Vezio De Lucia e dall’allora gruppo di giovani architetti dell’Ufficio Urbanistico del Comune di Napoli guidato dall’architetto Roberto Gianni e approvato in via definitiva con decreto del Presidente della Regione Campania nel 2004.
Di recente la Regione ha approvato una legge urbanistica che potrebbe aprire degli spazi ad iniziative similari a Milano, ma l’attenzione al tema consente di varare regolamenti attuativi previdenti. Il piano regolatore della città fu elaborato per i suoi diffusi bisogni di riordino urbano ed edilizio dopo una triste stagione di abusivismo edilizio del tutto incontrollato che ha consumato indiscriminatamente suolo e fatto sorgere interi quartieri, vedi Pianura e in misura minore Ponticelli, senza opere di urbanizzazione, servizi primari essenziali e servizi pubblici formativi, educativi e sanitari. Questi ultimi poi in parte recuperati nel tempo. Quel piano subì resistenze in città da parte dei portatori di interessi di categoria; fu poi accettato grazie alla sapiente azione di confronto sia con le singole categorie sia con l’intera città. In un intervento su Bagnoli e Coppa America il Sindaco di allora ha spiegato come l’iter di approvazione del piano fu lungo e sofferto ma confortato dalle frequenti assemblee pubbliche con la città. Quel piano valorizza le ricchezze di Napoli, dal centro storico alle periferie considerate non un peso, ma occasione di riqualificazione del territorio e di emancipazione urbana, come del resto lo è il sapiente e accurato programma per Bagnoli e quello di Napoli Est che punta sulla rigenerazione e sulla riqualificazione delle aree attualmente occupate dai depositi di petrolio, ora in parte disattivati.
La rinuncia ad avere un’idea di città del futuro accogliente e curata per chi la abita e per chi la frequenta è la porta di accesso ai pericoli speculativi e agli spazi corruttivi. Una città e soprattutto una città metropolitana non può non programmare i suoi spazi vitali e le trasformazioni da operare e questo in una visione che va ben oltre il decennio. E la lungimiranza del domani può esserci solo se si hanno consolidati valori, che vanno oltre i meri interessi personali o di gruppo, ed ha una specifica denominazione: pianificazione. Si guarda all’intera città, alla sua composizione sociale, alle condizioni di vita di chi la abita e non si compie una mera opera di disegno “a tavolino” del futuro. La pianificazione è rapporto vivo, rapporto di carne con il territorio. L’esempio più prossimo di tale valore è stato la ricostruzione del ponte Morandi di Genova, dove il notissimo archistar Renzo Piano ha colto il tema sociale dei luoghi ed ha realizzato un’opera semplice, non invasiva e molto funzionale. Milano ha agito diversamente, ha servito altri interessi ed ha incrociato l’affarismo.
I temi dell’assetto urbanistico di una città metropolitana sono complessi, richiedono ambizione e visione che possono preservare dall’affarismo. Non deve però essere scontato che nelle categorie sia prevalente lo spirito speculativo. Anche su questo punto, al limite tra etica e moralità, le stesse amministrazioni possono avere una funzione “pedagogica” con la piena consapevolezza del grande servizio che si rende alla propria città. Non tutto è a rischio corruzione. La scelta degli strumenti da utilizzare per il disegno urbano non è secondaria. Sono organi elettivi, Sindaco e Consiglio Comunale, che indirizzano e la scelta può garantire strumenti non altrimenti condizionabili. E’ quindi la politica che deve riappropriarsi delle sue competenze e funzioni non delegandole, lasciando agli esperti progettualità e scelte di merito, esercitando comunque la funzione deliberativa e il controllo doveroso e senza timidezze. Il rispetto delle prerogative di ciascun organo è già di per sé garanzia di trasparenza. Poi, certo, c’è l’ambizione del singolo oppure dei singoli che può travolgere nel vortice come quello di Milano…