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Ciao Ornella. Senza fine, davvero

“Alla fine, la vita va guardata dritta negli occhi, anche quando fa male”

by Francesca Pica
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Ci sono voci che non smettono mai di abitare il mondo. Restano sospese nell’aria come una carezza, come un pensiero che ritorna quando il cuore è più vulnerabile. La voce di Ornella Vanoni è una di queste: un luogo dell’anima, una soglia da cui passano emozioni che non sapevamo ancora di avere.

Ornella ha cantato l’amore con una sincerità che spiazzava. Non l’amore perfetto, ma quello vero: quello che lacera, che salva, che confonde, che illumina. Nelle sue interpretazioni c’era sempre una piega di ironia, una sfumatura di malinconia, un’ombra di verità. E il tutto veniva consegnato al pubblico con quella eleganza svagata, con quel sorriso che sembrava dire: “Alla fine, la vita va guardata dritta negli occhi, anche quando fa male.”

La sua intelligenza si percepiva in ogni pausa, in ogni parola scelta con cura, in ogni gesto dosato sul palco. Era una donna che non aveva paura di mostrarsi fragile né forte, capace di far convivere entrambe le cose nella stessa nota, nello stesso sguardo. E quell’ironia pungente, affilata come una lama di luce, alleggeriva tutto senza mai svilirlo.

Di Ornella restano le canzoni che hanno accompagnato generazioni, brani che diventano luoghi, intessuti nella nostra storia personale fino a confondersi con essa. Le sue canzoni hanno fatto esattamente questo: hanno accompagnato i nostri amori, le nostre attese, i nostri ritorni.

Quando cantava “L’appuntamento”, sembrava parlare proprio di noi, di quelle giornate in cui si aspetta qualcuno che forse non arriverà, e intanto si trattiene il fiato. Quelle parole – “E vorrei, e vorrei, e vorrei…” – hanno risuonato in chiunque abbia conosciuto la dolce tortura dell’incertezza. Erano la colonna sonora delle nostre panchine vuote, dei pomeriggi sospesi, delle speranze testarde.

“Senza fine”, ci ricordava che certi sentimenti superano il tempo, scavalcano le stagioni e resistono perfino quando tutto il resto sembra scivolare via. Quella melodia, liquida e avvolgente, era un rifugio: ci riportava a chi eravamo e a chi avremmo voluto essere, nonostante quelle “mani grandi, mani senza fine…”

E poi “Domani è un altro giorno”, un brano che abbiamo ascoltato quando la vita chiedeva di ricominciare. In quelle parole c’era forza, un invito a guardare avanti con un sorriso storto e una nuova ostinazione. Ornella sapeva dire la verità senza ferire, sapeva accarezzare senza illudere.

Le sue interpretazioni diventavano specchi: chiunque poteva ritrovarci un dolore familiare, un amore assoluto, un desiderio non detto, un ricordo rimasto a metà. E lei, con la sua voce calda e ironica, ci mostrava che l’amore ha mille sfumature, e nessuna va nascosta. Per questo le sue canzoni sono molto più che musica: sono state compagne fedeli, consolazioni discrete, strade che abbiamo percorso mano nella mano con noi stessi. Ognuno di noi ha un momento della vita in cui la voce di Ornella è entrata senza bussare, mettendo ordine tra emozioni che non sapevamo ancora nominare.

E così continuerà a fare. Perché certi artisti non si limitano a cantare: ci insegnano ad ascoltarci. E Ornella Vanoni, con le sue parole che sembrano ancora vibrare nell’aria, rimane una di quelle presenze che non finiscono mai. Senza fine, davvero.

 

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