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A Pompei i Carabinieri restituiscono agli Scavi un mosaico ritrovato

dal fango della memoria è nato un fiore

by Federico L.I. FEDERICO
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Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior… questi versi li abbiamo tratti dalla canzone Via del Campo di Fabrizio de André, in arte anche Faber, il grande poeta, forse il più grande tra i contemporanei.

Ad essi si è forse ispirato Gabriel Zuchtriegel, Direttore Generale del parco Archeologico di Pompei, quando nell’Auditorium degli Scavi ha parlato al pubblico presente – dopo avere ricevuto in consegna, nella mattinata di ieri, dal Comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Generale di Divisione Francesco Gargaro, un pannello a mosaico di forma quadrata, avente lato di circa trenta centimetri. Si vede una scena erotica, la quale potrebbe aver decorato la pavimentazione di una camera da letto di una domus o villa.

Si tratta però di uno splendido mosaico policromo “vermiculatum”, cioè composto da piccole tessere, sottratto probabilmente agli Scavi di Pompei da un Ufficiale tedesco della Wehrmacht durante la Seconda guerra mondiale. Lo stesso ufficiale poi lo avrebbe donato a un terzo, il cui erede ha voluto restituire il mosaico, quasi colto dal rimorso della “detenzione” (nel senso letterale più pieno) di quel pezzo pregiato.

Il Direttore ha testualmente detto: “finalmente possiamo dire che dal fango della memoria della guerra e della brama di possesso è nato un fiore”. E il fiore è la restituzione del maltolto dei tempi bui della guerra.

Erano i tempi dell’occupazione della Città di Pompei da parte delle truppe tedesche che avevano stabilito il proprio comando operativo nell’antico e famoso Hotel Suisse – poi bombardato dagli alleati nel Settembre del 1943 – che ancora oggi fa da sentinella agli Scavi dalla fine dell’Ottocento, all’ingresso di Porta Marina inferiore, sia pure curiosamente avvolto da alcuni anni in un sudario di tela che ne riporta la immagine architettonica tenuta insieme su tutti i lati da un telaio metallico.

L’incipit dell’articolo ci stava portando al largo del mare magno della Storia, ma rientriamo subito sull’evento oggetto di questo articolo. Infatti, in una cerimonia breve ma partecipata e sentita, con la puntuale presenza del Sindaco di Pompei Carmine Lo Sapio, nella torrida mattinata di ieri il Generale Gargano ha potuto restituire il mosaico a Pompei – ma anche al Mondo della Cultura – grazie all’opera del Nucleo Carabinieri della Tutela del Patrimonio Culturale, corpo invidiato da altre nazioni.

 

 

L’emblema – come detto, in finissimo mosaico vermiculatum – è un “pezzo” di straordinario valore, perché rappresenta una scena erotica suggestiva ma non esplicita: l’uomo disteso sul letto porge la mano alla amante che si accinge a sdraiarsi accanto, in una atmosfera complice e intima soffusa di colori caldi e tenui.

Nelle more di ulteriori analisi e studi, il pannello sarà esposto temporaneamente all’Antiquarium del Parco di Pompei al fine di consentirne, oltre che la conservazione e tutela, anche la pubblica fruizione, in attesa che la Città di Pompei abbia una sede degna per eventi di tal tipo.

La trafugazione, dunque, si svolse circa settanta anni or sono, in un’Italia sconfitta e smarrita. Ma non fu il solo oltraggio che gli Scavi di Pompei subirono in quel periodo, sia ad opera degli occupanti tedeschi che, poi, ad opera dei liberatori alleati, arrivati il 29 settembre del 1943 a liberare la Città di Pompei dopo avere superato il “confine” della Provincia di Salerno, a Scafati, lungo la storica SS N°18.

Amedeo Maiuri, l’insigne Pompeianista – che allora svolgeva con partecipe passione il ruolo di Soprintendente alle antichità della Campania e di altre aree geografiche del Mezzogiorno d’Italia, con sede prestigiosa nell’allora Museo Archeologico Nazionale d Napoli, in sigla oggi MANN – visse tali vicissitudini belliche con appassionato impegno di difesa a protezione del patrimonio archeologico a lui affidato e, in special modo, degli Scavi di Pompei.

Ma si può immaginare che egli, Soprintendente che rappresentava un’Italia occupata e vinta due volte, non poteva fare molto con tali interlocutori occupanti: tedeschi in ritirata e americani in avanzata, belligeranti sul suolo italiano conteso.

E, a tal proposito, Amedeo Maiuri, con la sua prosa elegante e colta, poco tempo dopo, nel 1946, in un articolo avente titolo “Pompei e la Guerra” scrive: “Pompei (…) fu prima totalmente esposta alla rabbia dei vinti, (fu) poi lasciata alla sfuriata euforia e al saccheggio dei vincitori, che prelevavano i reperti come souvenir di guerra”.

Questo il quadro, desolante e insieme drammatico, in cui fu “prelevato” il mosaico oggi restituito.

Il fiore di oggi è davvero nato dal fango di ieri.

 

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