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Alfabeto delle citazioni: Poe. Cuore

“È il battito del suo orribile cuore!”

by Piera De Prosperis
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C come cuore.

Sarebbe facile, scegliendo per la lettera C del nostro Alfabeto delle citazioni il sostantivo cuore, trovare un’infinità di testi in cui cuore e amore vanno a braccetto. Nell’antichità Aristotele aveva posto la sede delle emozioni proprio nel cuore. Il cuore del resto reagisce con sensazioni che si avvertono: l’accelerazione dei battiti, la tachicardia, le palpitazioni, sono segnali inequivocabili che qualcosa nella nostra sfera emotiva sta accadendo mentre nessuno sente attivarsi l’amigdala, la centralina delle emozioni quando si prova un forte turbamento. Quindi amore e cuore continuano ad essere un tutt’uno anche se la scienza lo nega.

Ma il cuore può essere anche rivelatore, con il suo battito incessante, di un omicidio.

E.A. Poe, Il cuore rivelatore, 1843.

Il vecchio era morto. Rialzai il letto ed esaminai il corpo. Sì, era morto, morto stecchito. Gli misi la mano sul cuore e ve la tenni per parecchi minuti. Nessuna pulsazione. Era morto stecchito. M’ero liberato per sempre del suo occhio. Se persistete sempre a credermi pazzo, questa credenza svanirà quando vi avrò descritto le sagge precauzioni che usai per nascondere il cadavere. La notte avanzava, ed io lavorai vivamente, ma in silenzio. Tagliai la testa, poi le braccia e poi le gambe.

Poi tolsi tre tavole dal pavimento della camera e depositai il tutto tra i regoli. Poi rimisi a posto le tavole, così abilmente, così destramente, che nessun occhio umano, neppure il suo, avrebbe potuto scoprirvi qualche cosa di sospetto. Non c’era niente da lavare, nemmeno una macchia, nemmeno una chiazza di sangue. Eh! Ci avevo pensato. Una tinozza aveva assorbito tutto. Ah! ah!

Quand’ebbi finita tutta la bisogna – erano le quattro – era sempre scuro come a mezzanotte. Mentre che l’orologio suonava l’ora, fu picchiato alla porta di strada. Andai giù per aprire poiché che cosa avevo da temere ora? Entrarono tre uomini, che si presentarono con molta urbanità, come ufficiali di polizia. Durante la notte un vicino aveva sentito un grido che aveva fatto nascere il sospetto di qualche guaio; era stata trasmessa una denunzia all’ufficio di polizia, e quei signori (gli ufficiali) erano stati mandati a visitare il luogo.

Sorrisi perché che cosa avevo da temere? Diedi il benvenuto a quei signori. Il grido, dissi, l’avevo mandato io sognando. Il vecchio, aggiunsi, era in viaggio per la provincia.

Condussi i visitatori a girar tutta la casa. Finalmente li condussi in camera sua. Mostrai loro i suoi tesori, in perfetta sicurezza, tutti in ordine. Nell’entusiasmo della mia fiducia, portai delle sedie nella camera, e li pregai di riposarsi dalla loro fatica, mentre ch’io stesso, colla folle audacia d’un trionfo perfetto, collocai la mia propria sedia sul luogo stesso dov’era chiuso il corpo della vittima.

Gli ufficiali erano soddisfatti. I miei modi li avevano convinti. Mi sentivo proprio libero, a mio agio, senza imbarazzo. Si misero a sedere e discorsero di cose familiari, alle quali risposi franco ed allegro. Ma, di lì a poco tempo, sentii che diventavo pallido, e desiderai che se n’andassero. Mi doleva la testa, e mi sembrava di sentirmi un tintinnio nelle orecchie; ma quelli restavano sempre seduti e chiacchieravano sempre. Il tintinnio divenne ancora più distinto; persistette e divenne ancora più distinto. Chiacchierai più abbondantemente per sbarazzarmi da quella sensazione; ma non mi lasciò, e prese un carattere del tutto deciso, tanto che alla fine m’accorsi che il rumore non era dentro le mie orecchie.

Senza dubbio allora divenni pallidissimo; ma io chiacchieravo ancora più lesto e più forte. Il rumore aumentava sempre ed io che potevo fare? Era un rumore sordo, soffocato, frequente, assai simile a quello che farebbe un orologio involto nel cotone. Respirai laboriosamente; gli ufficiali non sentivano ancora. Parlai più lesto; con più veemenza; ma il rumore cresceva, incessante. M’alzai, e disputai su delle piccolezze, in un diapason elevatissimo e con una violenta gesticolazione; ma il rumore cresceva, sempre. Perché non se ne volevano andare? Scorsi il tavolato qua e là, pesantemente, a gran passi, come esasperato dalle osservazioni dei miei contraddittori. Ma il rumore cresceva regolarmente. Oh, Dio! Che potevo fare? Schiumavo, balzavo, sacramentavo. Agitavo la mia sedia facendola scricchiolar sul pavimento. Ma il rumore dominava sempre, e cresceva indefinitamente. Diventava più forte, più forte! Sempre più forte! E quegli uomini discorrevano sempre, scherzavano e sorridevano. Ma era mai possibile che non sentissero? Dio onnipotente! No, no, sentivano! Sospettavano! sapevano! Si facevano un gioco, un divertimento del mio terrore! Lo credetti e lo credo ancora. Ma tutto, tutto era più tollerabile di quella derisione! Non potevo sopportar di più quegli ipocriti sorrisi! Sentii che bisognava gridare o morire! e ancora, e sempre, lo sentite? ascoltate! più forte! più forte! sempre più forte!

Miserabili! Gridai, non fingete più! Confesso! strappate quelle tavole! È là! È il battito del suo orribile cuore!

Questa l’agghiacciante confessione dell’assassino, la cui allucinazione lo porterà infine a confessare il suo delitto.

Se ci fossero cuori rivelatori per tutti gli omicidi di persone innocenti commessi in questi ultimi tempi, il suono sarebbe costante, assordante e la follia dei colpevoli apertamente dichiarata.

 

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