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Beccalossi: “la Lombardia non può diventare la discarica d’Italia”

by Luca Rampazzo
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Nella nostra indagine sulla travagliata storia dei rifiuti Lombardi, ci siamo voluti avvalere della testimonianza di chi, dapprima da sola, poi sostenuta dalla Maggioranza del Consiglio, ha inteso indagare a fondo nel fenomeno. Viviana Beccalossi è una politica di lungo corso, negli ultimi 19 anni è sempre stata eletta in Consiglio regionale, ricoprendo anche la carica di Assessore al Territorio. Dopo una lunga militanza nella destra, ora il suo gruppo è il Misto.

Lei ha fortemente voluto una commissione d’inchiesta sui rifiuti. Cosa si aspetta di ottenere alla fine delle indagini?

La mia proposta di costituire una commissione d’inchiesta è partita dai casi di cronaca che sempre più spesso hanno visto il nostro territorio alle prese con diverse criticità, delle quali il traffico illecito e i roghi rappresentano solo uno degli aspetti. Il mio obiettivo era quello di accendere un riflettore su un tema delicato, in una regione con 10 milioni di abitanti, un territorio fortemente urbanizzato e un impatto dei settori agricolo e industriale altamente significativo. La commissione, che sta lavorando in questi mesi, ha modo di raccordarsi con le altre realtà che nel Consiglio regionale si occupano per delega della materia, dalla commissione Ambiente a quella Antimafia. Stiamo raccogliendo dati, effettuando sopralluoghi e soprattutto audendo tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti nella filiera a vario titolo. Mi aspetto che, a fine lavori, possa emergere la fotografia più reale possibile del fenomeno a 360°, fornendo dati sulla gestione ordinaria dei rifiuti ma soprattutto suggerendo soluzioni possibili per le maggiori criticità.

Dai roghi nei capannoni all’Atlantide di immondizia nel lago di Iseo, quanto è grave la situazione rifiuti in Lombardia?

E’ chiaro che gli abusi e gli illeciti colpiscono maggiormente l’opinione pubblica. Prima di parlare di emergenza è però il caso di contestualizzare. La Lombardia rimane una regione virtuosa e pienamente autosufficiente, ma sappiamo tutti che esiste anche uno scenario nazionale: quasi il 70% dei rifiuti italiani destinati ai termovalorizzatori vengono smaltiti nei 13 impianti lombardi e negli 8 dell’Emilia Romagna. Con un paradosso. I cittadini del centro-sud pagano tasse sui rifiuti più salate per avere servizi peggiori che spesso sfociano nell’emergenza, dato che in quasi tutte le regioni meridionali mancano impianti tecnologicamente avanzati. Personalmente non posso accettare di vedere un Paese ancora una volta spaccato in due, dove basta un guasto per vedere le città sommerse di immondizia. Così come non può essere normale e istituzionalizzato il viaggio dei rifiuti da una parte all’altra del Paese o addirittura che si paghino Stati esteri per fare ciò di cui non siamo capaci in Italia.

Con l’aumentare delle norme sulla gestione del rifiuto è aumentato anche lo smaltimento illecito: semplice correlazione o c’è un rapporto causa-effetto?

Il modello di gestione illecita del ciclo dei rifiuti è ormai noto e deve essere combattuto dalla magistratura e dalle forze dell’ordine. La politica ha un altro compito. Mettere nelle condizioni gli imprenditori del settore, che rappresenta una voce sempre più importante per l’economia nazionale, di confrontarsi con regole certe e rigorose ma di facile applicazione. Se si vuole far diventare la filiera virtuosa, alle dichiarazioni di facciata vanno sostituiti investimenti sugli impianti, sulle tecnologie, sulle infrastrutture atte al recupero e al riciclo. Un imprenditore ha interesse a lavorare con materiali da recupero se può ritirarli, trasportarli e trattarli per farli tornare a disposizione di altri imprenditori. Se norme che sono spesso conflittuali tra loro bloccano un solo step di questa filiera è certamente più facile cercare scorciatoie che portano all’illegalità.

Rifiuti e termovalorizzazione, a che punto siamo? È ancora un sistema sostenibile per la gestione della frazione secca?

Non c’è dubbio che su questo tema il livello di ideologizzazione non faccia bene al dibattito. E’ giusto che la termovalorizzazione sia adottata per quella frazione di rifiuti che non possono per vari motivi essere avviati a riciclo. Ma sostenere che i termovalorizzatori siano il male assoluto significa non capire che oggi sono necessari e che non basta dire ‘produciamo meno rifiuti’ per risolvere il problema. In Italia i termovalorizzatori smaltiscono meno del 20% del totale, ma il problema è che non sono distribuiti coerentemente sui territori. Col risultato che gli impianti del Nord oggi non riescono a far fronte ai deficit di tante regioni, ammesso che ciò sia etico. La Lombardia non può diventare la discarica d’Italia per colpa di “non scelte” fatte da amministratori poco lungimiranti, per non dire inadeguati, che non hanno saputo gestire negli ultimi decenni la questione sui loro territori. Il problema è certamente complesso, ma come accade in tante altre occasioni, come ad esempio per le infrastrutture, non può più reggere il modello “not in my garden”. Senza contare che quando si parla di inceneritori ci si sofferma sulle emissioni, omettendo totalmente di considerare quanto inquinano migliaia di camion che spostano i rifiuti per centinaia di chilometri e quanto costa pagare gli altri per smaltirli.

Economia circolare: la Lombardia è pronta a ridefinire il rifiuto?

La gestione del sistema di rifiuti in Lombardia funziona: abbiamo il record di raccolta differenziata e la capacità di recuperare il 90% dei rifiuti prodotti. Altri dati supportano questa affermazione. La Lombardia ha una produzione pro capite di 466 chili, quasi il 5% in meno della media nazionale. La raccolta differenziata sfiora il 70%, superando abbondantemente gli standard previsti dalla normativa statale e anche lo scorso anno è calata del 6% la produzione di indifferenziati, così come quella dei rifiuti pericolosi. Il 99% della plastica viene recuperato ed è praticamente nulla la quantità di rifiuti che va in discarica (0,5%, in continua diminuzione). Questi i dati, a cui si affianca un’azione politica che parla di bandi dedicati proprio al tema dell’economia circolare e all’impegno di definire entro il 2020 la Strategia Regionale per lo Sviluppo Sostenibile da elaborare ed attuare con il concorso delle istituzioni e delle realtà che operano sul territorio regionale, ad attivare un percorso di valutazione della programmazione del governo regionale in chiave di sostenibilità, a costruire un catalogo di buone pratiche e sviluppare azioni di promozione sul territorio e diffusione dei principi di sostenibilità, coinvolgendo tutti, dalle imprese alle famiglie. Crediamo davvero che ambiente e sviluppo non possano e non debbano più essere espressioni in contrasto tra loro.

Il decreto Ambiente, nella sua ultima bozza, aumenta l’efficienza del sistema?

Credo sia ancora presto per dirlo. In generale, possono essere utili tutte le misure che incentivino l’efficienza del sistema, così come la diffusione di una corretta cultura fatta di buoni comportamenti e senso civico. Ma se si crede di affrontare il problema rifiuti combattendo crociate che non hanno nessun riscontro con la realtà, oppure tassando gli imballaggi di plastica e dicendo ‘no’ a qualunque opera che razionalizzi la raccolta sui territori si rischia di cadere in una vuota ideologizzazione, che non porterà a nulla di buono. E oggi questo rischio è ancora forte.