Siamo davvero sicuri che una vacanza significhi ancora passare una settimana o due sempre sullo stesso lettino? Al di là degli stabilimenti semideserti di questa estate e delle lamentele degli operatori turistici, non sarà forse che il modello delle “ferie all’italiana” ha perso smalto? Quell’idea di villeggiatura fatta di spiaggia affollata, ombrelloni in fila e pranzi veloci tra un bagno e l’altro sembra oggi un po’ stanca, quasi fuori tempo.
Forse non per tutti, ma davanti all’ennesima estate torrida ho scelto di salire a Nord: volevo respirare aria fresca, allontanarmi dall’afa cittadina e dai tuffi obbligati nell’acqua bollente del Mediterraneo. Ho vissuto un’estate in cardigan tra fiordi norvegesi e notti bianche, con la luce che non cede mai al buio.
Sui voli della Norwegian bisogna scordarsi il vecchio modello “all inclusive” delle compagnie di bandiera: niente fronzoli, nessun lusso da Alitalia, solo essenzialità. Tutto è a pagamento, dal caffè al panino, e non ci sono schermi o accessori di intrattenimento. Non è un volo che punta a coccolarti, ma a portarti a destinazione. E infatti, “benvenuti a Bodø”, città viva e piacevole situata sopra il Circolo Polare Artico.
Bodø è il punto in cui la Norvegia si apre verso le Lofoten. Da qui partono i traghetti che tagliano le acque del Nord: alle spalle, montagne frastagliate e venti artici; di fronte, villaggi di pescatori e paesaggi da fiaba. Passeggiare sul lungomare, con le barche ormeggiate e il sole che non tramonta mai, dà già la sensazione di entrare in un altro ritmo, lento e onirico. Bodø non è solo una tappa, è l’inizio del viaggio.
Il traghetto parte senza fretta, scivolando fuori dal porto. Le prime miglia scorrono lente, con la città che si allontana e le montagne che diventano sagome azzurrine. Poi il mare si apre, vasto e profondo, e inizia una traversata di tre ore. Sul ponte, il vento artico pizzica la pelle, mentre gabbiani curiosi seguono la scia della nave. Alcuni passeggeri si stringono nelle giacche, sorseggiando caffè fumante comprato al piccolo bar di bordo; io mi rifugio all’interno dietro una grande vetrata, osservando l’acqua che cambia colore a seconda della luce: verde smeraldo quando il sole si riflette basso, grigia e densa quando una nuvola la vela improvvisamente. Uno spettacolo ipnotico che fa passare il tempo senza accorgersene.
E poi, all’orizzonte, le Lofoten: montagne che emergono dal mare come denti scuri, quasi irreali nella loro bellezza. Non stai solo raggiungendo un arcipelago: stai entrando in un altro mondo. Scendere dal traghetto è un colpo d’occhio che lascia senza fiato. Il silenzio è particolare, interrotto solo dal motore che rallenta e dal vento che porta l’odore di salsedine misto a quello pungente del merluzzo essiccato. All’inizio sembra quasi invadente, ma presto diventa parte stessa del viaggio, un segno distintivo delle Lofoten che non si dimentica più.
Visitando il villaggio museo dei pescatori, le grandi rastrelliere in legno si stagliano contro il cielo: scheletri geometrici costruiti per sorreggere migliaia di stoccafissi durante i lunghi mesi invernali. In estate restano vuote, ma ancora impregnate dell’odore penetrante del merluzzo. Camminare tra queste strutture è come leggere una storia di fatica e sopravvivenza, di mare gelido e pescatori che affidavano la loro vita al ciclo eterno di pesca ed essiccazione.
Imperdibile anche il Norwegian Fishing Village Museum di Å, il paese con il nome più corto del mondo. Qui ogni edificio, la baracca del pescatore, la fucina, il forno a pietra del 1844, la fabbrica dell’olio di fegato di merluzzo, appare vivo e presente, come se fosse ancora attivo. Reti appese, botti piene d’olio bruno e attrezzi arrugginiti raccontano stagioni dure, mentre il profumo dei panini caldi alla cannella e il sapore del caffè semplice creano un contrasto emozionante con la durezza storica del luogo.
Ci vuole coraggio per affrontare il trekking a Reinebringen, esperienza che mette alla prova gambe e fiato. Il sentiero si arrampica tra rocce e vegetazione bassa, alternando tratti agevoli a scalini ripidi scolpiti nella montagna. Ma ogni curva svela scorci sempre più ampi delle Lofoten: il mare che lambisce le baie, i villaggi di pescatori che sembrano minuscoli giocattoli rossi e bianchi.
E poi, finalmente, la cima. La vista panoramica ripaga di ogni fatica: Reine e Å, con le loro case rosse, adagiate su specchi d’acqua verde smeraldo, i fiordi che si aprono come fiumi di luce tra montagne frastagliate e picchi aguzzi, il cielo nordico che si riflette nell’acqua sottostante. È uno di quei momenti in cui il mondo sembra fermarsi: la fatica scompare, sostituita da un senso di libertà assoluta, dall’aria pura che riempie polmoni e mente. Dopo tanta bellezza, il viaggio riprende, verso tappe ancora più a Nord.