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Genova per noi, una diga foranea come un’altra

by Pietro Spirito
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La nuova diga foranea di Genova è la principale opera marittima italiana inserita nel PNRR: assorbe da sola la metà dell’intero ammontare delle risorse destinate al futuro della portualità italiana. L’obiettivo dichiarato è quello di portare le grandi navi contenitori (24.000 TEU), lunghe 400m, larghe 60m e profonde a pieno carico 16m, alla Calata Bettolo di MSC: 700m di lunghezza, in futuro prolungati fino a 1.400m, a seguito del riempimento (contro il parere della Sovraintendenza) delle calate Giaccone e Concenter.

Con le attuali dimensioni del diametro del bacino di evoluzione (550m) e della larghezza della darsena antistante (200m) possono accostare a Calata Bettolo solo navi fino a 5.000 TEU. Più ad ovest sarà impossibile anche in futuro prolungare la banchina ad uso delle grandi navi, perché queste richiedono gru a portico con sbraccio di oltre 70 metri e altezza di oltre 90 metri: esse impatterebbero con il cono aereo – secondo lo stesso Progetto Preliminare – subito aldilà del Ponte Etiopia.

L’aumento delle dimensioni delle navi contenitori a Calata Sanità sarà peraltro un vantaggio per MSC di poco rilievo (stimato dall’ Analisi Costi-Benefici ufficiale a soli 300.000 TEU, circa il 10% del traffico dei porti de Genova/Prà/Vado/Savona) ma pagato in modo assai salato.

Lo stesso obiettivo comunque avrebbe potuto essere ottenuto con un progetto avente meno di un quarto dei costi e tempi di esecuzione, e soprattutto senza i rischi geotecnici del progetto. Lo denuncia da molto tempo chi era stato chiamato a svolgere il ruolo di direttore tecnico del progetto, Piero Silva, che ha deciso di dimettersi da questo incarico cercando di richiamare, sinora invano, l’attenzione su tutta una serie di gravi incongruenze del progetto.

Il layout della diga, oltre al problema di costringere a profondità proibitive, presenta grossi problemi dal punto di vista della sicurezza della navigazione. La rotta d’ingresso e uscita delle navi non è parallela alla diga: questo difetto – del tutto inusuale – potrebbe facilitare in condizioni avverse impatti tra navi e diga stessa.

Inoltre, il cerchio di evoluzione è situato davanti a Calata Bettolo, il che rende impossibile – contrariamente a quanto asserisce il Progetto Preliminare – l’accesso delle grandi navi al bacino storico, dove accostano navi porta-contenitori di 370 m (Calata Sanità) e navi crociera di 340 m, il che non è poco.

Il costo minimo, secondo i calcoli di Piero Silva sarà compreso tra i 2 miliardi e i 2 miliardi e mezzo, praticamente il doppio rispetto alla previsione originaria. I tempi, sulla base dell’estrapolazione di dati reali, saranno di almeno 12 anni, ovvero fino 4 maggio 2035.  Vista la necessità della delicatissima consolidazione geotecnica, si arriva a considerare come più realistico il valore di quindici anni. Con una efficace battuta sportiva, Piero Silva ha argomentato che finire nel 2026 è più improbabile che veder correre da Marcel Jacobs i 100 metri in meno di 2 secondi, dati dei progetti eseguiti alla mano.

Ma il problema più grave è quello che tale diga dovrebbe essere costruita su uno spesso strato (dai 10 ai 15 metri) di limo-argilloso inconsistente, su profondità dove la consolidazione – indispensabile – è considerata dagli esperti impossibile. Il metodo di consolidazione proposto – una rete fitta di colonne di ghiaia che dovrebbero attraversare tutto lo strato inconsistente e bene assestarsi nello strato sabbioso sottostante – è normalmente realizzato a terra, oppure a mare ma su profondità modeste.

Gli esperti di geotecnica marittima asseriscono che, con i mezzi e l’esperienza attuale, una consolidazione simile potrebbe essere realizzata fino ai 30, massimo 35 metri di profondità. Il problema è che l’opera è in gran parte prevista su profondità maggiori ai 35 e anche ai 40 metri, fino a -50m.

Quando Piero Silva parla di collasso geotecnico non si riferisce ad un miraggio in senso negativo: purtroppo esso è avvenuto in diversi casi, uno dei quali (vicino a noi) dovrebbe far riflettere i sostenitori dell’opera. Si tratta di quanto è avvenuto per il nuovo porto di Nizza in costruzione (progetto poi immediatamente abbandonato) il 16 ottobre 1979. Un dramma causato da onda lunga violenta, tipo tsunami, causata dal collasso della parte della diga già costruita.

Si è valutato che circa 9 milioni di metri cubi di argilla sono collassati con reflusso laterale, provocando un’onda lunga (tipo tsunami). Circa dieci minuti più tardi due onde di un’altezza valutata in circa 7 metri si sono abbattute sul quartiere de La Salis a Antibes, seminando morte e distruzione: 13 morti e incalcolabili danni materiali.

I vincoli per mettere in sicurezza il progetto attuale sono: 1) necessità di mantenere la diga entro i 35 metri di profondità, per poter eseguire la consolidazione geotecnica in sicurezza; 2) Necessità di spostare il cerchio di evoluzione verso Est, per essere utile anche alle grandi navi del Porto Antico; 3) inutilità di preservare 200m di nuova diga, senza valore marittimo.

Secondo il progetto alternativo presentato da Piero Silva si possono dimezzare i costi e contrarre drasticamente i tempi di costruzione da 14 a 8 anni. Che nemmeno se ne parli in un Paese civile onestamente lascia allibiti. Anche perché la traiettoria dei lavori per realizzare il progetto attuale è particolarmente accidentata.

Il Tar della Liguria ha dichiarato ieri illegittima l’assegnazione dell’appalto integrato per i lavori di realizzazione della nuova diga foranea di Genova al consorzio PerGenova Breakwater, guidato dal gruppo Webuild. I giudici hanno accolto il ricorso presentato dal consorzio Eteria, che aveva presentato un’offerta al commissario e presidente dell’Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini, ed era stata scartata nel corso del dialogo competitivo.

Secondo le norme previste dal Pnrr, tuttavia, il contratto tra l’Autorità portuale e il consorzio non decade e i lavori possono proseguire: si aggiungono solo costi, che problema c’è. I ricorrenti saranno risarciti, fermo restando il diritto della stazione appaltante di fare ricorso. In passato, il Tar aveva respinto la richiesta di sospensiva che, se accolta, avrebbe ostacolato l’avvio dei lavori.

L’Autorità portuale di Genova ha reagito con il seguente comunicato: “In merito all’odierna sentenza del Tar Liguria inerente il ricorso del Consorzio stabile Eteria S.c. si precisa che i lavori proseguiranno secondo cronoprogramma non avendo la sentenza effetti sul contratto. Tra le varie contestazioni sollevate dal ricorrente Consorzio Eteria i giudici hanno accolto un solo motivo di ricorso che sarà oggetto di appello, fermo restando che la posizione del Consorzio è anche oggetto di verifiche da parte dell’amministrazione, come dà atto nella sentenza lo stesso Tribunale Amministrativo Regionale”.

Ma forse ci sono ben altre questioni che dovrebbero essere alla attenzione delle istituzioni, dei decisori, della pubblica opinione. Si spendono fiumi di parole sui progetti del PNRR, discettando sulla possibilità di realizzare per tempo le opere. Come sempre accade in Italia, si tratta di un dialogo sopra i massimi sistemi delle chiacchiere, senza mai entrare nel merito delle questioni che riguardano la solidità dei progetti, la coerenza sulla efficacia esecutiva, i tempi di realizzazione effettiva. Forse una occhiatina magari più attenta ai progetti blindati, appaltati ed avviati sarebbe opera meritoria per il bene e l’interesse pubblico. Ma saremmo forse in un altro Paese. Magari nella Italia del miracolo economico.