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Una città della musica nella Senna

by Alessandro Bianchi
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Come ho scritto più volte nella rubrica Polis di questo giornale, la rigenerazione urbana è il percorso che si dovrebbe intraprendere per restituire funzionalità, bellezza e decoro alle nostre città, troppo spesso sfregiate da una pratica urbanistica priva di idee e succube della speculazione edilizia.

Il nodo della questione è che anziché continuare con politiche di espansione, consumo di suolo e nuova edificazione, si dovrebbe rimettere in gioco l’enorme patrimonio di immobili e aree abbandonati all’interno e all’intorno delle città, quasi sempre in stato di degrado, inquinanti, insicuri e causa di costi per le amministrazioni locali che, comunque, devono farsene carico.

Rigenerare questo patrimonio significa conferire a questi oggetti urbani – opifici, caserme, stazioni, chiese, nosocomi – un genere diverso da quello originario che è stato dismesso, come è stato fatto in molte esperienze in Europa.

 

 

Purtroppo non altrettanto è avvenuto in Italia dove stenta ad affermarsi una cultura della rigenerazione urbana, come dimostra il caso eclatante del PNRR che sembra destinare risorse ingenti – circa 2,8 miliardi – a questa attività, ma di fatto le disperde in una miriade di azioni diverse che non incidono sul nodo centrale della questione: la messa in gioco del patrimonio dismesso.

E’ questo il motivo per cui credo possa essere di una qualche utilità presentare alcuni casi esemplari, con l’intento di richiamare l’attenzione su questo argomento che ha molto a che fare con la qualità delle nostre città.

Il primo caso è quello della “Ile Seguin-Rive de Seine”, un’isola ubicata in mezzo alla Senna nella periferia di Parigi, dove nel 1919 la Renault decise di aprire una fabbrica di automobili e per farlo avviò un processo di urbanizzazione che indusse molte altre industrie a localizzarsi in quel sito, tanto che a metà degli anni ’30 erano presenti circa sessanta stabilimenti.

Questo complesso rimase in piedi per più di settanta anni fino all’inizio degli anni ’90 quando, a seguito delle modificazioni strutturali intervenute a livello mondiale nel settore industriale, si avviò nell’isola un processo che portò nell’arco di poco più un decennio alla completa dismissione dell’insediamento.

 

 

Come sempre accade in questi casi si aprì un ampio e, spesso, aspro dibattito su che cosa si dovesse fare di quello che ormai era diventato un relitto urbano abbandonato. E come sempre la speculazione immobiliare era in agguato e proponeva di radere al suolo tutto quanto esistente sull’isola per realizzare dei nuovi quartieri residenziali con annesse attività commerciali.

Fortunatamente prese piede anche una posizione diversa che ebbe come principale riferimento l’arch. Jean Nouvel che già nel 1999 scriveva: “Ciò che è eccezionale sull’Ile-Seguin è la sua forza espressiva. Non di rado l’architettura industriale, l’architettura militare, l’architettura nata da qualsiasi forma di necessità rilascia un grande potere. Il punto è sapere se oggi possiamo costruire la città radendo chilometri di strutture, soprattutto quando presentano una storia particolarmente ricca, notevole, profonda”.

 

 

Questa posizione riesce ad affermarsi e l’amministrazione cittadina la fa propria avviando uno straordinario percorso di rigenerazione urbana che, tra il 2003 e il 2017, porta a far nascere sull’isola la “Seine Musical”: un centro di livello internazionale dedicato alla musica, con una “Grande Salle” per circa cinquemila posti, un “Auditorium” per musica classica con 1.150 posti, oltre a scuole, spazi giochi e centri commerciali, il tutto immerso in un grande parco urbano.

 

 

E’ evidente che si tratta di una operazione di ampio respiro, che ha richiesto un impegno deciso da parte dell’amministrazione cittadina, un ingente impegno di risorse – circa 170 milioni – e molti anni di lavoro.

Ma è così che si restituisce dignità alla pratica urbanistica e si costruisce la città dei cittadini.