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GIORNATA DELLA TERRA

by Alessandro Bianchi
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Giornata della Terra

Il 22 aprile 2021 si è celebrata la 51^ “Giornata della Terra” istituita nel 1970 come evento simbolico per l’inizio di un radicale cambiamento nel rapporto uomo-ambiente rispetto a quanto era avvenuto a partire da quella che conosciamo come “Rivoluzione industriale”, avviata in Gran Bretagna a partire dalla metà del XVIII secolo.

Era stato, per l’appunto, un evento rivoluzionario dopo il quale quasi tutto è stato diverso da prima: modo di produrre, di lavorare, di muoversi, di abitare, perfino di pensare, oltre ad una vera e propria esplosione demografica e ad una massiccia concentrazione della popolazione nelle grandi città che, nell’arco di pochi decenni a partire dalla metà del ’700, crescono a dismisura.

Tutto questo è avvenuto ignorando le ripercussioni sull’ambiente naturale – acqua, aria, suolo – sottoposto ad uno sfruttamento senza limiti delle sue risorse e alla contemporanea alterazione delle sue caratteristiche fisico-chimiche che sta alla base dell’inquinamento. In sostanza per oltre duecento anni l’umanità si è comportata come se le alterazioni che andava producendo sull’ambiente naturale non avessero alcuna conseguenza.

Questa consapevolezza comincia ad affermarsi solo nella seconda metà degli anni ’60 del Novecento ed ha un punto di svolta nel 1967 a seguito del disastro ecologico provocato dal naufragio della petroliera Torrey Canyon che sversò nel Canale della Manica 120.000 tonnellate di petrolio lungo 180 Km di coste sui versanti inglese e francese, causando danni enormi all’ambiente marino e costiero e distrusse 35.000 tonnellate di pesci, crostacei e molluschi, oltre a 100.000 tonnellate di alghe.

A quell’evento si può far risalire la nascita della cosiddetta “questione ambientale”, ovvero della necessità di riflettere sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente considerando quest’ultimo una risorsa finita e difficilmente riproducibile.

Da allora vi è stata una moltiplicazione sia degli studi scientifici che di iniziative a livello internazionale tendenti alla messa punto di soluzioni comuni per un problema che si capiva poter essere affrontato solo a livello globale.

L’antesignano degli studi è stata la ricerca svolta per iniziativa del Club di Roma da un gruppo di lavoro del MIT, pubblicato nel 1972 con il titolo “I limiti dello sviluppo”, che per la prima volta mise in evidenza sulla base di criteri scientifici l’esistenza di limiti nell’uso delle risorse naturali non riproducibili, superati i quali il processo diventa irreversibile.

Quanto alle iniziative internazionali il punto di avvio è stato il “Rapporto Bruntland” redatto nel 1987 dalla Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (WCDE), che ha fissato il significato di sviluppo sostenibile, ormai universalmente accettato, come “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Una pietra miliare che ha permeato tutta la cultura ambientalista ed è stata alla base delle conferenze internazionali che, con alti e bassi, si sono susseguite negli anni successivi.

La “Conferenza di Rio” del 1992 con la Dichiarazione sull’ambiente e lo sviluppo; la “Conferenza di Kyoto” del 1997 sull’abbattimento delle emissioni gassose; le meno incisive Conferenze di Johannesburg (2002), Copenhagen (2009) e Cancun (2010); la storica “COP 21-Conferenza internazionale sul clima di Parigi” tenuta nel 2015 che, muovendo dal presupposto che il cambiamento climatico è una “minaccia urgente e potenzialmente irreversibile per le società umane e per il pianeta”, ha portato ad un accordo per contenere il rialzo della temperatura media globale al di sotto dei 2,0 gradi centigradi.

Un accordo ratificato il 22 aprile del 2016 da 175 Paesi, messo in crisi nel 2019 dalla dissennata posizione assunta dall’allora Presidente degli Stati Uniti e che ora sembra avviato verso una nuova ratifica, come dimostra il fatto che proprio in occasione di questa 51^ ricorrenza il Presidente Biden ha convocato un summit internazionale sul tema “Restore our Earth” per preparare le basi della COP 26 che si terrà a Glasgow nel prossimo mese di novembre. Un summit al quale ha aderito anche la Cina, vale a dire l’altro grande “protagonista” della questione ambientale, il che costituisce un fatto decisamente positivo.

Dunque, alla luce di queste circostanze possiamo celebrare con ottimismo la “Giornata della Terra”?

Possiamo dire di sì solo a condizione di non dimenticare che la messa a punto di soluzioni tecnologiche per il riscaldamento globale – così come per l’inquinamento e per il consumo energetico – potrà anche portare a risultati eccellenti ma non potrà portare alla soluzione definitiva.

Il motivo è che la questione ambientale è una questione di natura etica che attiene al rapporto tra uomo e ambiente, un rapporto di cui occorre ridefinire i fondamenti se si vuole arrivare a ricostituire una condizione di equilibrio che riguardi l’intero pianeta e tutti i suoi abitanti e non solo una parte privilegiata.