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Governance di Stato

by Gianluca Volpe
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Il 14 Agosto 2018 alle ore 11:36 crollavano ben 250 metri dei ponte Morandi con conseguenze catastrofiche: 43 morti, 11 feriti e più di 500 sfollati oltre ad altri beni ed edifici distrutti.

Una tragedia immane che in questi due anni non ha mai smesso di alimentare polemiche sulle responsabilità e sulle posizioni da assumere nei confronti di chi aveva la gestione; cioè Autostrade Spa controllata da società che fanno capo alla “potente” famiglia Benetton.

Il Consiglio dei Ministri terminato dopo le 5 del mattino di mercoledì scorso (15 luglio), dopo 6 ore di trattative estenuanti, ha visto, a quanto si apprende dalle dichiarazioni ufficiali delle parti, la conclusione di un accordo che alla vigilia sembrava lontanissimo.

I Benetton avrebbero accettato tutte le condizioni imposte dal Governo, per le quali dovranno lasciare la guida della società riducendo la propria partecipazione azionaria sotto il tetto che consente l’accesso al Consiglio di Amministrazione. Senza voler entrare nei tecnicismi, i Benetton lasciano la gestione della rete autostradale e il Governo tramite la Cassa Depositi e Prestiti avvierà il percorso che porterà ad una partecipazione statale del 51% di ASPI, che diventerà di fatto una Società controllata dallo Stato. Aldilà delle più o meno legittime recriminazioni e soddisfazioni, a seconda delle proprie opinioni, il dato su cui riflettere è che nel 2020 il Governo che guida il nostro Paese prende una decisione nella direzione non solo della “partecipazione”, ma della governance da parte dello Stato in attività in cui solitamente sono i privati a fare “affari”.

Giusto per dare qualche numero, ASPI è una società che produce utili netti per circa un miliardo di euro l’anno. Questa considerazione può rendere l’idea del perché tanto clamore e tempi così lunghi per definire una vicenda che, nella sua tragicità, poteva essere, volendo, anche molto semplice da valutare. Crolla un ponte; la gestione dello stesso è affidata in concessione statale ad una società privata; la società stessa (e chi ne detiene il controllo) ne è responsabile, senza se e senza ma! Questo ragionamento, seppur semplicistico, ma inoppugnabile, condiviso in primis dai familiari delle vittime di questa tristissima vicenda, ma anche dalla gran parte degli osservatori e cittadini liberi da interessi di parte; ha trovato la sua realizzazione in un accordo che, oltre a “punire” severamente i responsabili (per il momento dal punto di vista economico), potrebbe aprire una seria riflessione su un rinnovato intervento statale nelle attività economiche di rilievo, in un’economia oramai votata totalmente al liberismo.

In definitiva, quest’ultima settimana ha visto gli organi d’informazione appassionarsi molto ad una vicenda che coinvolgeva persone ed interessi certamente di notevole importanza. Si è arrivati addirittura a riportare dichiarazioni a dir poco classiste, che neanche per dovere di cronaca ci piace ripetere, come testimonianza di una delusione da parte del “potente di turno” che ha visto lesa la propria maestà.

Confidando di aver chiuso definitivamente un capitolo che mai avremmo voluto leggere nella storia del nostro Paese, vogliamo sperare che in queste ore arrivino buone notizie da Bruxelles dov’è in corso una difficilissima trattativa sul Recovery Fund. Il Presidente del Consiglio Conte in alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa ha ribadito l’intenzione di non voler fare accordi al ribasso, convinto di difendere, sicuramente gli interessi dell’Italia, ma anche le prerogative della Commissione Europea che ha realizzato una proposta per un piano che risponda alle caratteristiche di adeguatezza, proporzionalità ed effettività.

L’Italia difende l’Europa e le prerogative della sua Commissione dalle visioni ormai di minoranza dei virtuosi Paesi del Nord… chi lo avrebbe mai detto!