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Il confronto su Lucio Colletti in Campidoglio

by Bruno Gravagnuolo
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Ce le siamo date di santa ragione su Colletti il 3 novembre scorso, alla sala Calcagni in Campidoglio, con studiosi e politici in prevalenza di centro destra a vent’anni dalla scomparsa improvvisa di Lucio.

C’erano nientemeno che Brunetta e Rampelli a rivendicarne l’eredità. Con la Fondazione Colletti, che Brunetta ha celebrato regalando alla memoria del filosofo una biblioteca fatta dei suoi libri privati alla Camera, accanto alla sala Galilei.

Ce le siamo date e suonate in modo gentile. Ma netto. Rampelli addirittura ha rivendicato il marxismo teorico – ripudiato dallo studioso – come parte del corredo della destra sociale, in una col passagio di Colletti al liberalismo! Ovvio il tentativo egemonico. Quanto a Brunetta lo ha ricollegato a Craxi e al socialismo, oltre che a Berlusconi e ai professori forza italioti del 1994. E qui buon gioco nostro nel ricordare che Lucio fu anche censurato e ritirò una famosa prefazione agli scritti di Silvio. Criticava il conflitto di interessi, il partito personale… bazzecole.

Altro punto chiave politico: la riforma presidenziale. Colletti non si pronunciò su questo, ma certo criticò nel 1998 il parlamentarismo che produceva ribaltoni. Insomma oggi sarebbe d’accordo con Giorgia, per Rampelli. Può darsi. Certo è che   -come abbiamo detto – in questo ci sarebbe continuità tra il Colletti giacobino e leninista-sovietista e il direttismo dell’elezione diretta, che abolisce il vincolo di mandato liberale e distrugge la democrazia parlamentare. E Colletti ormai era su questa strada. Dopo aver criticato però, prima di Berlusconi, il referendarismo come “populistico”.

Insomma tante contraddizioni e giravolte di un grande teorico del marxismo oggi venerato a destra. Lucido a riguardo l’intervento di uno dei suoi allievi, Luciano Albanese.

Perché la giravolta di fondo? Perché il ripudio del marxismo nel 1974? Oggi pare astrale ricordarlo: per via della dialettica hegeliana, che secondo Colletti inficiava la scientificità del marxismo. Cioè, per tutta una fase il sinistro Colletti sostenne che la dialettica di Marx era solo un civettare con il lessico di Hegel. E che non c’era dialettica ma scontro tra opposte forze: Operai e Capitale. Poi a metà’ dei ‘70, in una famosa intervista Laterza con Perry Anderson, dichiarò che la contraddizione dialettica in Marx c’era e che era un fatto metafisico e non scientifico. Lo scontro Operai-Capitale preludeva cioè ad un antiscientifico superamento degli opposti in un terzo, ovvero il socialismo profetico e “pre destinato”.

Roba marziana non marxiana direte voi. Eppure cinquanta anni fa ci si scannava su queste cose. E il tutto era connesso alla egemonia del marxismo nella società italiana.

Tanta acqua è passata sotto i ponti. E il risultato in Colletti è stato che egli buttò via quasi tutto ciò che aveva scritto e pensato. Bambino e acqua sporca, approdando ad un liberalismo conservatore sotto l’usbergo della vera scienza. Come tanti marxisti grandi e piccoli in Italia e altrove.

La nostra idea? L’abbiamo esposta lì. E Brunetta udite udite ha apprezzato! Meno Rampelli. Così come era sbagliata l’idea di infallibile scienza in Marx, venerata da tanti – le scienze sociali non sono scienza esatta – altresì è sbagliato respingere il marxismo come sociologia critica del capitalismo. Il lavoro è cambiato. Lo scontro si è esteso e parcellizzato, il capitalismo è divenuto molecolare, finanziario, manageriale, informatico, globale. A volte più, a volte meno, regolato dallo Stato e dalle banche centrali. Il consumo stesso genera valore con un click, oppure assemblando pezzi all’Ikea o al supermarket. I servizi generano valore, le macchine produttive disposte in fabbrica in un certo modo fanno valore aggiunto. L’innovazione pure e la pubblicità. Le immagini sono merce che crea altre merci. Dunque lo scontro si sfrangia e si estende. Alla natura, al suo uso, alla riproduzione, al rapporto tra generi.

E la dialettica? Che ne resta? Questo: resta come modo di denominare lo scambio, le relazioni e i conflitti, il mondo delle immagini. E di decifrarli. Dialettica è quindi il conflitto sociale tra dominanti e dominati. Dove i dominati restano alienati e subalterni, scissi in sé, tra sé e l’altro dominante. Separati da chi detiene risorse e tecnica, e colonizzati nel loro intimo dal potere di chi decide qualità e distribuzione delle risorse nel mondo. Il capitalismo, segnatamente quello finanziario, resta il paradigma dominante che decide il mercato nel mondo. Mescolandosi agli stati imperiali grandi e piccoli, con relative ideologie in lotta di civiltà.

La contraddizione, intesa come conflitto reale interumano e intrapsichico sussiste, e si espande nel mondo. Sotto forma di conflitti molteplici che promanano dalla sfera produttiva e riproduttiva, dalla produzione alla circolazione, che formano una unica catena del valore aggiunto generata dal lavoro dominato, organizzato dal lavoro dominante che fa la parte del leone.

Tornare a parlare di Lucio Colletti oggi significa perciò tornare a parlare di Karl Marx. Oltre che di Colletti. Ma in modo radicalmente opposto al suo. Col riaprirne di nuovo le pagine esattamente sul punto dove lui le chiuse. Ovvero: la “contraddizione” come nevrosi e conflitto sociale vissuto nella mente e nel corpo di miliardi di persone.