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Il decreto migranti letto senza ideologismi

by Luigi Gravagnuolo
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Va bene il pragmatismo, la capacità di correggersi quando ci si rende conto che si sta uscendo di rotta, ma un continuo stop and go comunica confusione piuttosto che pragmatismo. È il caso della vicenda dei migranti, su cui, diciamolo con franchezza, il governo Meloni finora non ne ha azzeccata una. Ciò pur considerando che la questione di per sé è complicatissima.

Vediamola nel merito, sia pure schematicamente:

  1. Il fenomeno delle migrazioni è di dimensioni planetarie. Sono circa trecento milioni le persone che ogni anno, per un motivo o per l’altro, scappano dai propri Paesi e cercano rifugio altrove. Le motivazioni più frequenti, come si sa, sono le guerre, le persecuzioni politiche nei Paesi illiberali, carestie, siccità, fame, ed anche la forza attrattiva esercitata dai Paesi ricchi.
  2. Le coste dell’Italia – unitamente a quelle greche e spagnole – sono l’approdo elettivo dei barconi che trasportano i migranti dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa, ma contrariamente che sulla terraferma, sul mare non è possibile costruire ponti o reticolati di filo spinato. La differenza con le frontiere continentali è abissale, se un migrante non riesce a superare il muro o il filo spinato che separa l’Ungheria dalla Serbia – per dirne una – resta in un campo profughi in condizioni spesso disumane, ma non muore. Il migrante lasciato in mare, se non accolto, annega. Respingere i barconi significa condannare a morte chi si trova a bordo.
  3. I Paesi europei, l’Italia in particolare, sono in vertiginoso calo demografico. Il tasso di fecondità ultimo rilevato nel nostro Paese è di 1,25. Vale a dire che, se non ci fosse lapporto degli immigrati, nel giro di pochi decenni la popolazione italiana sarebbe dimezzata e ancor più invecchiata di quanto già non lo sia oggi. Con tutte le conseguenze facilmente intuibili sul sistema produttivo e sul welfare, a cominciare dalle pensioni, dalla scuola e dalla sanità.
  4. Noi avremmo quindi tutto l’interesse non solo ad accogliere, ma ad incoraggiare l’immigrazione. C’è però una soglia percentuale dei migranti sugli autoctoni oltre la quale si sviluppa tra questi ultimi una reazione di rigetto, fatta di razzismo e di paure securitarie. Superare questa soglia in maniera sconsiderata rischia di scatenare tensioni e violenze incontrollabili tra autoctoni e immigrati. D’altra parte, anche a prescindere dalle preoccupazioni securitarie, i migranti in stragrande maggioranza, per cultura, fede, forma mentis, non sono assimilabili con la bacchetta magica alla cultura del Paese che li accoglie e la convivenza è di per sé problematica.
  5. Il proibizionismo ha sempre alimentato le mafie. Anche oggi, la velleità dei respingimenti indiscriminati genera le mafie degli scafisti. Se c’è una spinta verso l’Europa e non c’è una via legale per arrivarci, ci sarà chi si organizzerà per trasportare illegalmente i richiedenti sulle nostre coste a prezzi spaventosi ed in condizioni bestiali. Quando il migrante arriva in Italia è già sotto il giogo delle mafie degli scafisti e delle conniventi mafie autoctone.
  6. La stragrande maggioranza dei clandestini che sbarcano in Italia non ha alcuna intenzione di restarci, vuole raggiungere i Paesi più ricchi del Centro Europa o il Regno Unito e, in poche settimane, trova pure il modo di arrivarci.
  7. La nostra intelligence ci informa in queste ore che dietro l’impennata sbalorditiva dei flussi migratori di questi ultimi giorni ci sono anche giochi geo-politici. In particolare il Gruppo Wagner di Evgenij Prigožin, che ha preso il controllo di vaste aree dell’Africa sahariana e sub-sahariana, in queste ore starebbe ‘inviando’ sulle nostre coste un numero spropositato di profughi come forma di pressione verso il nostro governo, colpevole ai suoi occhi di sostenere la resistenza ucraina contro gli invasori russi.
  8. A vigilare le nostre coste ci sono tre forze di sicurezza: la Guardia Costiera, la Guardia di Finanza e la Marina Militare. Tra loro non c’è coordinamento degno di questo nome, come hanno impietosamente evidenziato la confusione prima e il rimpallo di responsabilità dopo, in occasione della tragedia di Cutro. Sarebbe perciò utile prendere atto che l’emergenza migranti impone un coordinamento efficace sotto un unico comando.
  9. C’è una contraddizione evidente nell’approccio sovranista al problema. I sovranisti, che arrivano a volte addirittura ad immaginare una Italexit dall’UE, oggi chiedono alla stessa UE, a loro invisa, di farsi carico dei migranti considerandoli una questione tout court europea – come difatti è – non solo italiana.

Tratteggiato lo scenario, sia pure a rapide pennellate, analizziamo ora il Decreto Legge appena varato dal Governo (DL 20 del 10.03.’23). Lo faremo lasciando da parte considerazioni di tipo etico sul comportamento tenuto dal Governo e da singoli suoi ministri – dall’iniziale strafottenza a fronte del naufragio ai tentativi contraddittori di recuperare credibilità, con lo scivolone finale del karaoke a casa Verdini/Salvini – per concentrarci piuttosto sulle disposizioni adottate e chiedendoci se esse sono utili al governo dei flussi migratori.

Dal punto di vista dei princìpi, il tentativo di coniugare la lotta alle mafie scafiste e l’apertura di canali di accesso legali in Italia per i migranti, in numero gestibile per la nostra economia e per la nostra società, è corretto. Vediamo però ora in quali misure puntuali tale approccio si è tradotto.

Nel Capo I del DL, si demanda al Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti tizio caio e sempronio – mi si perdoni la semplificazione per economia di spazio – la definizione delle quote di ingresso dei lavoratori stranieri con cadenze triennali, a partire dal triennio ‘23-’25. Se però ne ravviserà l’opportunità, il Capo del Governo, sentiti di nuovo tizio caio e sempronio, potrà ridefinire le quote. Allo stato attuale quindi nulla viene precisato nel DL sul numero degli immigrati ammissibili nel nostro Paese nel triennio ‘23/’25. Si rinvia al DPCM conseguente. Si precisa comunque che verranno premiati gli ingressi dai Paesi che avranno promosso al loro interno campagne mediatiche volte a rappresentare a chi decide di migrare i rischi per la propria incolumità. Verranno altresì facilitati i permessi di lavoro temporaneo.

Altri articoli del Capo I sono volti a contrastare il caporalato e lo sfruttamento schiavistico di manodopera non regolarizzata in Italia, specie nel settore agricolo.

Il Capo II è dedicato alla prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare. In breve vengono inasprite le pene per gli scafisti, che rischiano sino a trent’anni nel caso di morti per naufragio delle loro imbarcazioni.

Nulla si dice nel DL sull’ineludibile coordinamento delle forze di sicurezza su mare, che alla luce anche delle informative dei nostri Servizi, sarebbe naturale affidare alla Marina Militare. Ciò sia per la circostanza del protagonismo del Gruppo Wagner, sia per esperienza diretta della nostra MM. Vedasi l’encomiabile gestione dell’operazione Mare Nostrum tra il ‘13 ed il ‘14. È appena il caso di aggiungere che, mentre scriviamo, apprendiamo che finalmente il Governo si sta orientando in questa direzione. Vedremo se arriverà fino in fondo, pare che il ministro Salvini stia difendendo l’autonomia della Guardia Costiera afferente al suo ministero.

Resta infine un’ipocrisia di fondo. Va bene facilitare gli ingressi legali ed aumentarne il numero, ma ciò non risolve il problema degli ingressi ‘irregolari’. Parlare di selezione dei flussi nei luoghi di partenza, presuppone che nei Paesi di origine ci sia la possibilità di formalizzare liberamente la propria richiesta di ingresso in Italia e di attendere serenamente ivi la concessione del visto. E come la mettiamo se il migrante è un perseguitato che scappa da una tirannia? Ve le immaginate le donne afghane che si mettono in fila a Kabul per chiedere il visto per l’ingresso regolare in Italia con i talebani che le aiutano a disbrigare la pratica?