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Il golpe bianco di Orbàn

by Luigi Gravagnuolo
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Non prendiamola sotto gamba, la vicenda della sospensione a tempo indeterminato delle regole democratiche in Ungheria non è uno scherzo.

Intanto perché è del tutto evidente che il coronavirus non c’entra, se non fosse che ha creato le condizioni di distrazione globale in cui ha potuto operare il premier ungherese. In realtà l’ultimo rampollo della premiata ditta dei dittatori del vecchio continente preparava questo sbocco da oltre un decennio. Lo ha fatto in tutta tranquillità, mentre l’Unione Europea ogni tanto gli faceva arrivare qualche innocua ammonizione.

Dal 2010, anno del suo terzo insediamento – dopo le esperienze del ’98 e del 2002 – Viktor Orbàn premier e leader del partito Fidesz, Unione Civica Ungherese, emendamento dopo emendamento ha stravolto i diritti costituzionali del popolo magiaro, limitandone progressivamente i diritti civili e la libertà di stampa. Il colpo più rilevante lo ha assestato nel ‘13, con la drastica sottrazione di poteri alla Corte Costituzionale, che da allora non può censurare e tanto meno annullare una legge approvata dai due terzi del Parlamento. In più, tra nazionalizzazioni di settori strategici dell’economia, come la Banca Centrale e rilevanti imprese del settore energetico finite sotto lo stretto controllo del suo partito (cioè suo personale) ed il controllo della fondazione che a sua volta aggrega le proprietà di tutte le testate giornalistiche del Paese, in pratica Orbàn già prima del golpe del 31 marzo scorso, quando una maggioranza di 137 voti contro 53 in Parlamento ha decretato la fine della democrazia, era padrone assoluto di tutte le leve del potere.

Perché non va preso sottogamba? Innanzitutto, perché la vicenda magiara dimostra al mondo intero l’inconsistenza dell’Unione Europea, già evidenziatasi nella gestione del contagio da Coronavirus. Quale forza contrattuale potrà avere verso la Cina, la Russia e gli USA una UE che ha appena perso il Regno Unito, si è sbrindellata sotto i colpi della prima grande crisi sanitaria da cento anni a questa parte e non riesce a far rispettare le sue regole ai suoi paesi membri? E non è che in Polonia le cose vadano granché meglio. Anche lì il partito al potere esprime un leader, Jaroslaw Kaszynsky, di dubbia cultura democratica e manifesta sempre più evidenti insofferenze verso le ingerenze dell’UE nella sua vita politica interna, vale a dire verso le sue leggi liberticide.

Aspiranti dittatori che dispongono di un consenso popolare quasi plebiscitario, vi ricorda qualcuno e qualcosa del secolo scorso? Quei tiranni, quelli del secolo scorso, trascinarono prima l’Europa poi il mondo interno in una guerra terrificante. Non ci si consoli con la storiella che la storia non si ripete. Si ripete quando la si dimentica, checché ne dica l’ottimo Bruno Vespa.

Vale perciò la pena, in conclusione, di dare uno sguardo a volo d’uccello sulla collocazione geo-politica dell’Ungheria. È noto come essa sia il Paese guida del cosiddetto Gruppo di Visegràd, di cui, oltre ad essa, fanno parte la Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Non hanno molte cose in comune, basti pensare alla Slovacchia che fa parte dell’Eurogruppo ed è molto ben integrata nell’economia dell’area germanica mentre gli altri tre Stati non hanno aderito alla moneta unica. Ciò che più di tutto li tiene insieme è il timore di perdere la propria sovranità finendo di nuovo sotto l’egida della Russia. Non a caso questi quattro Paesi sono entrati nella UE nello stesso anno, il 2004, in cui hanno aderito alla NATO, ombrello e scudo contro l’ingerenza russa.

Che l’orso russo non sia innocuo lo dimostra in modo lampante la vicenda ucraina. La NATO offre loro protezione militare e l’UE sponda economica. Però attenzione, questi Paesi hanno subito il dominio russo-sovietico dal secondo dopoguerra alla caduta del muro di Berlino, vero, ma prima hanno sentito l’asprezza del dominio tedesco di Hitler. Hanno dunque aderito all’UE sì per tutelarsi dalle mire russe, ma si guardano bene dal rischio di finire sotto l’egemonia tedesca.

Il loro sovranismo sta tutto qui, altro che quello della Le Pen o di Salvini o dell’AfD tedesca! Quando, lo scorso anno, dopo le elezioni europee, i sovranisti dell’Europa Occidentale hanno cercato di coinvolgerli per far saltare il banco nel Parlamento Europeo, il buon Orbàn ci ha messo un attimo a mollarli e ad aderire al PPE.

In questa orgogliosa rivendicazione della propria sovranità nazionale sta anche il consenso espresso dai popoli di Visegràd nei confronti dei loro leader. Con l’aggiunta di una terza minaccia, specifica per l’Ungheria, da secoli in guardia contro la minaccia ottomana. Mica è una bizzarria se Orbàn ha fatto costruire un muro di ferro spinato ai confini con la Serbia paventando ai suoi connazionali la paura di una islamizzazione progressiva del Paese!

Non solo. In Ungheria il 6% circa della popolazione, tra le cinquecento e le seicentomila persone, è di etnia Rom, di mai raggiunta integrazione sociale e culturale col resto dei cittadini ed Orbàn si erge a difensore della gente contro i Rom predatori.

Ma torniamo al pericolo che incombe sull’Europa. Il Trattato di Trianon, 1920, con cui si delimitarono i confini dell’Europa centro-orientale dopo la Prima guerra mondiale, tenne fuori dai confini dell’Ungheria sconfitta circa un milione di magiari, che ora vivono tra Serbia, Romania. Ucraina e Slovacchia. Il popolo ungherese non ha mai nascosto le sue aspirazioni alla riunificazione delle terre magiare. Vi ricordate come scoppiò la Seconda guerra mondiale? Con l’Anschluss e la volontà di Hitler di riunificare le popolazioni germanofone che vivevano, oltre che in Austria, nei Carpazi, in Boemia, in Polonia ed in altri paesi baltici e centro orientali. Dopo l’Anschluss attaccò la Cecoslovacchia. Mussolini e Chamberlain si precipitarono a convocare la Conferenza di Monaco nella convinzione che lo avrebbero frenato, ma ci arrivarono senza alcuna determinazione. E fu la guerra.