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Il significante e il significato

by Flavio Cioffi
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Senza scomodare Saussure e la linguistica, i suoni di Peppe Barra richiamano mille significati. Atmosfere, sensazioni, emozioni, in un legame istintivo tra il soggetto e la lingua.

Non solo parole. Sguardi, ammiccamenti, sorrisi (che sorriso meraviglioso ha), immagini. Grida improvvise, battute, mormorii, fragorose risate. Canzoni. Dialoghi col pubblico. Autoironia sorniona. Mestiere e sincera empatia. Lingua napoletana, bella, classica, lineare. Mimica facciale che detta il ritmo. Senza bacchetta, con gli occhi e la bocca. Le espressioni. Di nuovo le immagini. E la musica.

Un significante complesso, articolato, forse completo, strumentale ad un significato sostanzialmente rassicurante aldilà dello specifico del racconto. Un misto di cinismo, fatalismo, esperienza, crudezza. Allegria e amarezza, violenza e dolcezza, amore, sesso, rabbia, ironia. Divertimento. Il vero, sempre raggiunto, obiettivo.

La rissa tra la matrigna e le lavandaie nella Gatta Cenerentola, nella sua interpretazione, al netto di Basile e De Simone (nessuno ce ne voglia), ne è la sintesi perfetta. Immagine acustica e concetto espresso fusi inestricabilmente, senza possibilità di sicura demarcazione, neanche tra palcoscenico e platea, tra attori e pubblico.

Un sontuoso Peppe Barra ha ricreato queste suggestioni esibendosi giorni fa nei giardini del Museo di Capodimonte.

Non avevo mai sentito l’omaggio a Bob Marley sulle note di No Woman, No Cry. Trascinante. Deliziosa la sua pansé. Intelligente e divertentissima la cacata innamorata dell’Idillio ‘e merda. Da applausi a scena aperta la Tammurriata Nera finale.

Solo per citarne alcune e tacendo di lazzi, frizzi, scambi di battute col pubblico e musicisti bravissimi.

Si riusciva quasi ad ignorare gli aerei a bassa quota e persino il mio vicino di sedia, che accompagnava il maestro nel canto. Oh, non ha saltato una canzone. Ma era così che lo spettacolo andava seguito.

Alla fine, la soddisfazione di essere venuti e il dispiacere di dover andar via.

Non credo esista attestato di stima e di affetto più vero.

Peppe, quant si bell.

di Flavio Cioffi