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Immigrazione e sicurezza in Campania, con l’assessore Morcone

by Flavio Cioffi
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Mario Morcone è l’assessore alla sicurezza, legalità e immigrazione della Regione Campania. Abbiamo voluto incontrarlo a un paio di giorni dallo sbarco dei migranti della Sea Eye 4 nel porto di Napoli.

Perché Napoli?

La scelta della Campania è stata determinata dalle condizioni dell’Adriatico, assolutamente non praticabile. Salerno era già stata impegnata, quindi Napoli. Se poi mi chiede un parere personale, è chiaro che non condivido la posizione del Decreto Legge in discussione in Parlamento sulle Ong. Se però questo è il prezzo da pagare per non restringere ulteriormente gli spazi dell’accoglienza dei migranti, ce ne faremo una ragione. Se mostrare la faccia dura alle Ong è un modo per mantenere una bandiera senza andare per questo a toccare la legislazione che riguarda l’accoglienza in Italia, è una magra consolazione ma comunque una consolazione.

Napoli è stata accogliente?

Napoli è sempre stata accogliente, in questa come in occasioni precedenti, indipendentemente dalla responsabilità politica al Comune o alla Regione. L’abbiamo visto in tantissime occasioni e da ultimo con gli Ucraini. Siamo molto orgogliosi di come sono stati accolti, e sono stati tanti, a Napoli e in tutta la nostra regione. Quindi da questo punto di vista nessun problema. Ma nessun problema complessivamente in Italia. Perché anche se i numeri cominciano ad essere alti, siamo un Paese di 56 milioni di abitanti che può accogliere le migliaia di persone che arrivano. Peraltro, ne abbiamo anche bisogno. La partita è un’altra, trasformare tutto questo da difficoltà in opportunità.

Le Regioni in questo possono essere protagoniste.

Si, ma c’è un livello nazionale che comunque ci deve aiutare. Dando i permessi di soggiorno in tempi civili, dando la possibilità del riconoscimento della protezione internazionale dove questo è giusto e necessario. Spero che il Ministro dell’interno tenga fede alle dichiarazioni dei primi giorni, immaginando anche dei flussi legali di ingresso in Italia. Perché oggi non è possibile venire legalmente a lavorare in questo Paese, a meno che non sei un ingegnere indiano che deve andare a Leonardo, le cosiddette high skill. Ma un operaio, un lavoratore in agricoltura o nel settore turistico, di cui abbiamo assoluto bisogno, non può venire. Almeno, quelli che abbiamo formiamoli. Mettiamoli in condizione di darci una mano e di essere protagonisti del rilancio di questo Paese.

Ma, secondo lei, è vero che il Governo sta piazzando i nuovi arrivi nelle Regioni governate dalla sinistra?

No, sinceramente no. Io credo che si tenga fede ad un criterio particolarmente indovinato e saggio del passato, quello cioè di un’equa distribuzione in tutte le regioni italiane. Piccoli numeri, compatibili con le realtà nelle quali vengono collocati, assicura un miglior controllo sociale, un percorso di integrazione e di inclusione più rapido e più accettato dalla popolazione. Fare grandi centri significa costruire il conflitto.

Lei prima ha accennato agli Ucraini, continuano ad arrivare?

No. In questo periodo c’è piuttosto uno scambio continuo, tra chi cerca di ritornare al proprio Paese, perché magari immagina che nella zona in cui abitava la situazione può essere ritornata vivibile, e chi invece scappa per salvarsi. Non abbiamo adesso incrementi di presenze ucraine rispetto al passato, quando sono state davvero tante.

Sicurezza. Tre criticità sul territorio regionale.

Un tema molto sentito è quello delle baby gang, che allarmano molto e sono oggettivamente un fatto odioso. E’ un fenomeno però di tante grandi città, a Milano e Torino come a Londra anziché a Parigi. Questo naturalmente non ci accontenta. Il percorso per evitare questi fenomeni non può che essere il contrasto forte, concreto, non a parole, non retorico, alla dispersione scolastica. Con percorsi di inclusione che offrano occasioni anche di sport. Penso alla bellissima occasione che hanno costruito gli amici della Polizia di Stato per i ragazzi del Rione Sanità, come a tante altre realtà.

Come l’insegnamento del tiro a segno a scuola?

Noo, per l’amor di Dio, quella è veramente una follia. Ma credo che sia stato immediatamente compreso che era una gaffe da cui tirarsi indietro rapidamente.

Seconda criticità.

Il contrasto alla criminalità organizzata. Prima ancora che con l’arresto del latitante, con le misure di prevenzione, quindi con l’acquisizione di patrimoni accumulati illecitamente. Il riutilizzo e la valorizzazione di questi beni è davvero un modo per dimostrare che ci riappropriamo del territorio e che queste persone non contano più nulla dove, prima, magari avevano la pretesa di comandare.

La terza grande questione, che davvero è la più subdola, è l’usura. Nonostante ci siano strumenti che in altri Paesi non ci sono, c’è una sorta di disvalore sociale percepito dagli usurati, i quali non denunciano e non aiutano e né si rivolgono alle pur tante organizzazioni di volontariato che si occupano di contrasto all’usura. Penso alle due più grandi, FAI e SOS Impresa, che offrono qualche via d’uscita. E allora il caso scoppia solo quando hai davvero il cappio alla gola ed è troppo tardi.

Come sono davvero i rapporti tra Regione e Comune di Napoli?

Onestamente credo che ci sia molto interesse da parte della comunicazione a fare il titolo sulle difficoltà tra il Comune e la Regione. In realtà posso dire che la Regione Campania, per quanto può, è a fianco del Comune di Napoli che, dopo dieci anni di sfascio, ha un’amministrazione che sta facendo ogni sforzo per rimettere in corsa una città meravigliosa. Detto questo, poi naturalmente nella vita contano anche i caratteri e gli approcci delle singole persone. Quindi posso comprendere che, magari, un atteggiamento un po’ aspro del presidente De Luca può essere inteso in maniera distorta. Ma le posso assicurare che, aldilà degli atteggiamenti o delle risposte che possono apparire antipatiche, la sostanza dei rapporti è buona ed è fortemente cooperativa.

Su cosa si concentrerà il suo Assessorato da qui alla fine della legislatura?

In particolare sui beni confiscati. Perché riteniamo, orgogliosamente, di essere leader in Italia nel riuso di tali beni e abbiamo in provincia di Caserta, e non solo, esperienze meravigliose al riguardo. Il tema del riuso dei beni non riguarda soltanto l’aiuto ai più fragili, ma è una leva economica importante sotto il profilo dei posti di lavoro e dell’innovazione e questo è un tema sul quale io sono proprio pancia a terra. Il 21 e il 22 di aprile avremo il secondo Forum nazionale del riuso e della valorizzazione dei beni confiscati, dopo il successo di quello dello scorso anno. Non è solo un convegno. E’ un’esposizione, una sorta di salone delle buone pratiche, che possono essere utili anche ad altre Regioni per trovare la spinta, le idee, la voglia di andare avanti.

Ma quali sono i veri problemi al riutilizzo dei beni confiscati?

Ci sono Comuni piccoli che fanno fatica, non hanno ufficio tecnico, non hanno polizia locale, hanno i servizi ridotti da anni di tagli orizzontali alla spesa pubblica, e quindi deve intervenire la Regione a supporto. E’ uno dei temi che tratteremo al Forum. Poi ci sono i Sindaci che questa cosa non la vogliono fare perché ritengono di averne un danno di carattere elettorale, diciamo le cose come stanno. Ma questi Sindaci devono stare attenti, perché lo scioglimento per infiltrazione mafiosa è sempre dietro l’angolo e la Campania da questo punto di vista ha delle realtà importanti in mano ai Commissari. Penso a Torre Annunziata, penso a Castellammare, penso a Marano sciolto quattro volte. Poi c’è probabilmente, nel Comune piccolo piccolo, anche magari una preoccupazione personale, qualcuno che teme delle reazioni.

Ultima domanda, De Luca lo farà il terzo mandato?

Questa è una questione che attiene solo al Presidente e lo valuterà lui e valuterà anche il tema della legittimità di un terzo mandato, oltre che della praticabilità politica. Per quanto mi riguarda la questione davvero non mi appartiene. Tengo solo a dire che se l’hanno fatto in altre Regioni non si capisce bene perché noi non dovremmo farlo. C’è un problema vero, lo dico da napoletano, trovo fastidioso questo atteggiamento della buona borghesia napoletana nei confronti della Regione e delle sue politiche. Dovrebbe essere più generosa con la città e con il suo territorio. Invece è molto chiusa nelle proprie antiche prerogative ed è infastidita da una Regione che evidentemente non sentono rappresentarli pienamente.

Forse per un eccesso di “salernitanità”?

Forse è vero, forse qualche volta il Presidente nel cercare le persone di cui ha fiducia chiaramente ne conosce di più in provincia di Salerno che in provincia di Napoli. Forse questo gioca, non saprei. Però certamente percepisco il fastidio della borghesia napoletana, la borghesia intellettuale, quella che dovrebbe essere il traino della città e finisce invece per esserne il freno, perché si tira indietro ed ha un atteggiamento di distanza.