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600 euro: l’INPS in tilt. Dilettanti

by Luca Rampazzo
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INPS in tilt Tridico

Pasquale Tridico, 45 anni, professore all’Università Roma Tre in Politiche Economiche, è da un anno presidente dell’INPS. Vorremmo dire di più del suo curriculum, ma a parte un paio di pubblicazioni, non c’è molto da dire. Ieri una cosa doveva fare: consentire a 5 milioni di partite Iva di fare domanda per i 600 euro stanziati dal Governo. Non ci è riuscito.

La corsa all’oro.

Quello di ieri sarebbe dovuto essere un click day. Ovvero una giornata in cui si assegnavano i posti nella graduatoria di chi riceverà prima i famosi 600 euro per le partite IVA, in base all’ordine di iscrizione al sito INPS. In una nota del 31 marzo, l’Istituto precisa che non ci sarebbe stato nessun click day. Però nel testo del DL Cura Italia è precisamente riportato che i fondi disponibili non verranno integrati qualora la platea delle domande superi il denaro stanziato. Quindi, che lo si chiami all’inglese o all’italiana (bando a sportello), il risultato parrebbe non cambiare: salva la possibilità di decidere criteri differenti da quello cronologico (che nessuno ha attivato), chi primo arriva meglio alloggia.

Tanto che la stessa INPS, a poche ore dall’inizio delle operazioni, lo aveva ricordato in una pagina del proprio sito. Prontamente tolta. Ma comunque troppo tardi, la notizia era già sui principali quotidiani nazionali. Era quindi assolutamente prevedibile l’assalto alla pagina web. E non lo era, a scanso di equivoci, solo poche ore prima. Era prevedibile, immaginabile e chiaro già il giorno dopo l’annuncio del Decreto-Legge. Quindi, se teniamo buona la data di pubblicazione in Gazzetta (ma dovremmo retrocedere nel tempo di almeno una settimana), il 17 marzo. Sono 14 giorni. In 14 giorni il team informatico dell’INPS non è riuscito a prepararsi per la giornata di ieri.

Un team privato esterno. All’interno dell’immensa struttura del principale Ente previdenziale italiano non esiste, evidentemente, la possibilità di una struttura che curi questa materia, che sarà certamente il futuro dell’Istituto.

Ci hanno hackerato.

Cosa è successo, dunque? La parola alla difesa (come riportata dall’Adnkronos): “Abbiamo ricevuto nei giorni scorsi e anche stamattina violenti attacchi hacker”. E’ il presidente dell’Inps, spiegando che è stato necessario “sospendere temporaneamente il sito” dell’Istituto. Tridico spiega “ciò che in questi giorni non ho potuto dire per ragioni di sicurezza: cioè che abbiamo ricevuto nei giorni scorsi e anche stamattina violenti attacchi hacker. Ovviamente nei giorni scorsi abbiamo informato le autorità di sicurezza nazionale, polizia e ministri vigilanti“.

Ammettiamo sia tutto vero, solo per un istante. L’INPS sa da SETTIMANE che il sito è un bersaglio potenziale, sa che lo stanno attaccando e sa che rischiano di entrare. Sa, inoltre, che arriverà un afflusso straordinario di persone, quindi le normali misure di sicurezza potrebbero non bastare. E tutto ciò innestato sopra dei problemi atavici a gestire i flussi. Cosa fa, quindi? Nulla. Una denuncia alla Polizia Postale, la quale starà presumibilmente indagando. Non avvisa il governo che l’INPS non ha un sito sicuro dove far pervenire le domande. Non chiede che siano concessi tempi più lunghi.

Peraltro, in questo quadro, ci si mette anche la diffusione di una serie di informazioni riservate di una ventina di lavoratori autonomi. I quali, a quanto ci risulta, hanno avuto solo la sfortuna di tentare di entrare al momento sbagliato. Questo, peraltro, da solo basterebbe a smentire l’attacco hacker: non sono stati compromessi tutti i profili. Ma venti presi a caso. Nessun hacker lavora così.

Ovviamente, nessuno crede alla storia degli attacchi degli hacker. Nemmeno gli hacker stessi, come si legge in un tweet del profilo Anonymous Italia. Certo, non tutti gli hacker rispondono a loro, ma qualcosa vuol dire. È successa la cosa più banale del mondo: l’intensità del traffico era troppa e il sito non ha retto. Fine.

In piena crisi, al cospetto di una Nazione che sta dimostrando una mirabile disciplina nel sostenere sacrifici enormi, arrivando perfino a quelli alimentari, questo è il contributo dell’INPS? Non è il momento dei dilettanti. Forse è quello delle dimissioni.