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La pace è rispetto dell’altro e delle sue idee

non ci sono popoli votati alla guerra

by Giovanni Squame
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Foto by Azione Cattolica Italiana

 

La pace non è solo assenza di guerra. È benessere interiore, è cordialità con gli interlocutori, è rispetto dell’altro e delle sue idee. È stare bene con se stessi, è altra cosa dal rancore. La pace è una condizione di assoluto benessere che l’altro percepisce ed apprezza. La pace è la cordialità dei rapporti umani.

Poi c’è la pace come condizione di assenza di conflitti tra gli Stati e di rapporti di cooperazione finalizzati al miglioramento della vita degli abitanti. La condizione di assenza di conflitti favorisce il progresso civile e culturale della nazione. Moltiplica i luoghi della formazione e dell’educazione dei giovani. Aiuta nella consapevolezza delle difficoltà della vita e la serenità nell’approccio, evita momenti di disperazione e di incertezza sul da farsi.

La pace è la serenità nei comportamenti, è la tranquillità del proprio agire. La pace è la condizione essenziale che evita la guerra. Questa è una patologia cancerosa che va combattuta, eliminata, estirpata. Non ci sono popoli votati alla guerra, ma ci sono pochi personaggi che esercitano potere e che lo spendono in malo modo abbracciando la guerra come strumento risolutivo delle contraddizioni. Malattie patologiche di esseri votati alla sete di conquista, incuranti del male di una condizione conflittuale.

Guerra come gioco d’azzardo in menti patologicamente non sane. Guerra come conquista di territori per soddisfare le proprie pretese egemoniche. Ma la guerra può essere sconfitta dalla pace, una condizione che favorisce ricchezza culturale e progresso civile

Guerra è distruzione, morte, rancore, desiderio di vendetta. Guerra richiama guerra in un vortice che può diventare infinito e tragico. No, la pace deve trovare la testardaggine del suo affermarsi, deve contare sui suoi cultori che la divulgano, la insegnano, la promuovono. La pace è il bene supremo da evocare ed invocare in ogni circostanza.

Le autorità religiose la invocano costantemente e così pure quelle civili più responsabili. C’è piena consapevolezza che una diversa condizione, non di pace, può portare con sé dolore e morte. Morte fisica e morte nell’anima. Una condizione di prostrazione personale che uccide e lascia profonde ferite dentro. Il bene della pace personale e collettiva è conquista giornaliera.

C’è chi invece mantiene dentro di sé prevalente il sentimento di guerra che emerge prepotente, occultando in fondo alla propria coscienza quello della pace. E assume iniziative e comportamenti votati al conflitto e alla contrapposizione violenta. La guerra come strumento di sopraffazione e spirito di potenza. Disastri di pochi che coinvolgono tanti, malgrado il loro netto rifiuto della violenza.

 

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