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La sinistra di fronte all’Islam

by Bruno Gravagnuolo
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Bouamel Sansal, autore di “2084”, è uno scrittore distopico algerino. Alla Orwell. Perseguitato dagli islamisti, è di cultura islamica, ma laica ed occidentalista. Tutto sommato un infedele, visto dai credenti ortodossi. Intervistato dal Foglio il 12 dicembre dice due cose interessanti sul pericolo islamico nel mondo, una falsa e una vera a mio avviso.

Cominciamo da quella vera: il pericolo globale dell’islamismo radicale, dell’islamo-fascismo esiste eccome. Esso ha una struttura militare clandestina e combattente ed è aiutato in modo semiufficiale da alcuni Emirati e dall’Iran sciita. Hamas, Califfato, Al Qaida ne sono e ne sono stati l’espressione. È la punta di diamante salafita di un progetto di rovesciamento dell’ordine mondiale nel segno dell’islamizzazione e del Corano accolto alla lettera, e non storicizzato come accade oggi a noi Cristiani dopo l’Illuminismo, con la Bibbia di fatto non meno crudele del Corano, se presa letteralmente. Dio degli eserciti, Sodoma, stragi, cataclismi e punizioni divine, etc. Tale progetto islamo-fascista potenzialmente punta su due miliardi di ‘dannati della terra’ – Africa e Medioriente – ed è in parte appoggiato in chiave tattica e moderata dalle élite ricche di queste masse con il commercio, lo sport, la finanza, le materie prime.

Crimine e legalità si intrecciano in questa insorgenza composita di ex subalterni che trovano nell’Islam radicale o moderato una via di espansione e riscatto. Resta aperta la partita, in tutto questo, tra purezza radicale e contaminazione laica e occorre stare molto attenti – a differenza del catastrofismo di Sansal – a distinguere tra versioni diverse dell’Islam per evitare di acuire il radicalismo con il razzismo radicale occidentalista e fobico.

Tuttavia la sfida all’Occidente c’è, potenziata com’è dalla tendenza all’allargamento Euro-NATO, che ha spinto gli Arabi e i Musulmani tra i Brics con Cina e Russia. Dunque fin qui l’allarme di Sansal ha un senso, depurato dagli eccessi, favoriti anche dalla persecuzione che minaccia lo scrittore.

Ma c’è anche una cosa totalmente infondata che Sansal dice al Foglio: “La sinistra europea definisce barbarica Hamas e barbarica l’occupazione israeliana“. Il che sarebbe una contraddizione. Ma non è affatto così, le cose si tengono perfettamente. Anzi si richiamano a vicenda. È del tutto evidente che la violenza inflitta ai palestinesi si tramuti in orrore e vendetta, in una catena incontrollata. Senza fine.

Altro grossolano errore di Sansal: “la sinistra ha perso la base intellettuale e proletaria che è smottata verso il terrorismo di Hamas“. No, semmai è il contrario. Lo smottamento ha prodotto una migrazione verso occidentalismo e islamofobia. Spostamento quindi a destra fin qui. Mentre solo oggi la sinistra comincia a capire la gabbia in cui si è cacciata con la subalternità a Euro-NATO dopo il 1989, e solo una minoranza altresì esigua si lascia lambire da antisionismo antisemita antigiudaico. Nondimeno, al netto dello schematismo di Sansal, resta però il problema dello ‘smottamento’ socioculturale della sinistra, di cui egli parla, al contempo attaccando il mito dell’appartenenza. Di ogni appartenenza, anche laica. Contrapponendovi “il perdono e l’accoglienza tra individui, nel segno di Papa Francesco“.

Ora a parte che Francesco parla anche di Popoli, Stati e Umanità, ecco ancora due obiezioni a Sansal.

La prima: lo smottamento dovuto a processi di liofilizzazione del lavoro non cancella il contrasto di classe e le ineguaglianze. Anzi!

La seconda obiezione: a fronte di attori fortissimi e coesi – destra, Islam radicale, capitalismo globale, media, sovranismi – è assolutamente indispensabile ricostruire una sinistra di massa nazionale e internazionale con le sue bandiere e le sue effigi. L’individuo solidale che perdona resta infatti una foglia al vento. Stritolato dal corso del mondo. Senza una comunità politica identitaria di ideali e di destino.

Ma questo non riguarda solo la sinistra. Ci vogliono partiti-comunità, siano essi di destra, di centro o di sinistra, poiché solo un’appartenenza laica può rafforzare politica e rappresentanza e porre un argine a bisogni identitari frantumati dalla società precaria, mediatica e liquida, per dirla con Zygmunt Bauman.