Sono le battute conclusive della conversazione tra l’economista francese Thomas Piketty e il filosofo statunitense Michael Sandel alla ‘Paris School of Economics’ del maggio dello scorso anno. Sandel, che aveva introdotto la discussione proponendo di indagare il significato di ‘uguaglianza’, chiedendo perché la disuguaglianza fosse importante, propone – conclusivamente – una rilettura attuale di una pagina famosa del ‘Discorso sull’origine della disuguaglianza tra gli uomini’ di Jean-Jacques Rousseau, sulla quale conviene lo stesso Piketty.
«Michael Sandel: Per tirare le fila di questo nostro dialogo, ho scelto un passaggio del saggio di Jean-Jacques Rousseau sulle origini della disuguaglianza. Si inserisce in uno dei temi che hanno attraversato la nostra conversazione, perché all’inizio Rousseau sembra individuare, tra le origini della disuguaglianza, l’invenzione della proprietà privata. Poi però spiega che persino quell’invenzione è stata possibile soltanto grazie a un cambiamento di atteggiamento che ha a che vedere con il modo in cui ci riconosciamo e ci guardiamo l’un l’altro. Vorrei quindi leggerti questo brano e vedere se anche tu lo interpreti così.
Si comincia con il resoconto della proprietà sull’origine della disuguaglianza: “Il primo uomo che avendo recintato di siepi un terreno, pensò di dire: ‘Questo è mio’, e che trovò persone tanto semplici per crederlo, fu il vero fondatore della civile società”. E poi Rousseau continua: “Quanti delitti, guerre, omicidi, miserie ed orrori” si sarebbero potuti risparmiare se qualcuno avesse “sradicato i pali… (e) gridato ai suoi simili: ‘Guardatevi dal prestar orecchio a questo impostore, voi siete perduti se vi scordate che i frutti sono di tutti noi e che la terra non è di alcuno’”.
Il che è di per sé molto potente. Poi però Rousseau aggiunge quanto segue: “Questa idea della proprietà” deriva “da molte altre idee anteriori”, da una “lenta successione di avvenimenti e di cognizioni”. (Rousseau parla in modo ironico quando le chiama ‘cognizioni’ perché, ricordiamolo, per lui la civiltà costituisce una sorta di corruzione.) Egli immagina uno stato primitivo dell’umanità in cui le persone non erano coscienti di sé e non si confrontavano. Poi, col tempo, cominciarono a riunirsi intorno a un grande albero, cantando e ballando: “Ciascuno cominciò ad osservare gli altri, e a voler essere guardato egli stesso; e la pubblica stima ebbe un prezzo. Quello che meglio cantava, o ballava, il più bello, il più forte, il più agile, il più eloquente, divenne il più considerato”. Questa competizione per l’onore e il riconoscimento, dice Rousseau, “fu il primo passo verso l’ineguaglianza”. Pensi che avesse ragione?
Thomas Piketty: “Una cosa su cui Rousseau… è molto chiaro è che il problema non è tanto il recinto iniziale e il pezzo di proprietà privata, quanto l’accumulo di proprietà senza limiti. E questa è anche la visione che sto cercando di sviluppare. Il problema non sono le persone che possiedono una casa o un’automobile. Il problema è l’incredibile concentrazione di proprietà in poche mani, che si accompagna alla concentrazione di potere. Alcune persone hanno molto potere, altre non hanno alcun controllo.
Quindi, la ricchezza e la proprietà non riguardano soltanto il denaro. Riguardano il potere di contrattazione che tu hai nei confronti della tua vita e del resto della società. Quando non possiedi nulla o quando hai soltanto debiti… sei costretto ad accettare qualsiasi condizione lavorativa, qualsiasi salario, perché devi pagare l’affitto. Se hai una famiglia, devi mantenerla”.»
Thomas Piketty – Michael J. Sandel, Uguaglianza. Che cosa significa e perché è importante.