Franco Vittoria è docente di Istituzioni politiche all’università Federico II di Napoli. Il libro “affronta l’opera della ricostruzione ‘ideologica’ del cattolicesimo, dove emerge la figura dell’intellettuale francese Jacques Maritain. Con il pensatore francese termina l’assioma ‘cattolicesimo uguale a conservazione’ e si inizia a ragionare elaborando una nuova idea di ‘cristianità politica’, che incrocia l’enciclica di Leone XIII ‘Rerum novarum’, promulgata il 15 maggio 1891 da papa Leone XIII, e nella quale prende forma una nuova rappresentanza per i cattolici che sfocerà nella fondazione del Partito popolare.
«Con l’enciclica Rerum novarum prende forma per i cattolici impegnati in politica una nuova forma di rappresentanza per i militanti della “nuova cristianità”. Fondamentale è il pontificato di Leone XIII, il suo interesse per gli studi sociali sono un viatico per “riorganizzare” una nuova missione dei cattolici che guardano con una nuova dimensione alla vicenda operaia… Nella successiva enciclica Quod apostolici muneris del 28 dicembre 1878, Leone XIII si “oppone” alle teorie del socialismo e del nichilismo poggiando sulla sapienza cattolica.
La Chiesa, affermò Leone XIII, riconosce che nel possesso dei beni c’è disuguaglianza tra gli uomini e aggiunge che il papa non può dimenticare la causa dei poveri. Il pontificato di Leone XIII guarda con grande interesse a come elevare la causa dei poveri a nuova missione della Chiesa, costruendo case ed ospedali per avere la massima cura di questa nuova cristianità. È un tempo nuovo quello che disegna il pontificato di Leone XIII. “Le critiche dei padri gesuiti – osserva Gabriele De Rosa – e le encicliche leoniane sulla questione operaia, astrattamente considerate, appaiono inadeguate a risolvere i problemi della miseria e dell’emancipazione operaia sollevati dall’individualismo moderno e dallo svolgimento di un’economia privatistica fondata sulla legge del profitto. In effetti quelle critiche non rappresentarono in sé un manifesto, un programma economico; non pretesero di essere un formulario di scienza economico-sociale. La loro forza stava nella premessa, cioè nella condanna della pregiudiziale privatistica e borghese come criterio assoluto del fenomeno economico, stava nella denuncia del divorzio che la “rivoluzione liberale” aveva operato tra città e campagna, tra economia e legge morale, tra società civile e religiosa, stava nel rifiuto del lavoro come merce, come condanna della vita dell’uomo alla schiavitù della macchina e dei processi accumulativi dell’economia borghese. Il socialismo e il nichilismo non erano “mali in sé”, ma “mali” nati dalla borghesia, che aveva sottratto alla Chiesa le grandi masse operaie, masse che però ora i governi non riuscivano più a controllare e a contenere. Il papa invece dava rimedio a questo “male”, il ritorno tutto intero, integrale della società, nei suoi servizi e nei suoi specifici attributi moderni, sotto la tutela della Chiesa”. “Rispetto anzi a questi fenomeni, allo stato della questione sociale, l’enciclica arrivò con ritardo: ben quarantatré anni dopo il Manifesto di Marx, e quando lo sviluppo delle dottrine e delle organizzazioni socialistiche, specialmente in Francia e in Germania, era ormai avanzatissimo”.»
Franco Vittoria, I cattolici e la questione politica.