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Le spedizioni transfrontaliere (lecite ed illecite) di rifiuti e l’impegno dell’ARPAC

by Stefano Sorvino
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L’Autore è Direttore Generale ARPAC

 

Una recente vicenda di cronaca giudiziaria, che ha avuto il suo epicentro tra la Campania e la Tunisia, richiama l’attenzione sul rilievo attuale ed aggiornato della problematica dei trasporti transfrontalieri di rifiuti e sulle conseguenti misure di controllo e contrasto dei gravi e frequenti traffici illeciti.

Nel passato meno recente, nella fase ancora embrionale del diritto dell’ambiente, una importante casistica di inquinamento tra le frontiere degli Stati era costituita dal traffico lucroso ed abbondante – più o meno clandestino – di rifiuti pericolosi e nocivi lungo la direttrice Nord-Sud del mondo, e cioè dai Paesi più industrializzati dell’Occidente verso quelli in via di sviluppo (in particolare africani). L’incivile fenomeno di sfruttamento ambientale è stato poi, negli ultimi tre decenni, fortemente contenuto dalle sopravvenute regolamentazioni di diritto internazionale e comunitario, a partire dalla stipula nel marzo 1989 della Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti e del loro smaltimento.

La storica Convenzione non sancisce un bando totale degli spostamenti di rifiuti attraverso i confini statali ma si pone piuttosto l’obiettivo di ridurli progressivamente in attuazione del principio di prossimità e, soprattutto, di renderli compatibili con la primaria esigenza di protezione dell’ambiente e della salute, affermando tra l’altro il diritto sovrano degli Stati di impedirne l’importazione forzata nel proprio territorio. L’accordo di Basilea tutela, infatti, le funzioni sovrane degli Stati contraenti nelle determinazioni circa il trasporto transnazionale dei rifiuti prevedendo, in particolare, l’obbligo del Paese esportatore di provvedere tempestivamente alla loro reimportazione ove motivatamente richiesto dallo Stato importatore.

Alla disciplina internazionale di base hanno fatto seguito le normative comunitarie, dal Regolamento CEE n. 259/1993 al vigente e più aggiornato n. 1013/2006, che disciplina all’attualità i procedimenti relativi alle spedizioni transfrontaliere, con una regolamentazione poi recepita in ambito nazionale dal D.lgs.  152/06 (T.U.A o Codice dell’Ambiente), in particolare dal vigente art. 194. Essa si basa su un procedimento di verifica della natura e portata delle esportazioni, con una comunicazione che l’esportatore/notificatore è tenuto ad inviare all’Autorità competente (Regione), che la trasmette all’Autorità di transito (Ministero dell’Ambiente) ed a quelle di destinazione (dello Stato importatore), le quali – in base a quanto documentato – formulano preventivo assenso scritto alla spedizione. La norma prevede anche le garanzie finanziarie (fideiussioni) da prestare e definisce le fattispecie che si pongono in violazione di quanto regolamentato, e cioè le spedizioni illegali di rifiuti.

A livello nazionale nel 2017, al fine di prevenire i traffici illegali, è stato pubblicato il Piano nazionale delle ispezioni, che puntualizza i compiti delle varie autorità competenti, a cui ha fatto seguito l’introduzione di un Sistema informatico di raccolta dati (SISPED) organizzato agli stessi fini ispettivi.

Il fenomeno dei trasporti illeciti, in origine selvaggio e devastante ma poi contenuto dalle discipline internazionali ed europee, è tornato di preoccupante attualità e pericolosità per i grandi volumi ed interessi che lo caratterizzano – rispetto alle attuali condizioni e dinamiche di mercato – con l’insidioso inserimento di potenti e sofisticate organizzazioni criminali che, in questo particolare settore, provano a lucrare enormi profitti illeciti (laddove tali traffici possono risultare più remunerativi persino rispetto a quello degli stupefacenti).

E’ balzata alla ribalta negli ultimi mesi la vicenda, al centro di importanti procedimenti giudiziari, di una partita di rifiuti provenienti da un impianto della provincia di Salerno e trasportati in Tunisia (dove è stato arrestato, tra gli altri, lo stesso Ministro dell’Ambiente) sulla base di documentazioni formalmente regolari e poi risultate invece falsificate – senza alcuna responsabilità degli uffici regionali , che hanno agito più che correttamente -, quindi rimpatriati dal porto tunisino di Suisse in Campania, con l’attivo impegno della stessa Regione  per la soluzione della delicata vertenza internazionale.

Sulla problematica in genere, oltre che sulla specifica fattispecie, siamo stati recentemente auditi a Salerno, in uno ad altri soggetti istituzionali, dalla Commissione Parlamentare sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti e la circostanza offre spunto per riflessioni utili e propositive, anche sotto l’angolo visuale dello sviluppo delle competenze dell’Agenzia ambientale.

Innanzitutto si pone l’esigenza di adeguare e migliorare sotto vari aspetti l’attuale normativa in materia, anche per consentire alle Autorità competenti di effettuare – nell’ambito dei procedimenti di esportazione – più incisivi adempimenti istruttori e penetranti controlli, fino ad oggi non facilitati dalle modalità e stringenti tempistiche della normativa. In questo senso si muove opportunamente la recente circolare del marzo scorso, emanata dal Direttore Generale per Ciclo integrale dei rifiuti della Regione Campania.

Le Agenzia ambientali non sono finora direttamente chiamate in causa, nei procedimenti formali di spedizione di rifiuti oggetto di notifica, dal Piano Nazionale delle ispezioni, né espressamente annoverate tra gli organismi di controllo (allo stato individuati nominativamente nelle Agenzie delle Dogane, Capitanerie di Porto, Carabinieri Forestali e NOE, Guardia di Finanza, Polizia). Tuttavia già oggi le Agenzie dell’ambiente possono utilmente concorrere al sistema, anche in modo indiretto, facendovi confluire i dati relativi alle proprie cospicue attività ispettive, come ad esempio per gli impianti in A.I.A. o altre presso impianti di recupero, svolte nell’esercizio della propria istituzionale e sistematica attività di vigilanza ambientale.

Inoltre l’Agenzia ambientale può intervenire, se attivata e richiesta dalle autorità competenti, per effettuare azioni di controllo anche su base convenzionale, come ad esempio correttamente e sistematicamente previsto in Campania – attraverso quattro apposite convenzioni stipulate con la Regione dal 2016 ad oggi – per le spedizioni transfrontaliere dei “rifiuti pubblici regionali”, in attuazione cioè del Piano straordinario per la rimozione dei rifiuti stoccati in balle (cosiddette “ecoballe”). Si tratta di una attività di rilievo, già di notevole consistenza e potenzialmente da incrementare – con il corrispondente e necessario potenziamento del personale e delle strutture preposte – al fine di contrastare, già in via amministrativa, il fenomeno dei traffici illeciti transfrontalieri, attraverso il controllo tecnico dell’Agenzia ambientale.

All’ attualità in Campania ARPAC esercita già un’intensa attività di controllo, a supporto delle Autorità giudiziarie ed anche su richiesta degli uffici doganali di Napoli e Salerno, nell’ambito dell’azione di contrasto del contesto di spedizioni transfrontaliere illegali (in quanto non autorizzate) di rifiuti, cioè di merci in cui si ravvisa la presenza di rifiuti non dichiarati.

Tali attività di controllo, a supporto delle Procure e delle autorità doganali, sono frequentemente svolte dall’ARPAC soprattutto all’interno dei porti di Napoli e Salerno, con riferimento all’ultimo triennio 2020/2022 per la verifica dell’ effettiva natura di merci contenute in container  – in procinto di essere spediti dagli stessi porti – al fine di effettuare l’analitica e dettagliata classificazione e caratterizzazione del contenuto. In particolare hanno intensamente lavorato in questo ambito i Dipartimenti ARPAC di Napoli e Salerno, operando le attività ispettive di campionamento e prelievo con le relative determinazioni analitiche di laboratorio al fine delle classificazioni e caratterizzazioni delle merci/rifiuti.

Nel porto di Salerno, dove vengono effettuate spedizioni sia da ditte che da privati in direzione di Paesi africani ( Senegal, Burkina Faso ecc.) sono state verificate le merci in circa 30 container – parte di un numero ben più rilevante di sequestri effettuati – ravvisandosi la presenza di merci ricadenti di fatto nella categoria dei rifiuti ma non dichiarati come tali nella relativa bolla di spedizione, senza la relativa documentazione e/o attestazione circa la loro provenienza e ritiro. In particolare i materiali, contraffatti da merce da spedire, sono costituiti da rifiuti di apparecchiature elettriche e elettroniche (RAEE), pneumatici fuori uso (PFU), parti di autoveicoli e particolari tipologie di merci/rifiuti quali pannelli fotovoltaici, motori di automezzi, rottami metallici ecc. sono state più volte oggetti di controllo da parte di operatori dell’Agenzia.

Le attività di controllo doganali e giudiziarie, svolte con il supporto tecnico di ARPAC, hanno determinato l’accertamento e la contestazione a carico dei soggetti responsabili di centinaia di imputazioni per i reati di gestione di rifiuti non autorizzati e spedizione illecita di rifiuti (ai sensi degli artt. 256 e 259 del Dlgs. 152/06).

Si tratta di una problematica tecnicamente complessa, sotto l’aspetto normativo e procedurale, che richiede un’attenzione aggiornata a fronte dell’evoluzione delle insidiose dinamiche criminali, in cui l’Agenzia ambientale potrebbe esprimere un ancora maggiore e proficuo contributo nell’ambito del complessivo sistema di controlli repressivi.