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Il modello Genova è la risposta?

by Flavio Cioffi
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Ieri è stato inaugurato il nuovo ponte San Giorgio a Genova. Portato come esempio di buon governo. Ma in cosa consiste veramente il famoso modello Genova? Innanzitutto, nella forte determinazione politica: rifare subito quel ponte costi quel che costi. Poi, nei soldi messi sul tavolo: tutti quelli che servono. Quindi, nella immediata disponibilità di un adeguato progetto: quello messo a disposizione da Renzo Piano. Infine, ma solo ad abundantiam, nei poteri commissariali: che hanno consentito l’affidamento diretto dell’appalto.

La vera causa dei clamorosi ritardi nell’esecuzione delle opere pubbliche nel nostro Paese, infatti, non sta tanto nelle pur farraginose e schizofreniche procedure di affidamento contenute nel codice degli appalti. Abbiamo visto decine di commissari straordinari carichi di poteri che non hanno cavato un ragno dal buco. Anzi. Risiede invece principalmente nell’incapacità della Pubblica Amministrazione di programmare e progettare. Se non sai bene cosa vuoi fare e come, anche le procedure più snelle del mondo servono a poco. E individuare l’intervento da realizzare presuppone la conoscenza e l’analisi dei problemi e la definizione degli obiettivi. La qual cosa non si improvvisa. Richiede strutture politiche e tecniche adeguatamente connesse col territorio.

A Genova ci sono riusciti certamente perché sono stati bravi, ma forse soprattutto perché si è trattato di un intervento puntuale, per quanto importante. Però l’infrastrutturazione e manutenzione del territorio, dalle ricostruzioni post terremoto o a seguito di una frana o di un’alluvione ai piani di depurazione comprensoriale, acquedottistici o di smaltimento rifiuti, richiedono ben altre risposte. Gli esempi sono centinaia.

Riscriviamo pure il codice degli appalti. E’ certamente necessario. Facciamolo in maniera ragionata. Evitando gli errori dettati dalla fretta e affidandoci alla politica e agli uffici legislativi dei ministeri piuttosto che alla magistratura penale. Nominiamo anche qualche commissario, pochi, con poteri straordinari quando l’intervento è chiaramente individuato ed assolutamente urgente. Ma prima di tutto e soprattutto richiamiamo la Pubblica Amministrazione a svolgere il proprio ruolo di programmazione e controllo.

Lo Stato e le Regioni non devono gestire direttamente. Devono pianificare. Devono fare cioè la politica del territorio. Il vero problema sta nelle scelte (o meglio: nelle non scelte) a monte e non nella loro esecuzione a valle. Abolire la libera concorrenza negli appalti non è la risposta, i commissari non sono la risposta, il modello Genova non è la risposta.

La risposta deve essere politica, supportata da una burocrazia capace e preparata sulla quale investire. Professionalità contro dilettantismo. Programmi contro slogan. Progetti contro chiacchiere.