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Netanyahu ancora in sella, Israele sempre più a destra.

by Giulio Espero
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Agli israeliani piace davvero andare a votare! Cinque elezioni governative in 43 mesi sono davvero un numero impressionante che potrebbe scoraggiare l’elettore più motivato e schierato. Ma in Israele la percentuale dei votanti alle ultime politiche è stata davvero alta, anzi la più alta negli ultimi ventitré anni: circa il settanta percento. Segno di una democrazia vivace e attenta oppure di un sistema politico alla deriva che non trova una quadra decente, saranno gli storici del futuro a decretarlo.

Il paese vira decisamente a destra, anzi verso l’estrema destra: con le elezioni del primo novembre 2022, il partito dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu (Likud) grazie ai voti dell’estrema destra sionista governerà lo Stato ebraico contando su una maggioranza di 64 o 65 seggi su 120 alla Knesset (il Parlamento monocamerale israeliano). “Re Bibi”, come lo chiamano i suoi sostenitori, risorto per l’ennesima volta, potrà così ritoccare il suo record di premier più longevo della storia del paese raggiunto il 20 luglio 2019 a discapito del padre della patria Ben Gurion.

La campagna elettorale, caratterizzata da un forte polarizzazione, ha determinato però una maggioranza esigua di appena quattro o cinque parlamentari con la quale sarà difficile governare senza cedere a ricatti e veti incrociati. È facile prevedere il peso notevole che avranno gli ultraortodossi dominati dalla figura di Itamar Ben Gvir, politico uso a farsi riprendere munito di pistola durante le sue escursioni nei quartieri arabi di Gerusalemme.

Benjamin Netanyahu, 73 anni, leader indiscusso del partito conservatore Likud, avrebbe ottenuto 33 seggi, mentre alla coalizione rivale Yesh Atid (C’è futuro) sono toccati 53 seggi di cui 24 al partito del premier uscente Yair Lapid.

“…Non sono un re. Non sono un re, ma sono a vostra disposizione…” ha dichiarato radioso Bibi ai suoi fan in visibilio allorquando, usciti i primi exit poll che lo davano vincitore, cantavano Re Bibi! Re Bibi! Forse non un monarca, ma un vecchio volpone della politica che, come l’araba fenice, risorge sempre dalle sue ceneri quando tutti lo davano per spacciato.

Così come già lo danno in difficoltà molti commentatori politici internazionali per la presenza in parlamento, con ben quattordici seggi, di oltranzisti religiosi del partito Sionismo Religioso malvisti finanche da molti parlamentari conservatori del Likud.

I laburisti hanno ottenuto solo quattro seggi. Numeri miseri per quello che storicamente era il primo partito del Paese. In campagna elettorale molti attivisti hanno temuto addirittura, per come si erano messe le cose, che non venisse superata la soglia di sbarramento del 3,25 per cento. È capitato infatti al Meretz, altro storico partito della sinistra israeliana che questa volta non ce l’ha fatta ad essere presente alla Knesset.

La frantumazione in diverse sigle non ha giovato agli arabi israeliani, ovvero palestinesi col passaporto ebraico, che pur rappresentando il 20% della popolazione hanno porteranno in parlamento quattro o cinque rappresentanti.

Un parlamento così spinto a destra, Israele nei suoi 74 anni di storia non lo aveva mai avuto e se questa coalizione elettorale si trasformerà effettivamente in una coalizione di governo non sarà facile per Netanyahu gestire le pressanti richieste della destra ultraortodossa senza intaccare gli equilibri democratici del paese e soprattutto la sua collocazione sullo scacchiere internazionale, gravato com’è il vecchio Bibi da ben tre processi per corruzione. A patto che divenga ministro della Pubblica Sicurezza, Ben Gvir si è impegnato a sostenere l’approvazione di una legge che arrivi in soccorso al premier.

Ma, se così fosse, il prezzo da pagare sarà alto. La solidità del rapporto con gli Stati Uniti, l’alleato storico di Israele dal giorno della sua fondazione, verrebbe compromessa dalla questione dell’accordo nucleare con l’Iran voluto dal presidente Biden fin dall’inizio del suo mandato. Accordo ferocemente osteggiato in campagna elettorale dalla destra oltranzista.