E’ di questi giorni una buona notizia sul fronte della rigenerazione di aree industriali dismesse.
In un articolo sul Sole 24 Ore del 3 giugno titolato “Carbosulcis lancia 4 progetti per far rivivere le miniere nell’era del post carbone”, Davide Madeddu illustra i quattro progetti che l’azienda Carbosulcis – concessionaria della miniera di Monte Sinni nel Sulcis (Iglesias) – ha messo a punto per sostituire l’estrazione del carbone, ormai dismessa da oltre cinquanta anni, con attività del tutto diverse legate alla ricerca scientifica e alla innovazione tecnologica.
- Il progetto “Aria”, che utilizza un pozzo di estrazione profondo oltre 500 metri per ricerche scientifiche sulla materia oscura.
- Il progetto “Alga spirulina”, che utilizza l’acqua calda che risale dal sottosuolo per alimentare un “fotobioreattore” per la coltivazione delle alghe azzurre.
- Il progetto “Energy storage”, che immagazzina energia da varie fonti rinnovabili per poi fornirla alle utenze energivore.
- Il progetto “Liscivazione”, che utilizza gli enormi depositi di carbone inutilizzato all’esterno della miniera per la produzione di fertilizzanti per l’agronomia biologica.
Per passare dai progetti alla fase realizzativa è necessario che la Regione Sardegna – che, peraltro, controlla l’azienda Carbosulcis – decida di approvare questo programma di rigenerazione e dia seguito agli atti deliberativi di sua competenza. Stiamo a vedere.
Ma perché ne parlo come di un episodio particolarmente importante?
E’ perché stiamo parlando di un’area del sud-ovest della Sardegna – il Sulcis-Iglesiente – dove sono presenti centinaia di miniere nate a partire dagli anni ’30 del Novecento e progressivamente dismesse dagli anni ’70 in poi, quando si è aperta “l’era del post-carbone”.
Si tratta di uno dei casi più eclatanti di dismissione di aree e impianti ad uso industriale, che ha causato crisi economiche e sociali devastanti, ricadute su decine di migliaia di lavoratori, oltre ad alterazioni profonde dell’ambiente naturale nei territori di numerosi comuni.
Ho scritto più volte, anche sulle pagine di questo giornale, come sia evidente che la rigenerazione di queste aree e di questi impianti possa costituire un’occasione di rilancio dell’economia, di attenuazione delle crisi occupazionali e di riqualificazione di ambienti naturali degradati.
E a conforto di questo convincimento ho presentato diverse esperienze esemplari come, nel caso degli impianti minerari, quanto è avvenuto nella regione della Ruhr, nel nord della Germania, per la riconversione del più grande distretto carbonifero d’Europa, attivo dalla metà dell’800 fino agli anni ’70 del Novecento.
Le immagini del “Parco fluviale dell’Emscher” e quelle della “Miniera Zollverien” ad Essen, dove sono nati musei, centri culturali, sportivi e ricreativi, documentano in modo lampante la gigantesca opera di trasformazione che è stata realizzata.
Purtroppo in Sardegna non si vedono ancora segnali significativi in questa direzione da parte della Regione, e gli esempi virtuosi si contano sulle dita di una mano.
Uno particolarmente importante è quello della “Miniera Serbariu” a Carbonia, una cittadina fondata nel 1937 proprio a servizio dell’area mineraria.
La miniera è rimasta attiva fino al 1964 per poi essere acquisita dalla Regione Sardegna che l’ha trasferita alla Società Mineraria Carbonifera Sarda, ma la gestione non ha retto e nel 1971 è stata chiusa definitivamente.
Anche lì, come nel resto del Sulcis, si sono persi migliaia di posti di lavoro, è ripreso il drammatico fenomeno dell’esodo migratorio e ci si è trovati di fronte ad un ambiente devastato dall’inquinamento, dal degrado e dall’uso improprio dei manufatti.
Ma in questo caso si è innescato un processo virtuoso di rigenerazione.
Nel 1991, a distanza di venti anni dalla dismissione, il Comune di Carbonia acquista l’intero sito e poi si rivolge all’Università di Cagliari per chiedere idee e progetti per la riconversione della miniera e della città
Nasce così il “Project Carbonia: Landscape Machine” il cui obiettivo è la “rigenerazione di un significativo centro urbano modernista del XX secolo e di un paesaggio minerario da trasformare in un paesaggio del XXI secolo”.
Nel 2011 il progetto risulta vincitore del “Landscape Award of the Council of Europe”, ma già dal 2006 dà l’avvio ad un’azione di rigenerazione urbana che, tra le altre cose, porta all’apertura del “Museo del carbone” nei locali della miniera originariamente destinati alla “Lampisteria” (locale dove si conservano gli strumenti per l’illuminazione), nella “Sala Argani” e nelle “Gallerie”.
Grazie a questo virtuoso processo la miniera nasce a nuova vita diventando attrattore turistico nonché esempio di buona politica ambientale, per la qual cosa entra a far parte del “Parco geominerario storico ambientale della Sardegna”.
Foto, dall’alto:
- La Miniera di Monte Sinni
- La Ruhr negli anni ’70
- Il Parco del fiume Escher
- Il Museo Zollverein
- La Miniera Serbariu
- Il Museo del Carbone