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Quo vadis football?

by Luigi Gravagnuolo
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A chi, come me, tifa Napoli da sempre, fa un po’ specie tutto quello che sta accadendo nel mondo del calcio proprio nell’anno in cui, per esclusivi meriti sportivi, gli azzurri si accingono a vincere lo scudetto. Maledetti loro, lo aspettiamo ed agogniamo da trentatré anni e neanche ce lo possiamo godere fino in fondo!

Siamo appena a febbraio ed il campionato ha già perso interesse. Perché la Juve è sprofondata nel burrone delle sue malefatte, il Milan e l’Inter si sono squagliati e Atalanta, Roma e Lazio sono comunque tanto distanti dalla vetta da rendere inverosimile ogni remuntada. Il titolo è assegnato, punto. Guardando poi la coda della classifica, anche la lotta per non retrocedere sembra ormai scontata.

Né il calciomercato invernale ha cambiato granché le carte in tavola. Ci si aspettava invero che la vetrina del mondiale avrebbe solleticato la voglia di acquisti da parte dei club di Serie A, specie di quelli più in difficoltà in relazione ai propri obiettivi stagionali. Viceversa, ci sono stati solo scambi e operazioni di prospettiva, niente di eclatante.

Giusto per documentare quanto stiamo qui asserendo, diamo una rapida rassegna delle operazioni di mercato delle singole squadre.

L’Atalanta si è limitata a due cessioni, in pratica l’ossatura della squadra è restata quella pre-sosta. Il Bologna ha preso il difensore greco Kyriakopoulos ed ha ceduto tre calciatori, il più quotato dei quali è Vignato, niente di che. La Cremonese si è liberata di molti contratti ed ha preso tre calciatori, un difensore e due centrocampisti, esperti ma non tali da cambiare la qualità complessiva dell’organico. L’Empoli ha ceduto calciatori importanti come Bajrami e Lammers e ne ha presi altri di eguale valore, ma di ruoli diversi, come Caputo e Piccoli, diciamo che ha aggiustato gli equilibri. La Fiorentina, al di là dello scambio col Napoli dei portieri di rincalzo, oggi confida nell’apporto del neoacquisto Brekalo, nulla che possa cambiare direzione ad un campionato fin qui mediocre. L’Inter e la Juve sono state ferme, solo cessioni minori. Maurizio Sarri alla Lazio può contare sulla new entry in difesa Luca Pellegrini, un’operazione che serve a completare i quadri. Molte cessioni ed acquisti a Lecce, ma per così dire a somma zero. Il Milan, pieno di acciaccati, non è riuscito ad andare oltre un giovane portiere di prospettiva, il paraguagio Vasquez, e poco altro. Per Monza e Napoli solo due o tre scambi, anche qui a somma zero. Così per le altre, salvo che per la Sampdoria, lo Spezia e il Verona. Quest’ultima si è rafforzata e i risultati già cominciano a vedersi. Samp e Spezia, ad avviso di chi scrive, si sono invece addirittura indebolite. La Sampdoria, cedendo Caputo in attacco e Berezinski in difesa ha perso due punti di riferimento. Per quanto riguarda lo Spezia: mica è facile sopperire alla pedita di uno dei migliori centrali difensivi di piede sinistro d’Europa, quale Kiwior, non a caso prelevato dall’Arsenal. Discorso a parte per la Salernitana, che ogni giorno riserva una sorpresa. Prima licenziano mister Nicola, quello che salvò la categoria lo scorso anno con un’impresa quasi impossibile, poi lo reintegrano, quindi definiscono acquisti e cessioni ma inviano la pec in Federazione a tempo scaduto, un disastro. Speriamo che non paghino tanto dilettantismo in modo irrecuperabile.

Alla luce di tanto possiamo metterci l’animo in pace, il campionato non cambierà verso nei prossimi quattro mesi. L’unico interesse restato è per vedere chi entrerà nelle coppe europee e per qualche record da battere, troppo poco per mantenere vivo il nostro campionato ancora per quattro mesi.

Intanto, se le vicende di campo perdono attrattiva, si aprono in prospettiva scenari nuovi per il calcio italiano.

L’età dei calciatori delle squadre di A anno dopo anno va abbassandosi, in campo vediamo sempre più giovincelli imberbi che già a 17/18 anni o poco più calpestano le erbe della Serie A. Il modello Napoli ha fatto scuola: giovani prospetti con stipendi moderati e da rivendere appena maturati a squadre di campionati esteri, la Premier su tutti, ricavandone laute plusvalenze. Di quelle vere però, non di quelle taroccate di casa Juve.

Ciò assegna agli allenatori un ruolo centrale, che nei due decenni di inizio secolo avevano in parte perso.  Con squadre giovani e rose ancora acerbe la veste ed il peso dell’allenatore cambia. Oggi anche in Serie A, come lo è sempre stato per i campionati minori, il mister deve essere un maestro di calcio prima ancora che un gestore di spogliatoi. Insomma, per lo meno per quanto riguarda la Serie A, pare destinata al tramonto l’era degli Ancelotti, dei Conte e degli Allegri, dello stesso Mourinho, tutti mister di notevole carisma e gestori di campioni già affermati, che potevano dire a ragion veduta che i risultati delle loro squadre dipendevano solo per un 20% dal loro lavoro, mentre il resto lo facevano i giocatori. Ragionamento che reggeva perché gestivano campioni maturi. Se però le squadre sono in maggioranza costituite da giovani, il mister conta decisamente di più. È oggi il momento degli allenatori alla Gasperini, Sarri, Spalletti, maestri di calcio che danno il massimo nel plasmare le proprie squadre, mentre manifestano spesso insofferenze verso le bizze dei campioni già affermati. Insomma, il prossimo futuro del calcio italiano sta in squadre mix di allenatori-maestri, giovani calciatori e tattica. Meno, molto meno, di tecnica individuale dei calciatori e di allenatori psicologi e team manager.

Facciamo attenzione anche all’evoluzione del format del campionato. Quello attuale, con la sua lunga interruzione invernale, è stato un’anomalia quest’anno, ma potrebbe presto diventare la norma. Riflettiamoci, il business del calcio guarda con occhi avidi al Medio Oriente ed all’Africa, aree geografiche il cui clima non consente lo svolgimento di competizioni stressanti in estate, quando fino al 2022 sono terminati e poi ricominciati i nostri campionati. Il Qatar potrebbe non essere stata un’eccezione, ma un apripista. È difatti sempre più probabile che altre competizioni internazionali, specie tra le nazionali, trovino sede in paesi ad analoghe latitudini, quindi che si svolgano in inverno, la Coppa d’Africa su tutte. E si sa che essa toglie per oltre un mese alle squadre europee i numerosi campioni di cui dispongono e che sono nel contempo titolari in quelle nazionali. Non escluderei che in prospettiva si possa addivenire anche in Europa alla classica divisione sudamericana tra campionati di apertura e di clausura. In Italia, il torneo di apertura con venti squadre si chiuderebbe a novembre, quindi sospensione per consentire i campionati per nazioni e ripresa a gennaio con due tornei di dieci squadre. Le prime dieci dell’apertura si giocherebbero lo Scudetto, la Champions e l’Europa League; le altre dieci la salvezza e magari, per la prima di esse, la Conference League.

Chissà se un tale format non potrebbe restituire fascino ai nostri campionati e ristoro ai muscoli dei calciatori.