L’Autore è Direttore Tecnico ARPAC.
Nell’ambito del corposo programma di RemTech Expo tenutosi a Ferrara in data 18 settembre 2025, si è tenuto un interessante appuntamento per illustrare le modifiche, che sono in corso di approvazione, delle norme tecniche riguardanti i procedimenti di bonifica. Al meeting hanno partecipato in qualità di relatori, tra gli altri, il consulente del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, G. Le Pera, che ha illustrato l’importanza delle nuove definizioni ed il loro ruolo per delimitare il campo di applicazione delle norme e ridurre i conflitti ed i contenziosi.
Di seguito, tre tecnici di ISPRA (M. Guerra, E. Romano e M. Fratini) hanno descritto gli aspetti innovativi riguardanti, rispettivamente, le nuove metodologie di indagini ambientali, la caratterizzazione delle aree marine e la sostenibilità come guida agli interventi.
Infine, uno degli interventi più attesi, quello della dott.ssa Federica Scaini dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha focalizzato l’attenzione sulle novità previste per le CsC (Concentrazione Soglie di Contaminazione) che molto possono impattare sui procedimenti di bonifica.
A tal proposito nella tavola rotonda che ne è seguita, ARPACampania, attraverso il sottoscritto, ha rappresentato gli impatti potenziali che le modifiche in questione possono influenzare in procedimenti previsti nel Piano Regionale di Bonifica aggiornato in Campania nel 2024.
In particolare, la prevista eliminazione tra i parametri da indagare nelle acque sotterranee del ferro, manganese e solfati, seppur auspicata da anni, non ha un grosso impatto sui siti regionali atteso che dal 2020 la Regione Campania ha approvato i valori di fondo naturale delle acque per i maggiori acquiferi di Piana. Con tali valori sostanzialmente è stato sancito che la presenza di tali elementi e composti nelle acque sotterranee di quasi un terzo del territorio regionale, è di origine naturale e vulcanica e non antropica, e quindi “non bonificabile”.
Da valutare, invece, l’impatto dell’eliminazione del triclorometano, tra i parametri da indagare nelle acque sotterranee, inquinante non raramente presente nelle acque sotterranee regionali.
Un aspetto critico, invece, rappresentato da ARPAC durante l’evento, ha riguardato il fatto che per i suoli non è stato previsto alcun innalzamento del valore della CsC per il Berillio. Questo elemento, a causa delle origini vulcaniche e alla naturale composizione mineralogica dei terreni, è presente in numerosi siti italiani, in concentrazioni ben superiori ai 2 mg/Kg, che oggi costituiscono la concentrazione di riferimento al di sopra della quale, un terreno viene considerato potenzialmente contaminato. La criticità sta nel fatto che nel recente DM 46/2019, riguardante la bonifica dei siti agricoli, tale valore è stato innalzato a 7 mg/Kg poiché tale concentrazione viene considerata di fondo naturale.
Sia chiaro, il Berillio, in certe forme, è dannoso se inalato per tempi prolungati e in concentrazioni elevate, anche se di origine naturale. Innalzare le CsC significa non dover bonificare migliaia di ettari di terreni ma restano ferme le precauzioni da adottare per la tutela della salute dei bersagli umani.
Il paradosso è che in un terreno agricolo, dove si indaga la parte più superficiale, ovvero quella esplorata dalle radici delle piante, il valore limite è 7 mg/Kg mentre negli strati sottostanti, dove il rischio per l’uomo è minore, il valore limite resta 2 mg/Kg.
In questo ambito è stato auspicato un approfondimento tecnico e giuridico associato ad una accelerazione dell’iter di modifica degli allegati che gli addetti al settore attendono da quasi un decennio