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Rischio Fiume Sarno. Note a margine

by Lucia Severino
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Sul fiume Sarno si sono dette e si dicono tante cose. Nel migliore dei casi, generiche e imprecise. Spesso, strumentali e volutamente fuorvianti. Si confonde il problema idraulico con quello depurativo, le fogne con gli argini, la bonifica con la laminazione. Ogni volta che esonda (e succede continuamente), la gente strilla e chi amministra tace. Eppure il rischio esiste ed è grave, in passato ci sono state vittime, e la popolazione soffre davvero. Cosa è stato fatto finora? E qual è oggi lo stato dell’arte? Quali le prospettive future? Proviamo a rispondere.

Il Sarno attraversa un territorio fittamente urbanizzato, circa 300mila abitanti, diviso fra tre Province e una quantità di Comuni. Un bacino idrografico complesso che ricade nella competenza di una miriade di Enti, a cominciare dalla Regione. Due sono le problematiche dalle quali è storicamente afflitto: rischio idraulico e inquinamento.

Per quest’ultimo, tanti anni fa, il Governo avviò un piano per realizzare le fogne comunali e gli impianti di depurazione comprensoriali. Piano in gran parte eseguito dal Commissario Jucci, ma a tutt’oggi non ultimato. Vuoi per problemi oggettivi, vuoi perché la burocrazia dalle nostre parti ci sa fare. Quanto al rischio idraulico (esondazioni, allagamenti, argini che cedono), nel 2011 la Giunta Caldoro approvò un cosiddetto Grande Progetto, benedetto dall’Europa e affidato all’Arcadis, l’Agenzia regionale che aveva ereditato le competenze di Jucci e poteva vantare una struttura tecnica di eccellente livello formatasi sul campo. Così facendo, si era finalmente ottenuto il risultato di una gestione unitaria dell’intera problematica.

Il Grande Progetto, approvato nel suo livello preliminare nel marzo 2012 per un importo di oltre 210 milioni di euro, prevedeva 25 interventi strutturali divisi in 5 lotti. La strategia generale era quella del potenziamento della capacità ricettiva del tratto terminale del fiume, la realizzazione di volumi di laminazione ed aree di espansione per il contenimento delle piene nelle aree di monte del bacino, l’adeguamento e sistemazione dei corsi d’acqua principali e secondari. Il tutto sulla base della Pianificazione di Assetto Idrogeologico redatta, a seguito della tragica frana di Sarno (ancora Arcadis), dall’Autorità di Bacino allora competente.

Il progetto definitivo ottenne la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) nel febbraio 2013 (neanche due anni, con le leggi che ci ritroviamo un record), ma non potevano mancare i ricorsi al TAR. Il primo del Comune di Montoro Inferiore (preoccupato per la cipolla ramata). Poi quello del Comitato No Vasche sostenuto dai Comuni di Nocera Inferiore, Poggiomarino, Striano, Montoro, Sarno e Nocera Superiore. Infine, quello dell’immancabile Soprintendenza Archeologica di Salerno e Avellino. Insomma, la politica locale si mise di traverso. Perché? Perché gli interessi territoriali sono vari e diversi e nessuno vuol farsi carico della risoluzione dei problemi degli altri. Quando i cittadini finiscono con l’auto nel fiume, dovrebbero ricordarselo. I nemici li hanno in casa. Comunque, nel 2014, tutti e tre i ricorsi furono definitivamente respinti. Ma ormai il danno era fatto.

Le necessarie relative Conferenze dei Servizi si chiusero positivamente solo nel 2015. Ma nel 2016, per motivi di controllo politico, l’Arcadis fu soppressa e le sue competenze, amministrative e professionali, disperse tra mille uffici regionali. Nel 2017 la Giunta De Luca ritirò il Grande Progetto e ordinò ulteriori approfondimenti e indagini. Senza una chiara motivazione. In realtà, sostengono i maligni, per mantenere gli impegni elettorali assunti con gli Amministratori locali.

Quindi, nel 2018, la Regione definisce un nuovo programma di interventi. Che non cambia veramente quelli già previsti, ma aggiunge il versante vesuviano ed altri 200milioni di spesa. Ovviamente, si riparte da zero, coinvolgendo l’università Federico II (che sostanzialmente conferma le conclusioni già raggiunte nel 2009) e avviando una gara per l’affidamento della progettazione che dovrebbe essere affidata a breve.

E siamo arrivati al 2019. Cosa si è fatto quest’anno? Sono state chieste all’Ente Idrico Campano e alla Gori relazioni sullo stato degli interventi fognari (non sappiamo se siano state consegnate). E’ stata istituita una UOD (Unità Operativa Dirigenziale) ad hoc (ma non è ancora stato individuato il relativo dirigente). Si è tenuta una Conferenza dei Servizi istruttoria, nella quale la Regione si è impegnata ad attuare il programma di mitigazione del rischio idraulico compatibilmente con gli interventi fognari previsti e con le esigenze rappresentate dalle Amministrazioni.

Il che significa che la Regione: ha promesso di non scontentare nessuno (e non sarà possibile); ha riaccorpato le competenze in una UOD che non ha né la struttura né il bagaglio professionale dell’Arcadis; ha proposto un programma assolutamente in linea con il vecchio Grande Progetto.

Insomma, ha buttato 5 anni nel cestino. Fra poco ci sono le elezioni e vedremo quali saranno i nuovi equilibri. Ma in ogni caso, ci vorranno ancora molti anni per camminare tranquillamente per via Ripuaria quando piove.