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Milano città-stato?

by Luca Rampazzo
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“È vero, il volto del Paese sembra vecchio e stanco, e oggi purtroppo lo è. Eppure, l’Italia ce la può fare. Lo dico da sindaco di Milano, di una città che rifiuta di immaginarsi come Città-Stato, ma che al contrario vuole mettere la sua esperienza a disposizione. A chiamata, risponderemo”.

Così parlò Sala. A ragione, perlopiù. Dimenticando, però, che anche le locomotive, nel loro piccolo, soffrono di usura. E quelle che elencheremo nell’articolo sono piccolezze, se paragonate ai problemi del resto del Paese. Eppure esistono, sono realtà vissute dai cittadini e chiedono attenzione. Roma non è stata costruita in un giorno e non è nemmeno caduta in una notte. Milano città-stato, quando mai fosse esistita davvero, e i dubbi sul tema sono leciti, rischia di subite il medesimo fato.

Premessa. Il Sindaco ha la tendenza a considerare Milano non una metropoli da un milione di abitanti, ma un agglomerato di quartieri, arroccati attorno a Piazza Scala, che di abitanti ne fanno circa un terzo. Quello che succede oltre passa in cavalleria. E la cavalleria illumina un panorama non proprio tranquillo. Dalla criminalità alla manutenzione stradale. La periferia è un mondo sconosciuto, da visitare sotto elezioni e poi lasciare in quella quieta anarchia.

Partiamo dalle basi. Milano è la capitale del crimine (denunciato) in Italia (fonte il Sole 24ore). La precisazione è d’obbligo: contandosi qui le denunce, il quadro non è necessariamente veritiero o completo. Ma il dato è tale, per 100.000 abitanti siamo la città con più denunce. E se questa propensione ad affidarsi alla giustizia può valere per scippi e furti con destrezza (seconda e prima in classifica), non altrettanto si può dire per i furti in negozio e rapine (ancora seconda e prima). Ancora, si può ascrivere alla sete di legalità la posizione per violenze sessuali (quarta), ma non certo il triste primato per infanticidi (prima).

E tutto questo non avviene in via Montenapoleone. Quarto Oggiaro, Rogoredo, via Padova sono i teatri di una criminalità strisciante. Per il momento, ma sempre meno, non del tutto organizzata. Il tema è quello della terra sospesa. Tra passato e futuro, tra Italia e resto del mondo. Tra violenza e civiltà. L’insicurezza non è la percezione di un folle. Tutto questo non è un quadro necessariamente totalizzante, sia chiaro.

Ma quello che sembra mostrare la corda è il tessuto organizzativo della macchina comunale. Certo, Roma ci doppia in numero di risarcimenti (4500 nel 2017 a fronte dei 2037 di Milano), ma la rete stradale è assai differente. E comunque nella città Meneghina l’aumento sul 2016 è del 25% (erano 1600). E la situazione dopo non è migliorata. Il Comune ha accumulato un ritardo di 2/3 anni nel piano buche, tagliato il personale che doveva segnalarlo, lasciando per ogni municipio solo due addetti a controllare l’intera rete stradale.

Il contenuto qui, non è un esercizio contabile sul numero di rammendi da effettuare o già effettuati. Ma il fatto che la macchina comunale stia soffrendo. È in affanno di ossigeno. E di efficienza. Nell’ultimo triennio, il numero di inquilini delle case popolari che sono risultati morosi (dei canoni di affitto) risulta del 64%. MM, il gestore, non riesce a starci dietro. Il trend è in aumento. Intanto il costo al metro quadro, per le case sul libero mercato, sta arrivando alle stelle e il centro sta perdendo quell’impronta borghese che lo caratterizzava. Con tutte le conseguenze del caso: fuga verso la periferia, costo della vita in aumento, difficoltà abitative. In sostanza, Milano si sta arricchendo, i Milanesi no. Ed all’aumentare della ricchezza e delle tasse, diminuisce la qualità dei servizi erogati.

Lo ripetiamo: non stiamo facendo allarmismo. Domani non si scatenerà alcuna rivolta popolare sotto lo sguardo vigile della Madonnina. Ma oltre a rispondere (doverosamente) alle chiamate dell’Italia, Sala dovrebbe trovare il modo di rispondere in maniera utile anche a quelle dei Milanesi. Per esempio, oggi, se un povero Cristo delle case popolari vuole segnalare un guasto deve chiamare Venezia. Cosa che probabilmente verrà ascritta alle buone pratiche di gestione di una città. Ma che, alla lunga, dà l’idea che la città sia efficiente a scapito della vita dei poveri.