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Salemme scrive la bomba di Maradona

by Piera De Prosperis
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Tutti gli spettatori di Fabio Fazio, la domenica sera, si sono affezionati al personaggio di Vincenzo Salemme che, nella trasmissione Che tempo che fa, ha il ruolo del commentatore ingenuo, il soggetto che può essere preso in giro per le sue osservazioni, lo scemo in mezzo, che il presentatore attacca ironicamente ma dai cui duetti emergono le doti umane di semplicità e bonarietà che hanno fatto riscoprire un volto noto a cinema e a teatro ma, negli ultimi tempi, televisivamente appannato.

La riscoperta di Salemme, come spesso avviene per i personaggi di Fazio, passa anche attraverso la scrittura di un libro, quasi uno scotto da pagare. Pensiamo ai recenti libri di Baudo, di Frassica, che, adeguatamente lanciati prima di Natale, diventano una strenna. A me è toccato, tra i regali, il libro di Salemme: La bomba di Maradona. Un giallo che, come sappiamo, è ormai il genere più in voga. Le classifiche dei libri più letti sono inondate da titoli di romanzi noir non tutti di livello ma tutti seguiti da un folto gruppo di lettori.

Il titolo, chi è di Napoli lo sa, rimanda alla passione per i fuochi d’artificio che spesso prendono nomi legati a personaggi famosi in quell’anno. Il razzo Taricone, la testata di Zidane, le bombe di Osama Bin Laden, ‘a capa di Lavezzi.

L’ordigno più famoso a Napoli, per il nome e la potenza di fuoco, ha dato il titolo al romanzo. Compare misteriosamente ad inizio narrazione e ne spiega poi la conclusione. Insomma, circonda con la sua polvere pirotecnica tutta la vicenda che trova poi un senso proprio in essa.

A dieci anni di distanza dalla morte del giudice, eroe anticamorra, Picone, il regista Gualtiero Maggio viene incaricato dalla struttura Rai di sceneggiare e dirigere una fiction commemorativa del terribile evento. Nel quale era saltata in aria, insieme con il giudice, la moglie Rosa, incinta all’ottavo mese. Il cui bambino venne miracolosamente salvato ed affidato ad un amico della coppia, il giudice Reale. Per scrivere il soggetto, Gualtiero si fa supportare da un giornalista, suo vecchio amico, Cosimo e da una giovane stagista, Grazia, che saranno gli aiutanti del protagonista.

Nel ripercorrere i punti salienti dell’attentato il regista si accorgerà di molti elementi lacunosi dell’inchiesta giudiziaria che aveva portato all’arresto del capo camorrista Cardella che, del resto, si era dichiarato, da subito, colpevole. Ma niente è così come appare, come capiremo dallo sviluppo narrativo. I veri colpevoli lo sono a metà, i veri innocenti hanno le loro colpe. L’indagine va di pari passo con la storia personale del regista di cui apprendiamo delusioni lavorative ed amorose che lo hanno portato ad essere un uomo solo, malinconico e introverso che spera di trovare in questo nuovo lavoro la possibilità di riscatto su ogni fronte.

Cosa ha di particolare questo giallo, rispetto a tutti i suoi fratelli di categoria? Innanzitutto, l’ambientazione. Il mondo dello spettacolo, di cui ovviamente Salemme conosce tutti i meccanismi reconditi e su cui, spesso, apre spiragli interessanti. Come quando spiega i meccanismi di formazione di una squadra di collaboratori nel lavoro di scrittura o quando fa riferimento alle regole non scritte della televisione pubblica. D’Andrea (il capostruttura Rai) aveva raccomandato innanzitutto prudenza. Non voleva urtare alcuna suscettibilità. Per lui la televisione pubblica aveva il dovere di compiacere sempre e soltanto le istituzioni. Non esistevano deroghe a questo codice deontologico. Non esisteva la creatività del regista ma solo la verità dichiarata da organi competenti. (pag. 151)

Si legge, in questo esempio, ma un pò in tutto il romanzo, la critica ad un certo modo di fare televisione che il regista Gualtiero/Salemme non condivide. La fiction prevista, del resto, non si farà per un cambio ai vertici dell’azienda, a seguito di una nuova linea politica (altro elemento di accusa), che travolgerà il capo struttura di riferimento e tutto quello che lui aveva proposto. Le scoperte fatte sull’omicidio del giudice Picone da Gualtiero e dalla sua equipe diventeranno, fortunosamente, comunque, un film, apprezzato dalla critica, che risulterà essere il riscatto personale e lavorativo tanto atteso.

Altro elemento importante del romanzo è l’ambientazione napoletana e l’attenzione per i caratteri dell’umanità che brulica nella città. E’ una Napoli non oleografica, quella di via Foria, dove risiede Gualtiero dopo una lunga permanenza a Roma. Una Napoli assolata e polverosa con tutti i limiti del suo traffico e della sua gestione della quotidianità, ma ricca di sentimento e di filosofia del vivere stratificatasi nei millenni e di cui Edoardo, grande maestro di Salemme, con cui il nostro ha lavorato, è stato esempio nelle sue opere. Ogni personaggio ha una sfumatura di napoletanità: la furbizia e l’esperienza di Cosimo, la sfrontatezza di Grazia, il pessimismo di Gualtiero, la guasconeria del giudice Picone.

Sorprendente il finale che, come abbiamo detto, con la bomba di Maradona chiude il cerchio narrativo restituendo giustizia e verità ai tragici eventi.

Scritto con garbo e forse con l’ansia di voler essere immediatamente comprensibile, un pò prolisso e ripetitivo in alcuni punti, La Bomba di Maradona è un giallo piacevole e originale nell’idea di partenza. Non sarà un capolavoro ma non sfigura nella classifica dei più venduti.