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Scavi di Pompei, ‘New Temples’ al Teatro Piccolo

by Federico L.I. FEDERICO
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Alla fine della proiezione filmica l’applauso è partito convinto e spontaneo dallo sparuto scarso centinaio di spettatori presenti nell’Odèion Pompeiano, dispersi sui gradoni dell’ima càvea e appena un poco su, nella media càvea, a godersi in solitudine uno spettacolo davvero ammaliante, su cui ci tratterremo tra poco, per un doveroso omaggio al regista.

Non possiamo infatti non riportare in questo articolo che gli stessi spettatori, appena qualche ora prima, all’ingresso della biglietteria di Piazza Esedra, avevano generato una piccola ressa di persone che – vista la imminenza della proiezione – si rivolgevano reciprocamente domande destinate a rimanere senza risposte.

E ciò avveniva in assenza di un minimo di doverosa accoglienza, che generava il permanere di un equivoco causato dal contemporaneo svolgersi della “Notte dei Musei” con ingresso a parte, dalla vicina Porta Marina, mentre di lì a poco sarebbe però iniziata la proiezione di un filmato nel non proprio vicino, anzi abbastanza lontano, Teatro Piccolo.

Il cosiddetto Teatro Piccolo era il luogo – ben scelto – per la proiezione.

Il Teatro Piccolo – detto anche Odèion – è una struttura di epoca romana al cui interno si tenevano spettacoli musicali e declamazioni poetiche, allora in uso. Fa da pendant al contiguo Teatro Grande, più noto e usato per le rappresentazioni teatrali estive e per gli eventi di maggiore importanza, anche sotto il profilo della partecipazione.

L’Odèion infatti ha una capacita di circa mille posti, ben minore di quella del Teatro grande, che si attesta intorno ai tremila posti a sedere.

La struttura del Teatro Piccolo, inoltre, è molto simile a quella del Teatro Grande, ma mentre il Teatro Grande era coperto con teloni, quello Piccolo poteva permettersi una copertura con tetto a quattro spioventi, al fine di una migliore acustica.

Ma torniamo adesso all’evento filmico, attrattivo e immaginifico con i suoi cromatismi netti e sfrontati, popolato da maschere teatrali vive e mobili, che sembravano uscite da una fiaba, antica e moderna allo stesso tempo.

Anche i dialoghi, in lingua araba, contribuivano al fascino misterioso delle vicende ancestrali – narrate sulla nascita dell’Olimpo greco-arcaico – che appartengono ai popoli del Mediterraneo, quindi a tutti gli spettatori. E tra questi si era annidato, in assoluta e voluta solitudine incognita il V.U.C. Proprio così: il Vostro Umile Cronista che scrive quest’articolo per comunicare al lettore che si è persa una gran bella occasione costituita dalla proiezione della nuova opera filmica dell’artista egiziano Wael Shawky: “I Am Hymns of the New Temples.”

Nel film si sono alternati solitari paesaggi desertici, rigati da acque vive, senza tempo, e paesaggi urbani pompeiani. In particolare, le riprese pompeiane si sono materializzate nelle strade, nei templi e nelle Domus di Pompei, come nel caso dell’èuripo della Domus di Giulia Felice. Esse risultavano popolate da maschere umanizzate, più che da personaggi mascherati. Le Maschere parlanti, cantanti e poi danzanti su ritmi di inni astratti, con i loro cromatismi volutamente eccessivi, hanno però contribuito a tenere il ritmo narrativo singolarmente gradevole, evitando il rischio di pantani narrativi immoti.

Il V.U.C. si dice convinto del fatto che del Regista – poco più che quarantenne, perché nato ad Alessandria d’Egitto nel 1971 – si sentirà riparlare presto. Il V.U.C., almeno, se lo augura.

La produzione dell’opera – vincitrice del bando PAC/Piano per l’Arte Contemporanea 2020 promosso e sostenuto dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura – è il risultato della collaborazione dello stesso Ministero con il Parco Archeologico di Pompei nel contesto del programma Pompeii Commitment, un progetto a lungo termine co-ideato da Massimo Osanna e Andrea Viliani.

Il relativo Comunicato stampa continua e chiude così: I Am Hymns of the New Temples rappresenta la prima opera prodotta nel contesto di questo programma dedicato alla formazione della collezione d’arte contemporanea del Parco Archeologico di Pompei, primo sito archeologico al mondo a dotarsi di un programma di lungo termine e di una collezione che valorizzano e divulgano la contemporaneità dei temi e dei valori espressi dal patrimonio archeologico italiano e internazionale.