Avanzo una proposta. Scioperiamo. Per una volta rifiutiamoci di guardare le partite. Non andiamo allo stadio e non accendiamo la televisione. Non leggiamo neanche i giornali del giorno dopo.
Sarebbe una protesta clamorosa che farebbe nascere qualche dubbio nella testa di presidenti, editori, sponsor, funzionari e politici. Magari si chiederebbero se non siano andati troppo oltre e se non ci sia il rischio di compromettere la redditività, economica e politica, del giocattolo. Già, perché di un giocattolo si tratta. Uno spettacolo, spesso finto, che muove soldi e voti. Nostri. Siamo noi che manteniamo a spese nostre la baracca.
E allora diciamolo che non vogliamo più vedere morti fuori degli stadi. Che rifiutiamo il tifo organizzato dalla criminalità, a volte sospettato addirittura di contiguità con le società sportive. Basta considerare le curve come le sentine della marmaglia delinquente.
Va avanti così da vent’anni, fra connivenze, incapacità e interessi spesso inconfessabili. Non c’è quasi niente di spontaneo. Si marca il territorio, si lanciano messaggi, si difende la piazza (elettorale, di affari, di spaccio e chissà che altro). Praticamente nessuno degli attori è in buona fede.
Chiediamo di mettere ordine. Le squadre di calcio, le televisioni e i giornali saranno anche privati, ma il fenomeno è sociale e lo Stato deve prenderne il controllo. Poche regole chiare e sicuramente applicate. Punire pesantemente nel portafoglio i club. Trattare certe organizzazioni di tifosi come associazioni a delinquere. Niente incontri con i loro capi, nessuna legittimazione.
Si, scioperiamo e mettiamogli un po’ di paura, invece di prendercela sempre noi. Un grido silenzioso e assolutamente pacifico.
Sarebbe bello, ma lo faremmo mai? Prenderemmo mai questa o un’altra forte iniziativa di protesta? Probabilmente, no. E questo fa di noi delle pecore al pascolo. Anche misero peraltro.