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L’avvocato Tosi racconta Fare Ambiente

by Redazione
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Fare Ambiente è “un’associazione ambientalista, apolitica, di livello nazionale ed europeo, nata una decina di anni fa grazie al professor Vincenzo Pepe, docente presso l’università Vanvitelli, da sempre impegnato nella politica ambientale, che, negli ultimi anni, ha avuto un forte sviluppo”. A dirlo è Antonio Tosi, già direttore generale dell’Agenzia per l’ambiente in Campania, presidente benemerito della sezione campana dell’associazione.

Chi ne fa parte?

Professionisti vari, medici, avvocati, dirigenti d’azienda, operatori di settore, molti attivi nel campo dell’agricoltura, amministratori di piccoli centri che hanno ben volentieri aderito a questa iniziativa, persone veramente interessate, fuori della politica, a occuparsi fattivamente di ambiente per portare sul territorio una conoscenza più intelligente e, ci auguriamo, diffusa della problematica soprattutto a vantaggio delle nuove generazioni.

Come opera?

Attraverso molteplici iniziative. Già al precedente Governo era stato presentato un progetto di legge per portare l’educazione ambientale nelle scuole. Lo abbiamo recentemente riproposto e ci auguriamo che questa volta il progetto prenda corpo. In particolare in Campania, pensiamo di realizzare un centro di formazione sull’ambiente aggregato ad un istituto che si occupa appunto di formazione professionale. Ma sono anche in corso tutta una serie di incontri. Il presidente nazionale Pepe ha già presentato tre suoi libri sull’ambiente, l’ultimo il mese scorso in Senato.

Inceneritori si, o inceneritori no?

Questo è un problema bivalente, nel senso che noi tutti ci auguriamo che si arrivi ad un riciclo dei rifiuti spinto al massimo, ma una parte non recuperabile ci sarà sempre. In Campania c’è un solo inceneritore mentre nel resto d’Italia ce ne sono 47, probabilmente, a mio personale avviso, ne basterebbe uno in più per rispondere alle necessità del territorio. Soprattutto ora che la Cina non vuole più i nostri rifiuti. Considerato che fare un inceneritore significa, tra progettazione, autorizzazioni, realizzazione e avviamento, dai 3 ai 5 anni, è necessario immaginare quale futuro debba essere pianificato. Non solo in questa regione ma in generale in Italia.

Depurazione.

Le leggi vigenti hanno fortemente rallentato la realizzazione di progetti che ormai datano 20 anni. Le giunte regionali che si sono succedute nel tempo hanno portato avanti gli interventi, ma sono state rallentate da regole farraginose. Non è un problema di mancanza di volontà politica.

Lei è stato il primo direttore generale dell’Arpac, oggi l’Agenzia lamenta mancanza di mezzi e di risorse.

Più che di questo sono preoccupato di un’altra voce che circola e cioè che si starebbe immaginando di creare un’unica agenzia nazionale che accorpi tutte le agenzie regionali. Già oggi esiste un’associazione nazionale che vede l’Ispra insieme a tutte le agenzie regionali. L’impostazione di una volta, a mio avviso corretta, era che le agenzie avessero un approccio imprenditoriale, nel senso di un’organizzazione intelligente con grandi professionalità in tutti i campi. Ridurle ad uffici regionali diretti da Roma sarebbe un grosso errore. La mancanza di risorse è un problema nell’immediato, ma la prospettiva futura potrebbe essere ancor più preoccupante.

Come valuta l’operato del ministro Costa?

Abbiamo la fortuna, finalmente, di avere un ministro che gira dappertutto per parlare di ambiente. Ricordo con grande stima Edo Ronchi che è stato un ministro di grandissima competenza. Ancora oggi si interessa di ambiente e viene consultato in molte situazioni, come a Taranto.

Recentemente, Fare Ambiente ha promosso un evento in tema di bonifiche.

Si, un incontro che ha avuto molto seguito ed ha visto la partecipazione del generale Vadalà, commissario per le bonifiche in Italia. Pur essendosi tenuto in Campania, abbiamo voluto dargli un taglio nazionale e non limitarci a parlare della Terra dei Fuochi, un problema che, per quanto grave dal punto di vista dell’inquinamento ambientale, è certamente circoscritto e forse neanche delle dimensioni riportate dai media. Ricordo che già ai miei tempi l’Arpac eseguì un’analisi del territorio per verificare la presenza di diossina e su 2.000 analisi soltanto 20 risultarono oltre i limiti di legge. Al convegno erano presenti la procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, con il procuratore aggiunto Milita, un componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti, la dottoressa Vito, direttore tecnico dell’Arpac, il presidente della provincia di Caserta. C’è stata la massima attenzione al racconto di quello che è stato ed è attualmente il problema dei rifiuti in provincia di Caserta, tenendo presente che è una questione che riguarda tutta l’Italia.