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Il nuovo anno scolastico tra ritorni al passato e speranza di futuro

by Piera De Prosperis
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Ad inizio nuovo anno scolastico tutti cercano di trovare la parola, lo slogan, la formula giusta che magicamente risolva i problemi di un avvio tra i più faticosi degli ultimi tempi. Non ultimi gli psicologi. La psicoterapeuta Maria Rita Parsi, ad esempio, annuncia: “Abbiamo messo a punto un decalogo con le indicazioni per il rientro. Fa leva su un concetto fondamentale: quello di comunità scolastica, in una scuola che è il centro di una rete territoriale dove l’atto di bullismo o di irrisione sarà penalizzato in modo feroce dalle istituzioni”.

Vediamo quali sono i punti salienti di questo decalogo e soprattutto se è condivisibile.

  • Fiducia nelle autorità autorevoli, come il ministro Bianchi.
  • Responsabilizzare i genitori attraverso i mezzi di comunicazione ed anche la rete sanitaria sul territorio. I genitori sono la prima agenzia educativa e dovrebbero dedicarsi almeno 45 minuti al giorno ai loro figli.
  • Centralità del mondo scolastico, deputato a formare i propri educatori e a sostenere i ragazzi, ascoltarli per formarli, ognuno nella sua specifica unicità.
  • Necessità della presenza di assistenti sociali, psicologi ed equipe medico – socio pedagogiche nelle scuole, il cui compito, sarà responsabilizzare i ragazzi attraverso autorità sanitarie e legali durante le ore di lezione, affinché i nostri ragazzi crescano da protagonisti. Va garantita l’opzione: lezioni con o senza mascherina per chi è vaccinato. Non piacerà al Ministero, ma potrebbe essere la soluzione.
  • Inserimento massiccio di tutte le realtà che sostengono l’azione post lockdown come insegnanti di sostegno, tutor, mediatori culturali…
  • Scuole al centro. Aperte da mattina a sera. Da trasformare in maison della cultura, con attività culturali, biblioteche…
  • Importanza dei “mediatori”, persone che fanno rete dal baricentro scuola con le realtà del territorio, come polizia postale, forze dell’ordine, associazioni sportive.
  • Infine, piantiamola di trasformare il sapere in un dovere. La famiglia è la prima agenzia educativa. La scuola deve diventare un centro di grande accoglienza.

Ne viene fuori una proposta di scuola ben diversa da quella che in realtà aspetta i nostri ragazzi. Dal 15 settembre gli insegnanti cercheranno di recuperare programmi, contenuti, conoscenze in una vana ed illusoria battaglia contro il tempo. In realtà la DaD ci ha insegnato che possiamo dare informazioni molto più ricche e complesse agli alunni attraverso gli strumenti informatici e che il ruolo dell’insegnante è ben diverso. La sua funzione è sempre più quella di guida tra i saperi ormai tutti in rete, un Virgilio fidato cui chiedere consigli non solo a livello informativo ma soprattutto formativo. La mancanza di contatto umano, di relazione docente/discente è stato forse il vero problema di questi anni di pandemia. Una responsabilità grande e che già tutti i professori conoscono ma che spesso si occulta dietro le scadenze a cui si è chiamati da programmi, verifiche, recuperi. La scuola che prospetta la Parsi è una bella scuola, una sorta di officina culturale cui poter accedere sempre e in cui trovarsi in rete con le altre agenzie formative del territorio, supportati da esperti, in cui addirittura l’uso della mascherina diventa una scelta di responsabilità dei ragazzi stessi. Applicare quel decalogo significherebbe fare un passo in avanti non solo per il personale scolastico, che si trova ora più che mai in difficoltà per l’applicazione di norme confuse e a volte contraddittorie, ma anche e soprattutto per alunni e genitori. Questi ultimi sono invitati a dedicarsi ai loro figli per almeno 45 minuti. Ovviamente qui il riferimento è all’ascolto delle esigenze dei ragazzi, spesso carente. La deresponsabilizzazione dei genitori porta a scaricare la colpa dell’insuccesso dei figli sulla scuola, attribuire agli altri le proprie mancanze è facile e denota, proprio in questo caso, mancanza di dialogo. Infine centralità degli alunni in quanto protagonisti della loro crescita, formula usata ed abusata nel didattichese, ma sempre importante e degna di riflessione.

Sarebbe una bella scuola… in realtà cosa ci aspetta? Ritorno al passato con l’ulteriore peso delle norme anti Covid, mancanza di aule ed insegnanti, affanno nell’organizzazione dell’orario, senso di frustrazione. Ritorno al futuro, allora, con la speranza di non fare la fine del protagonista del film che spera di andare avanti e si trova catapultato nel passato.