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L’acciaio italiano, via mare, per la ricostruzione in Medio Oriente

by Francesco Vorro
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250 miliardi di dollari per ricostruire la Siria, dove i soli interventi infrastrutturali varrebbero, secondo il Syrian Center for Policy Research, 65 miliardi. 8,1 miliardi di dollari per il Libano, a detta della Banca Mondiale. 3 milioni di tonnellate di acciaio (in prevalenza travi e tondino) sarebbero necessarie per la ricostruzione delle principali infrastrutture in Iraq, in base ad una valutazione di Metal Bullettin. E’ quanto risulta da un’analisi preliminare condotta dal centro studi BlueMonitorLab sui possibili nuovi mercati per l’acciaio pubblico. Condotta, evidentemente, con l’occhio rivolto all’ingresso dello Stato italiano nella gestione dell’acciaieria di Taranto.

“In questi dati, forse più per caso che per scelta strategica o conoscenza – afferma il Presidente di BML, Giulio Sapelli – si può cercare un possibile razionale per l’ingresso, si spera temporaneo, dello Stato nell’Ilva. Una motivazione che travalica i confini di un’operazione di bassa politica, ma trova una sponda geo-economica nei nuovi equilibri che si stanno generando … Tra gli altri produttori di acciaio, la Turchia, da un punto di vista logistico, sarebbe il fornitore meglio collocato ma, a causa delle politiche di Erdogan, rischia di rimanere anche lei ai margini del processo di ricostruzione del Medio Oriente. L’Italia e la sua industria siderurgica si troveranno a competere proprio con l’India per accaparrarsi una fetta importante delle forniture necessarie allo sviluppo dell’area. La fine del controllo di Arcelor Mittal sull’Ilva, paradossalmente, solleva dal rischio di vederci esclusi da questo nuovo mercato”.

Per Gian Enzo Duci, vicepresidente di Conftrasporto e ricercatore di BML, “l’industria italiana del trasporto via mare ha competenze specifiche nel servire il settore della siderurgia e dell’impiantistica e potrebbe essere un valore aggiunto importante se si volesse creare una strategia nazionale di sistema per l’acciaio”.