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AI: salto tecnologico epocale

Ma non tutto bello e magnifico

by Bruno Gravagnuolo
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L’AI rappresenta un salto tecnologico epocale destinato a trasformare l’economia globale in maniera capillare.

Non è vero, intanto, come recitava la vulgata sull’automazione, che tale salto debba fare terra bruciata dell’occupazione. Al contrario molti nuovi posti di lavoro si creano e molti dei vecchi lavori si riconvertiranno. Perché? Perché il trasferimento della AI ai processi produttivi di ogni tipo richiede sviluppatori e applicatori umani. Monitoraggio, applicazione, sviluppo nel dettaglio, e dunque inserimento continuo di dati, richiedono più forza lavoro. Anche per migliorare gli spilli. E poi c’è la logistica, i trasporti, il riciclo e il riuso dei materiali, i servizi alle persone, le diagnosi, la formazione, l’industria del tempo libero, il turismo di massa. Tutto questo richiede diffusione capillare di forza lavoro umana che inserisce nuovi dati. E li applica al controllo di qualità. L’AI sarà ubiqua, in agricoltura, artigianato, manutenzione, costruzioni. Guiderà il lavoro fisico che non scompare affatto. E resteranno ambiti dove la forza fisica resterà prevalente: industria estrattiva, tessile, pulizie, fitness, caregiver, logistica a domicilio, ristorazione.

Tutto bello e magnifico? No, niente affatto. Perché la trasfusione dati e la transizione digitale comporta debito e risorse. Riconversione e competizione e anche messa in mora del lavoro non pronto in un gigantesco esercito di riserva. Chi paga? E poi crescono i lavori mal pagati anche in ambito digitale, precari, intermittenti e poveri comunque. Il Capitale comprime i costi e li mette in carico allo Stato, rastrellando risorse immense sui mercati finanziari ed eludendo la fiscalità. Poi c’è la lotta sui mercati geo: nuove materie prime e anche fossili. Le quali ultime non scompaiono affatto poiché anzi sostengono l’elettrico della transizione digitale! E infine i dannati della terra del sud del mondo, asserviti in manifattura classica e industria mineraria.

Gli USA devono mostrare con Trump che il liberismo protezionista e mercantile produrrà un boom a cascata che oltrepassa il gigantesco debito e faranno leva sul dollaro come moneta chiave e sulla forza, anche armata, per presidiare le rotte strategiche del commercio e delle materie prime vecchie e nuove. In mezzo a tutto questo poi le bolle finanziarie, se il grande gioco non riesce e il saldo è negativo. Gli USA devono espandere il loro mercato interno ma anche esterno, e crearne di nuovo in Asia e nel Pacifico. La Cina è vicina. Quanto alla Ue, ormai non fa più paura. Tanto le sanzioni dovrebbero restare e le spese militari aumentare in proprio, a beneficio della industria militare USA. Insomma, il Capitalismo artificiale sarà ancor più reale, con le sue leggi al silicio, e l’imperialismo ancor di più la fase suprema del Capitalismo, artificiale.